mercoledì 2 aprile 2014
Via Crucis in Duomo «La vita buona della società ha bisogno di misericordia» Scola: incontro a chi ci offende
«Padre, perdona loro» il tema della meditazione offerta ieri sera da Scola (Fotogramma)
« Padre, perdona loro... Una delle ultime, preziose parole di Gesù sulla croce è spesa per ribadire, ancora una volta, la misericordia», che è «l’identità» stessa di Dio. «A questa esperienza così indispensabile per la vita dell’uomo, della famiglia, della Chiesa, oltre che per la vita buona della società e del mondo, deve corrispondere l’assenso pieno e grato della nostra libertà». È la strada additata dal cardinale Angelo Scola alle migliaia di fedeli raccolti in Duomo per la terza Via Crucis di Quaresima e a quanti l’hanno vissuta in diretta tv, radio e web. Una parola – quella offerta per la XI e ultima stazione toccata ieri, Gesù è inchiodato alla croce –
che si fa invito a diventare «capaci di abbracciare chi ci ha offeso », ma anche «chi non consente vita buona nella Chiesa, o di edificare una società giusta».
Padre, perdona loro era il titolo della Via Crucis di ieri sera, con le «quattro stazioni» che corrispondono alle «ultime tappe della via dolorosa di Gesù, fino alle terribili ore della sua agonia sulla Croce». «Da quel drammatico pomeriggio sul Calvario di duemila anni fa – scandisce l’arcivescovo – nessun uomo che muore è solo. Non è un’illusione, non è una favola! Gesù è con tutti gli uomini che muoiono. Condivide ogni spasimo della loro agonia e si dona loro. Di più: li perdona. Per-dono: nel dono – sottolinea Scola – è stato inserito un moltiplicatore infinito. Padre, perdona loro...». Commentando la VIII stazione, Gesù incontra le donne di Gerusalemme, Scola ricorda come «Gesù si svela a noi e svela noi a noi stessi attraverso l’incontro». Quindi, citando Benedetto XVI, rilancia l’invito a non «banalizzare il mistero del male». Gesù «ci mostra la serietà del peccato e la serietà del giudizio». Riflette l’arcivescovo: «La vita è una cosa seria ma noi, per la nostra costitutiva fragilità e forse per il contesto in cui siamo immersi, siamo portati a banalizzarla, a mettere il silenziatore sulla responsabilità delle nostre azioni o a scaricarla su persone e circostanze fuori di noi».
Nona stazione: Gesù cade la terza volta . La «incredibile, inaudita iniziativa di Gesù» verso il dolore «non è masochismo, ma l’andare fino in fondo nel dono di sé per amore», come «un bambino che, saldamente ancorato alla mano del padre, va incontro a tutto». Stavolta Scola attinge a Giovanni XXIII, prossimo santo: impariamo da Gesù «a voler bene, anche a quelli che ci fanno del male, e che forse dinnanzi a Dio sono più buoni di noi». Perciò – aggiunge l’arcivescovo – abbiamo bisogno di maestri e di «scuole d’amore» come sono «i genitori, gli insegnanti, gli educatori, la comunità cristiana, gli oratori». Decima stazione:Gesù è spogliato delle vesti.
«In Adamo ed Eva la nudità del corpo, da trasparente segno della natura comunionale della persona, diventa dopo il peccato oggetto di vergogna. La com-passione totale di Cristo che si lascia spogliare di ogni suo diritto divino, restituisce al nostro corpo la sua dignità originaria e lo destina alla resurrezione. Quante decisive conseguenze della spogliazione del Redentore! San Paolo le riassume: il corpo è per il Signore e il Signore è per il corpo».
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