Giovedì 10 ottobre ricorre la 21a Giornata Mondiale della Salute Mentale. Anche quest’anno, l’Arcivescovo di Milano, cardinale Angelo Scola, ha voluto esprimere la sua vicinanza a coloro che vivono in prima persona questa malattia, ma anche a tutti coloro che direttamente o in indirettamente ne sono coinvolti.
La fortezza quale preziosa risorsa in un
tempo di crisi
Accompagnare
persone che soffrono chiede speranza da una parte e fortezza dall’altra, due
virtù più che mai necessarie in un tempo di travaglio come quello che stiamo
vivendo. Sia la speranza, virtù teologale, quindi frutto della grazia, sia la
fortezza, una delle virtù cardinali, quelle essenziali per una vita umana
pienamente matura, coinvolgono pienamente gli affetti. Oggi spesso ci si chiede
se valga la pena impegnarsi dal momento che, in un tempo caratterizzato più da
tendenze involutive e addirittura depressive che da segnali di ripresa e di
crescita, non sembrano esserci evidenti spiragli di luce. Questi anni di crisi
hanno fatto venire a galla un profondo senso di precarietà, di incertezza, di
paure a livello sia individuale che comunitario. Ci si spaventa alle prime
difficoltà, lasciando quanto si è intrapreso poco prima. Sembrano essere
lontani i tempi in cui si era motivati a perseverare nelle difficoltà, nel
lavoro, nella vita coniugale e relazionale. Come dare il meglio di sé, in una
ricerca del bene, di un bene che non è solo personale, ma anche comunitario?
Nella
lettera pastorale “Il campo è il mondo” ho voluto invitare i cristiani della
Diocesi di Milano a non restringere mai l’ambito di esercizio della loro
testimonianza, a non escludere dalla loro sensibilità nessuna periferia esistenziale, e quindi neppure
quella rappresentata da chi è segnato da una malattia mentale. La virtù cardinale
della fortezza determina la decisione di affrontare e superare le paure, gli
ostacoli, di resistere alle avversità senza scoraggiarsi. Questa virtù, questo
coraggio, che ha distinto il mio predecessore San Carlo Borromeo quando durante
la peste a Milano svolgeva il suo ministero pastorale fra gli abitanti della
città, è richiesta anche a noi oggi in modo particolarmente urgente. Viviamo in
un contesto che tende a valorizzare l’effimero, che cerca di sfuggire
sofferenze, paure e dispiaceri, come se fossero eccezioni e non circostanze della
vita umana. In particolare si cerca di evitare tutto quello che ci ricorda o ci
anticipa la morte come la malattia, la vecchiaia, le esperienze di separazione
o di perdita. Invece, solo accettando il nostro essere uomini limitati potremo
trovare il giusto coraggio, quell’audacia necessaria per guardare le nostre
impotenze così da poter accettare come occasioni di crescita le varie
esperienze di solitudine, frustrazione, le tante tristezze che rischiano di
spegnere il desiderio
di vita. E questa vulnerabilità tocca anche la nostra psiche come accade con le
umiliazioni subite da chi ha perso il lavoro, da chi è stigmatizzato come
malato mentale, da chi ha fallito nel tentativo di ricostruirsi una vita
dignitosa. Accettare il proprio limite richiede di essere molto amato. Come ci
ricorda San Paolo nella
Seconda Lettera ai Corinti «Noi abbiamo
questo tesoro in vasi di creta, perché appaia che questa potenza straordinaria
viene da Dio» (2Cor 4,7): la
nostra debolezza può diventare espressione della forza di Dio, di un Dio al
quale possiamo affidare le nostre tribolazioni e nel quale possiamo riposare
con fiducia così da affrontare le varie situazioni, anche le più gravi, senza
panico confidando nel Suo aiuto e nella Sua forza. È infatti in questi momenti
della nostra vita, davanti a insuccessi e sofferenze, che la virtù della fortezza
ci sorregge.
Fortezza e salute mentale: come
affrontare la malattia mentale con coraggio
Nella vita quotidiana ci sono eventi che
mettono a prova la nostra salute mentale come, ad esempio, la morte di una
persona cara, la perdita del lavoro, problemi finanziari o seri problemi di malattia.
Il nostro equilibrio, quello della nostra famiglia, la stima di noi stessi
sembrano sgretolarsi. La capacità di dare un senso a quanto viviamo sembra
venire meno, le emozioni rischiano di avere il sopravvento: si può cadere in
uno stato depressivo. E questo è quello che accade quando nella vita, nostra o
di un nostro caro, si manifesta una patologia psichiatrica: accanto a queste
emozioni, ci si chiede di chi sia la colpa, si cercano le cause. Sarebbe invece
più che mai necessario attingere a quella fortezza che permette di affrontare tali
prove senza esserne schiacciati ma, al contrario, riscoprendo il significato
della propria esistenza. E questo non “nonostante” ma “attraverso” questa
sofferenza. Le persone creative, flessibili, che sanno imparare dall’esperienza,
dovrebbero essere quelle più inclini a trasformare una crisi in occasione di
cambiamento. La capacità di continuare a vedere il buono e il bello che la vita
ancora riserva, li salvaguarda dal rischio di indurirsi, di diventare
aggressivi o di isolarsi dalla realtà. Al contrario li rende più ricchi di
umanità.
Nel periodo della prova, all’esordio
della malattia o quando si acquista la consapevolezza che tale malattia
potrebbe non avere fine, è difficile guardare avanti con fiducia, convinti che
si saprà superare positivamente tale sfida. Non è questione di semplice
resistenza, ma di saper affrontare e uscire dalla difficoltà riconoscendo che
la vita ha un senso, cioè un significato e una direzione. È qui che la virtù
teologale della speranza rivela tutta la sua importanza. La fede in Gesù genera
in noi la speranza che Egli porterà a termine il suo disegno di bene e di amore
sulla nostra vita, e lo porterà a termine in modo definitivo. La vita eterna,
infatti, cui la speranza ci fa anelare, ci rende consapevoli che l’esistenza è
un cammino e che le prove e le difficoltà sono dei passi che la nostra libertà
è chiamata a compiere. In questo cammino ci accompagnano quelle relazioni, di
solito familiari, nelle quali siamo veramente incoraggiati e rassicurati.
Una comunità capace di sostenere chi ha
una malattia mentale e la sua famiglia
La
capacità di fronteggiare le difficoltà non è una qualità acquisita una volta
per tutte, ma varia a seconda delle circostanze e del contesto. E a questa
capacità si può essere educati: fortezza e speranza maturano nella vita degli
uomini all’interno di un preciso ambito comunitario ed ecclesiale. Così
sostenuti sarà possibile rafforzare atteggiamenti positivi verso gli eventi
della vita, comunicare senza negarle le difficoltà che si vivono, rinvigorire la
nostra percezione del vero, del buono e del bello per dare un senso a quanto
successo, chiedere e accettare aiuto da amici e dalla comunità in cui si è
inseriti. In tale percorso educativo questa rete amicale e sociale può aiutare
la famiglia incoraggiandola ad orientare meglio la sua attenzione non tanto sui
presunti deficit o carenze, ma sulle risorse e le potenzialità in campo. La
libertà del singolo è chiamata, per come può e in qualsiasi condizione si
trovi, a vivere in continuo dialogo con la comunità che l’accoglie e
l’accompagna.
La
comunità dovrebbe offrire un contesto di speranza, di legami sociali così che
la persona non resti vittima degli eventi, ma si attivi per viverli da
protagonista.
Da
qui emerge con chiarezza come le nostre comunità, civili
ed ecclesiali, abbiano una loro responsabilità nel favorire questo processo
nelle famiglie delle persone con malattia mentale: sono comunità capaci di
incoraggiare e rassicurare, offrire ascolto a chi è in difficoltà così da
aiutare a recuperare e mantenere la speranza da una parte e la fortezza
dall’altra? Se non si può cambiare un evento, si può infatti aiutare a viverlo
in modo diverso. Ci sono storie di persone con malattia mentale che sono
riuscite ad accettare la loro nuova situazione. La malattia le ha obbligate a
fermarsi, a riflettere. Hanno saputo reagire sorrette dalla speranza e dalla fortezza,
avviando così un processo di guarigione, la costruzione di un percorso di vita
positivo che, in un circolo virtuoso, ha favorito poi una maggiore forza
personale, più stima in sé, una più sviluppata spiritualità, un maggiore
apprezzamento della vita. Queste persone, e le loro famiglie, hanno avuto
fiducia nel Padre celeste che ci rende capaci di affrontare i problemi con la
convinzione di non essere in balia degli eventi. Hanno accettato, pur con
fatica, i cambiamenti cercando di viverli più come occasione di crescita che
come difficoltà da evitare. Hanno imparato a vedere gli aspetti positivi della
vita.
Ecco il mio augurio: sappiano i genitori
dedicare tempo ai propri figli per dare loro una base sicura da cui ripartire
per reagire di fronte alle avversità, una speranza di vita a cui riferirsi nei
momenti di crisi per coglierli come opportunità di crescita. Anche alla
presenza di una malattia mentale possano la speranza e la fortezza alimentare
coraggio ed entusiasmo per perseverare con costanza in ciò che si è cominciato
con fiducia. Come ci ricorda il libro dell’Esodo, il Signore combatterà per noi
e noi non saremo soli (cfr. Es
14,14).
+ Angelo Card. Scola
Arcivescovo di Milano
Nessun commento:
Posta un commento