sabato 25 gennaio 2014

Omelia di don Carlo Venturin : Santa Famiglia di Gesù, Maria, Giuseppe – 26/01/2014

Santa Famiglia di Gesù, Maria, Giuseppe – 26/01/2014

Sir 7,27-30.32-36    Famiglia attenta al suo Dio, ad anziani, a poveri, a malati, ad afflitti, a  morti
Salmo 128                 “Vita e benedizione sulla casa che teme il Signore
Col  3, 12-21             Rivestirsi di abiti nuovi,  i mezzi, l’amore-agape
Lc 2, 41-52                 Uno squarcio di famiglia dentro le consuetudini popolari

Uno spaccato di famiglia e il suo “abbigliamento”

Domenica scorsa, il messaggio di Dio riguardava la festa di nozze, nascita di famiglia; vi partecipa Maria, con Gesù e i discepoli, un avvenimento che celebra l’amore umano, nella sua naturalezza, nella sua corporeità e spiritualità, nella bellezza inscritta dal Creatore nel corpo e nel cuore delle persone. La festa di una unione che irraggia l’amore di Dio. Oggi la Famiglia di Nazareth è il messaggio, una festa di una IDEA di famiglia, non di un modello: è una famiglia in cui il padre non è padre biologico, la madre concepisce senza concorso di uomo, il figlio è Figlio di Dio.

La “manifestazione-epifania” avviene con una “marachella” del Figlio, con gravi disagi, rimbrotti, stupore, risposta misteriosa, i perché di un adolescente rivolti ai saggi dell’epoca, il ritorno alla normalità: è quasi la trama di un film “giallo”.

La soluzione è data dalla complessità e complementarietà delle Letture, che possono aiutare per avere IDEA di famiglia. Il Siracide traccia, in modo quasi schematico, le linee per i suoi connazionali, che vivono sparsi nel mondo, tentati di abbandonare le tradizioni patrie: onorare il padre e la madre, riverire gli anziani, i ministri del culto, tendere la mano al povero, la generosità verso ogni vivente (il creato nella sua totalità), gli afflitti in condizione pietose, visitare gli ammalati, non negare la pietà verso i trapassati, perché tutti saranno tali. Il Salmo interiorizza tutto questo, presentando il quadretto grazioso di una famiglia virtuosa; prima il padre (“la fatica delle sue mani”), poi la sposa “come vite feconda” (il vino di Cana), infine i figli, “stretti attorno alla mensa, come virgulti di ulivo”, che ricrescono dalle radici. La pace di questa famiglia si estenda per sempre. Soprattutto San Paolo descrive                          “l’abbigliamento” della famiglia ai cristiani di Colossi.
Rivestirsi” è il verbo usato, quindi parla di abito “alla moda”; è composto da sette stoffe, molto preziose: tenerezza, mansuetudine, magnanimità, sopportazione reciproca, perdono, bontà, umiltà.
Sette è il numero della perfezione, ma vi aggiunge “la cintura”, segno allora del prestigio sociale: il cingolo della carità, che conferisce l’ultimo tocco di finezza ed eleganza a una veste già sopraffina, carità come servizio alle persone, descritte nella prima lettura. E’ l’abito che ogni battezzato deve indossare, è uguale per tutti, uomini e donne, Vescovi, preti, religiosi/e, laici e di esso non ci si può spogliare. Dopo l’abito, i mezzi per alimentare l’armonia famigliare:
ü  la Parola di Dio abiti tra voi nella sua ricchezza”,
ü  la preghiera.
Tutte le famiglie desiderano che al loro interno regnino l’affiatamento e la concordia, da qui le vacanze, i regali, ricorrenze. Paolo suggerisce il suo espediente: cantate a Dio nei vostri cuori, con gratitudine, salmi, inni, cantici spirituali. La conclusione è più dettagliata: voi mogli, voi mariti, voi figli: ritenersi servitori vicendevoli, “Il Figlio dell’Uomo non è venuto per farsi servire, ma per servire” (Mt 20, 27-28), ecco il monito finale per i papà e le mamme: “Non esasperate i vostri figli, perché non si scoraggino”.

Luca mostra uno spaccato della Famiglia di Nazareth; è osservante della legge, si reca in pellegrinaggio alla Capitale (120 km, tre giorni e più di viaggio). Dall’inizio alla fine i componenti sono in continuo pellegrinare: per il censimento a Betlemme, l’esodo in Egitto e ritorno, la presentazione al Tempio, Maria da Elisabetta… il viaggiare di Gesù da un villaggio all’altro da adulto… Luca si sofferma su alcuni particolari nell’episodio odierno: Gesù ha dodici anni, per la legge ebraica è maggiorenne, può muoversi autonomamente, va al Tempio, incontra e dialoga con i maestri, senza timore reverenziale (è seduto tra di loro), rivolge i “perché adolescenziali”. A fronte delle preoccupazioni di Maria e Giuseppe “angosciati”, che accampano diritti naturali, egli mostra i vincoli che lo rendono solidale con la volontà del Padre, si proclama obbediente a Lui. La parola “PADRE” è la prima della sua vita, come racconta Luca, sarà anche l’ultima sulla croce: “nelle tue mani il mio Spirito raccomando, PADRE” (Lc 23, 46). L’Evangelista riferisce l’incomprensione, “un affronto” di Gesù verso i Suoi, che non ne comprendono il perché . Gesù esprime la sua obbedienza al Padre; la fede di Maria e Giuseppe incontra difficoltà, devono riflettere (“Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore”, come nell’incontro con l’Angelo).
Come tutti i credenti, essi hanno sperimentato le difficoltà della fede, con le luci e le ombre; l’atto del credere Gesù, con la sua risposta, rivela la sua origine divina: è Figlio di Dio.

La parte finale del Vangelo mostra che Gesù è anche uomo, perciò si sottomette al padre e alla madre: “Venne a Nazareth ed era loro sottomesso”, “onora il Padre e la Madre”, partecipa alla vita religiosa, cresce come un giovane ragazzo, progredisce nella sua dimensione fisica, umana, spirituale nella famiglia.

Si può “smarrire” Gesù nella nostra vita. Maria e Giuseppe insegnano a  ritrovarlo, dopo tre giorni, tre anni, molti di più, al termine dell’esistenza. Essenziale è ricercarlo continuamente, senza dare nulla per scontato. Lo si incontra e si festeggia, come senz’altro la famiglia di Nazareth ha festeggiato.


Don Carlo


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