Giornata
della Memoria – 27 gennaio 2014
“Se questo è un uomo” (Primo Levi)
Voi che vivete sicuri
nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
che lavora nel fango
che non conosce pace
che lotta per mezzo pane
che muore per un si o per un no.
Considerate se questa è una donna,
senza capelli e senza nome
senza più forza di ricordare
vuoti gli occhi e freddo il grembo
come una rana d'inverno.
Meditate che questo è stato:
vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
stando in casa andando per via,
coricandovi, alzandovi.
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
la malattia vi impedisca,
i vostri nati torcano il viso da voi.
Elena
Loewenthal, Ebrea, giornalista e scrittrice, oggi edita il libro “Memoria”,
sottotitolo: “una riflessione sul rito del ricordo, la retorica della commemorazione,
la condivisione del passato”.
“Solo se si potesse dimenticare, la storia della Shoah… sarebbe
producente. Una forma di difesa dall’angoscia è l’oblio, che è una pulsione di
vita”.
Per questo motivo io insisto su MEMORIALE, il vissuto quotidiano di vite spezzate e ricordate per
un solo giorno, con l’oblio di cause, di compartecipazione, di indifferenza E’
l’eterno Presente la linfa vitale dello scorrere del tempo, con lo sguardo
rivolto all’oggi di ogni luogo, evitando di essere correi di eliminazioni
proditorie e di stermini, genocidi, non solo fisici, tremanti di collera
davanti all’arbitrio e all’offesa più meschina.
Mi soffermo brevemente sulla MEMORIA MORALE, perdere la quale significa lo sfaldarsi di tutti i
vincoli dell’amore, del matrimonio, dell’amicizia, della fedeltà, della
convivenza solidale planetaria. Senza di essa, niente resta, niente si radica.
Tutto è a breve termine, tutto ha breve respiro. Beni come la giustizia, la
verità, la bellezza e in generale tutte le grandi prestazioni, richiedono
tempo, stabilità, MEMORIALE,
altrimenti degenerano. Chi non è disposto a portare la responsabilità di un
passato e a dare forma a un futuro, costui è uno SMEMORATO: non so come si possa colpire, affrontare, far riflettere
una persona simile. Poiché qualsiasi parola, anche se al momento è capace di
generare impressione, viene inghiottita dalla SMEMORATEZZA. Che si può fare? E’ la domanda problematica per chi è
sintonizzato con l’umanità intera.
Le persone demotivate (indifferenti), non formate
culturalmente, sanno difficilmente prendere posizione, schierarsi per decisioni
che non lasciano dubbi, in qualsiasi situazione, particolare o generale.
Occorre sentirsi CASA COMUNE per
costruire nell’oggi il futuro.
Come testimonianza di compartecipazione misericordiosa, a
conclusione, riporto la testimonianza del medico del campo, che, all’alba del 9
di aprile 1945, assistette alla impiccagione a Berlino di alcuni, che avevano
partecipato all’attentato contro Hitler, in particolare di Dietrich BONHOEFFER: “Attraverso la porta semiaperta di una stanza delle baracche vidi che il
Pastore Bonhoeffer, prima di svestire gli abiti da prigioniero, si inginocchiò
in profonda preghiera con il suo Signore. La preghiera così devota e fiduciosa
di quell’uomo straordinariamente simpatico mi ha scosso profondamente. Anche al
luogo del supplizio egli fece una breve preghiera, quindi salì coraggioso e
rassegnato il patibolo. La morte giunse dopo pochi secondi. Nella mia attività
medica di quasi cinquant’anni non ho mai visto un uomo morire con tanta fiducia
in Dio” (H.M.Lunding).
Quel
lunedì mattina il Principe Filippo d’Assia, per lungo tempo prigioniero a
Flossemburg, dal mucchio di effetti personali, che erano nella stanza del corpo
di guardia, tirò fuori due libri. Su uno scoprì il nome di Wilhelm Canaris;
sull’altro, un Goethe con incisione in rame, il nome di Bonhoeffer. Ma non potè
tenerli con sé, glieli portarono via. Tutte le cose rimaste furono bruciate con
i cadaveri.
Dalla
poesia
“La morte di Mosè” del Pastore tedesco
della Chiesa Confessante:
“Tu che punisci i peccati e perdoni volentieri,
Dio, questo popolo io l’ho amato.
Aver portato la sua vergogna e i suoi vizi
e aver scorto la sua salvezza: questo mi basta.
Reggimi, prendimi! Il mio bastone s’incurva,
preparami la tomba, o fedele Iddio”.
Don Carlo, resistente all’oblio!
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