martedì 8 ottobre 2013

La verità dei piatti tirati e della rifatta pace -STARE ASSIEME IN FAMIGLIA (MA NON SOLO)


Quelli che sono sposati da trenta o vent’anni certamente lo sanno, altrimenti non sarebbero arrivati dove sono. Ma quelli che sono sposati da poco, o che stanno per sposarsi, forse invece non lo sanno. È uno di quei piccoli profondi segreti che nel chiasso della modernità si dimenticano. O semplicemente non vengono tramandati, quasi fossero cose d’altri tempi. «Litigate quanto volete: se volano i piatti pazienza, ma mai finire la giornata senza fare la pace», ha detto – parole a braccio, sfuggite dal cuore – agli sposi il Papa a Assisi. Di primo acchito ci ha fatto sorridere, detto dal Papa, quel «litigate quanto volete», quel realismo di chi conosce la vita vera delle persone e le ama così, per quel che sono, con i loro limiti. Ma subito dopo ci siamo fermati davanti alla bellezza del monito: però, «mai una giornata senza fare la pace».
  È una di quelle brevi frasi di Francesco capaci, nella loro concisione, di 'bucare' il confuso brusio di parole che ogni giorno ci sommergono. È la saggezza del cuore che fino a non molti anni fa passava dai genitori ai figli. «Ma questo lo so da sempre», potrebbe reagire quindi un cattolico cinquantenne, sottintendendo: dov’è la novità? E però per chi ha meno di trent’anni questa raccomandazione non è affatto scontata. Scontato, anzi, è tutto il contrario: che ci si sposa 'sperando che funzioni', che si resta insieme 'finché c’è l’amore', che il senso della vita è 'realizzare sé stessi', e in questa ottica ristretta fatalmente si finisce con il trovare d’inciampo chi ti è accanto. I numeri delle separazioni e dei divorzi lo testimoniano.
  La dicono ancora le nonne alle nipoti, la regola aurea ricordata dal Papa? Forse, ma spesso le nipoti ne sorridono con affetto – come se anche queste parole fossero tra le vecchie care cose inutili che i nonni credono di dover testimoniare ai ragazzi. E invece quelle parole apparentemente elementari sono, in una casa, l’architrave che non si vede, ma regge le mura, e il tetto. Si litiga, in famiglia, e spesso per cose da niente – per sfumature, puntigli, testardaggini, quasi di più che per le cose drammatiche e gravi.
  Eppure quelle liti da poco si depositano come sabbia nel letto di un torrente; e lentamente il flusso delle giornate non scorre più come prima. Si forma, inavvertito, uno zoccolo di piccoli rancori, di amarezza, di silenzi. E se poi improvvisa si presenta l’onda di piena di un problema grave, non bastano più l’argini a contenere l’urto di quella spinta.
  È una dinamica semplice – benché non istintiva, benché occorra che qualcuno te la insegni. Si litiga nelle case, quasi in tutte, lo sappiamo; però che grazia se alla sera quei due sono capaci per un istante di guardarsi con la generosità con cui li guarda Cristo, e di perdonare, e buttarsi alle spalle il rancore. Facendo sì che al mattino la giornata sia nuova, e si ricominci da capo. E che pur faticando ci si ritrovi ogni sera attorno a quella tavola, insieme.
  Ai figli, certo, fa male vedere i genitori litigare.
  Bisognerebbe, certo, non farlo mai. Ma basta avere una finestra affacciata sul cortile di un caseggiato per sapere che differenza c’è tra le famiglie 'come dovrebbero essere', e come in realtà sono. Il Papa, che è stato prete e vescovo tra la gente, parla alle famiglie, come sono. Ai genitori che sbagliano, e ai figli che guardano. Che soffrono delle crepe di un bene, che vorrebbero intatto.
  Però quegli stessi figli, se ogni sera vedono che infine ci si perdona, che infine, comunque, anno dopo anno si è sempre insieme, imparano qualcosa di molto importante (buono in famiglia, sul lavoro, nelle piazze della nostra società). Che nessuna lite è così irrimediabile, da poter scalfire una più grande certezza. Che si è, e si vuole essere, insieme per sempre: in famiglie (e comunità) imperfette e persino irascibili, con il servizio di piatti magari a rischio, ma, anche, la capacità di dire, la sera: 'Scusami'. E, ferma, la memoria di ciò che ci tiene insieme.
 
MARINA CORRADI 

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