venerdì 3 gennaio 2014

Il Papa: “Il Vangelo si annuncia con dolcezza, non con bastonate”


Non avere altro nome nella vita, e non compiere altra azione, che non sia strettamente collegata a Cristo. È con questo auspicio che Papa Francesco ha concluso questa mattina l’omelia della Messa presieduta nella Chiesa del Gesù, nel giorno in cui la Chiesa festeggia la ricorrenza liturgica del Santissimo Nome di Gesù, “titolo” dell’Ordine fondato da Sant’Ignazio di Loyola. 

"Siamo uomini peccatori ma camminiamo sotto lo sguardo di Dio. Il Vangelo non si annuncia con bastonate inquisitorie. Dobbiamo conformarci al Dio delle sorprese". Alla Chiesa del Gesù, gremita di fedeli, Francesco trasforma l'omelia in un "vademecum" per i suoi confratelli gesuiti. Il Pontefice celebra la messa con 350 gesuiti, nella festa del Santissimo nome di Gesù e per solennizzare la canonizzazione di Pietro Favre, uno dei primi compagni di Ignazio di Loyola, fondatore dell'ordine religioso da cui proviene Bergoglio.''La forza della Chiesa non abita in se stessa e nella  sua capacità organizzativa ma si nasconde nelle acque profonde di Dio. E queste acque agitano i nostri desideri che allargano il cuore", avverte Francesco. Il gesuita deve essere capace come Cristo di «svuotare se stesso» assumendo gli stessi «desideri» di Dio e il Papa chiede ai suoi confratelli di essere degli «svuotati, essere uomini che non devono vivere centrati su se stessi», ma sospesi su una  «santa e bella inquietudine», chiedendosi se il proprio «cuore è sempre in ricerca» o se «invece si è atrofizzato».


Il Papa chiede ai gesuiti di «essere sempre in ricerca», di vivere la stessa «inquietudine» di san Pietro Favre e di non perdere il «desiderio di cambiare il mondo». Infatti, "una fede autentica implica sempre un profondo desiderio di cambiare il mondo". Da qui gli  interrogativi:"Abbiamo anche noi grandi visioni e siamo audaci? Il nostro desiderio vola alto? Lo zelo ci muove o siamo mediocri e ci accontentiamo delle nostre programmazioni apostoliche?». Inoltre "solo se si è centrati in Dio è possibile andare nelle periferie del mondo".


Il modello è appunto Pietro Favre ,«divorato dall'intenso desiderio di comunicare il Signore». Perciò «chiediamo che il fascino del Signore torni a noi», «uomini in tensione, contraddittori e incoerenti, peccatori, ma uomini che vogliono camminare sotto lo sguardo di Gesù, egoisti che tuttavia vogliamo vivere una vita agitata da grandi desideri». Occorre respingere la ricorrente «tentazione» per la quale «il Vangelo si annuncia con le bastonate». No, «il Vangelo si annuncia con la dolcezza e l'amore». Di Favre, ricorda Bergoglio rilevandone lo straordinario zelo apostolico, «si diceva che non fosse mai fermo in nessun posto».Nei desideri Favre "sapeva discernere quelli di Dio". Voleva "essere dilatato in Dio ed era completamente centrato in Dio, perciò andava ovunque ad annunciare il Vangelo". Favre, cioè, «provava il desiderio di lasciare il centro del suo cuore a Gesù, era divorato dall'intenso desiderio di comunicare il Signore». Anche noi, aggiunge il Papa parlando ai suoi confratelli gesuiti, «dobbiamo lasciare operare in noi il fascino di Gesù».


Nell'omelia il Pontefice richiama San Paolo. "Abbiate gli stessi sentimenti di Cristo Gesù: egli pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l'essere come Dio ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo». Quindi «noi gesuiti vogliamo essere insigniti del nome di Gesù, militare sotto il vessillo della sua Croce, e questo significa: avere gli stessi sentimenti di Cristo". Ciò significa "pensare come Cristo, voler bene come Lui, vedere come Lui, camminare come Lui. Significa fare ciò che ha fatto Lui e con i suoi stessi sentimenti, con i sentimenti del suo Cuore». E il Vangelo "insegna la fraternità e l'amore e non le bastonate inquisitorie". Dunque "noi siamo uomini in tensione, siamo anche uomini contraddittori e incoerenti, peccatori, tutti". Ma "uomini che vogliono camminare sotto lo sguardo di Gesù''.  Infatti ''noi siamo piccoli, siamo peccatori, ma vogliamo militare sotto il vessillo della Croce nella Compagnia insignita del nome di Gesù. Noi che siamo egoisti, vogliamo tuttavia vivere una vita agitata da grandi desideri. Non cerchiamo mai in questa vita un nome che non si riallacci a quello di Gesù".


In un clima di profonda spiritualità la Compagnia si è stretta attorno al suo figlio più illustre. «Essere gesuita significa essere una persona dal pensiero incompleto, dal pensiero aperto: perché pensa sempre guardando l'orizzonte che è la gloria di Dio sempre maggiore, che ci sorprende senza sosta. E questa è l'inquietudine della nostra voragine. Quella santa e bella inquietudine!».


Entrato nella Compagnia di Gesù 55 anni fa, Jorge Mario Bergoglio descrive così se stesso e i suoi confratelli."Non resta che ringraziare nostro fratello Francesco, Papa Francesco, per questa canonizzazione», afferma il preposto generale della Compagnia di Gesù, padre Adolfo Nicolas, rivolgendosi al Pontefice al termine del rito da lui presieduto nel ricordo di San Pietro Favre, elevato lo scorso 17 dicembre dallo stesso Bergoglio agli onori degli altari e del quale i gesuiti hanno donato oggi al Papa una lettera-reliquia in quanto scritta di suo pugno dal santo. «Un gesuita che diventa santo - precisa il "papa nero" padre Nicolas- è un'opportunità di approfondire la nostra vocazione, questo svuotamento del quale ci ha parlato nell'omelia, e rinnovare una volta di più quello che dicevano i nostri padri la Compagnia è una via verso Dio. Vogliamo ringraziarla per questa eucaristia e per averla celebrata con noi. E per la gioia con la quale questa canonizzazione ha avuto luogo. Quando ha firmato il decreto lei mi ha chiamato per telefono subito, per dirmi "ho segnato il decreto". Questa gioia è parte della nostra gioia di oggi
Dopo la concelebrazione eucaristica e in occasione dell'inizio dell'anno commemorativo dei 200 anni della ricostituzione della Compagnia di Gesù, Francesco ha compiuto, per primo, un atto di venerazione del nuovo santo Pietro Favre incensando una statua del gesuita, compagno di sant'Ignazio di Loyola. "Non siamo uomini in tensione, contradditori, egoisti, ma vogliamo camminare con Gesù", è la lezione del primo Papa gesuita della storia.

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