domenica 6 aprile 2014

Omelia di don Carlo Venturin 5^ di Quaresima – 6/4/2014


Es 14, 15-31        il passaggio da schiavitù a libertà, da “morti” a “vivi”
Salmo 106           “Mia forza e mio canto è il Signore”
Ef 2, 4-10             rivitalizzati per Grazia, dono di Dio
Gv 11, 1-53         “Affinché crediate” togliete la pietra, i macigni, i ceppi ai piedi

Osea 2, 16: “Ti condurrò nel deserto e parlerò ( URLERO’) al tuo cuore”
( Anche nel pozzo-disastri-più estremo, togliere la pietra, gli ostacoli ( incredulità )


L’affresco maestoso di Giovanni oggi presenta l’ultimo riquadro: una via, una casa, un cimitero. La quaresima con questa settimana raggiunge la sua completezza: dal deserto a un pozzo, dal Tempio a una strada di accattoni, all’epilogo-morte, ma anche il sepolcro vuoto, momentaneo per ora, per sempre con la Risurrezione.

Dato il quadro ultimato, è possibile seguire le linee descrittive:
a)   Il cammino dei discepoli. Non sono presenti quando Gesù, a tu per tu con il tentatore, ha bisogno di solidarietà, di sostegno, di amicizia (sarà così anche nel Getsemani: dormivano!). Arrivano al pozzo, portando cibo materiale, meravigliandosi che il Maestro stesse a parlare da solo con una donna samaritana e che donna! Non comprendono: “Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete”; il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato”. Sono presenti al Tempio: “Alcuni Giudei che avevano creduto in Lui”, non lo riconoscono, lo insultano con l’epiteto “indemoniato”, raccolgono pietre per ucciderlo. Lungo la via discutono sull’origine del male: “Ha peccato lui o i suoi genitori”, non aiutano quei mendicanti, dissertano in astratto: Gesù indica il coinvolgimento personale, ma sarà lasciato solo. Oggi hanno paura di essere coinvolti nel processo ormai imminente. Quasi rassegnati accolgono l’invito di Tommaso: “Andiamo e moriamo con Lui”. Nessun loro commento riguardo a Lazzaro.
b)   Il cammino contradditorio di altri comprimari. Il Tentatore fermo nelle sue certezze, arrogante, sedicente conoscitore della Parola di Dio. E’ “scornato” dall’imperioso “vattene satana”. La Samaritana, che nel difficile dialogo, perde le sue certezze, lascia pozzo e anfora (il passato ripetitivo e faticoso, la fama di dissoluta), corre dai suoi concittadini, che scoprono “Il salvatore del mondo”.  Il cieco, contro ogni arrogante argomento dei suoi interlocutori, “VEDE” l’uomo Gesù, il Profeta, il figlio di Dio, è l’icona del vero credente. Il sì di Marta e Maria, che ancora hanno una fede di tradizione: “So che risusciterà nell’ultimo giorno”, ora credono nella persona di Gesù: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivo, colui che viene nel mondo”.
c)    Il cammino dei credenti oggi.  Occorre scegliere l’itinerario dei vari protagonisti, ma anche colui che è il vero credente, nelle varie circostanze dell’affresco di Giovanni: uscire dalla palude del Mar Rosso, da false credenze nei faraoni di turno, essere il popolo che si lascia guidare, pur avendo come futuro l’ignoto: c’è speranza dove non si vede il futuro. Percorrono per quarant’anni il deserto della vita; chi rimane fedele, giunge al porto sospirato ( 1^ lettura ). San Paolo afferma, senza ombra di dubbio: “per grazia siete salvati” e ripete: “Siete salvati mediante la fede”; “ci ha fatto sedere nei cieli”. Molti hanno udito il duplice urlo di Gesù: “Togliete la pietra”, “Lazzaro vieni fuori”.
Egli ordina a noi di togliere la pietra: la durezza del cuore, la chiusura a ogni suo richiamo, rimandare al dopo, in tempi migliori, star fermi nelle proprie abitudini, anche se sorpassate, prive di contenuto, essere “banderuole” che vanno dove tira il vento, in balia di tante sirene, costruire ogni paravento che oscura la propria testimonianza. L’urlo di Gesù rimbomba per scuotere l’immobilismo, per profumare se stessi ed emanare buon odore in chi è vicino, in chi incontriamo, per dare slancio vitale a chi si sente solo ed emarginato, a chi non ha più speranza. Tutto ciò è FEDE.

Per ben nove volte Giovanni dà “pennellate” di fede, in mezzo alla disperazione dei           presenti, al pianto senza conforto di Marta e Maria, di alcuni presenti. Gesù è coinvolto nel dolore: “Si commosse profondamente…   molto  turbato… scoppiò in pianto”; va oltre, non serve compiangere se non seguono atti che tolgono la causa dei mali dell’umanità. Lazzaro  rappresenta l’umanità di ogni epoca e i credenti in Lui, la sua Chiesa, agiscono di conseguenza: svegliatevi dal torpore, dalla rassegnazione, dall’indifferenza, dall’essere sempre contro qualcuno o qualcosa. Come conseguenza il mondo trama, i poteri forti sopprimono i facitori di bene: “Da quel giorno decisero di ucciderlo”. La sua morte è “IL SEGNO” (Giovanni chiama questo miracolo il settimo e ultimo SEGNO) del nuovo che rinasce. Il sepolcro di Lazzaro resta vuoto solo per un po’. Il sepolcro di Gesù è vuoto per sempre.
E’ l’urlo del credente: Gesù è Il RISORTO per sempre e noi “con resuscitati”, non c’è morte che tenga. Con questa settimana la Quaresima termina, si entra nella dinamica della Passione-Morte-Resurrezione: la speranza costruisce il futuro.



Don Carlo

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