mercoledì 2 aprile 2014

«Da cristiani nelle scuole insegnando religione»



Un richiamo a riscoprire, nel difficile ruolo del­l’insegnare religione, «l’importanza e la serietà del vostro lavoro» alla luce di un aspetto mai banale: quello di essere «espressione dei cristiani al­l’interno delle scuole». È il monito ma anche l’augurio che ieri mattina nel corso della Messa in Duomo, il cardinale arcivescovo Angelo Scola ha voluto indirizzare alle centinaia di rap­presentanti del convegno nazionale promosso dalla ufficio della Cei per l’insegnamento della religione cat­tolica (Irc), in corso fino a domani a Seveso; tra i pre­senti vi erano anche molti docenti ambrosiani di reli­gione oltre ai dirigenti diocesani dell’Irc provenienti da tutta Italia. «Per noi si tratta di un’occasione – ha spie­gato il responsabile nazionale per l’insegnamento del­la religione cattolica della Cei (Irc), il sacerdote bre­sciano don Daniele Saottini – per tracciare un bilancio e un confronto sull’insegnare religione nelle scuole di oggi ma anche l’opportunità per rinnovarsi e capire meglio il ruolo rivestito dai docenti».
  Ed è proprio al tema della «dimensione educativa», fa­cendo riferimento al Vangelo di Matteo che il cardina­le è ritornato per eviden­ziare l’importanza dell’in­segnare religione nelle scuole: «Senza la fede – ha scandito il porporato – è u­na pura astrazione pensa­re di sostenere un inse­gnamento come il vostro». Scola ha voluto ribadire la sua vicinanza agli inse­gnanti e ha sottolineato la difficoltà nel rivestire que­sto arduo compito, quello di insegnare ma anche tra­smettere questa disciplina dentro la “complessità dei saperi” di oggi ai «più giovani».
  Alla luce di tutto questo Scola ha esortato tutti a se­guire «il metodo educativo di Gesù» cadenzato e co­struito sugli «affetti, il lavoro, il riposo» ma anche sul­la «prova del dolore» per «l’edificazione di una società giusta». Una testimonianza, quella dei docenti di reli­gione, – a giudizio di Scola, fatta alla sequela dell’An­nuncio della fede dove «si può parlare il linguaggio giu­sto a chi non crede o a chi non vuol sentire parlare di Cristo». Lo sguardo del cardinale è andato all’impor­tanza di imprimere da parte dei docenti una traccia forte sugli adolescenti «fin dalla prima media» e di quanto essi «hanno bisogno dell’abbraccio del Padre» «immersi» come sono «nella confusione dominante» delle «dimensioni costitutive dell’esistenza». L’arcive­scovo ha invitato a vivere l’insegnamento della reli­gione in una logica di «carità, esperienza di amore cre­dibile che è convincente per i nostri ragazzi».
  Nel tempo di Quaresima – ha ricordato – è bene prati­care una «assidua, preghiera, il digiuno come opera di carità». La strada indicata dal cardinale è quella so­prattutto di «trovare la strada del cuore dell’educando e di stabilire con lui una relazione duratura e solida». «Se proproniamo il cristianesimo – è la riflessione di Scola – e perché sono convinto che Cristo è una risor­sa
 per l’uomo post-moderno». 
FILIPPO RIZZI 

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