martedì 21 gennaio 2014

Quando l'ontologia fa sorridere

In Brianza, un incontro con il vescovo Massimo Camisasca, il comico Giacomo Poretti e il Ministro Maurizio Lupi. Tra i temi trattati: l'imprevisto, il Mistero e il sacrificio. Grandi questioni spiegate con chiarezza e divertimento da interpreti vivi
poretti-lupi-camisasca03Immaginate un’intelligente e gradevolissima conversazione a tavola fra tre persone per niente noiose perché vive. Immaginate l’intrecciarsi di grandi questioni metafisiche messe lì con levità, così che le capirebbero anche i bambini, e di battute acuminate da grande spettacolo messe lì con ironia buona, così che ti fanno pensare più e meglio di certe dotte dissertazioni. Immaginate, ancora, che anziché a tavola da soli, in casa o al ristorante, i tre conversino, tra ontologia leggera e serissimo divertimento, in un palazzetto dello sport gremito, se non sono in mille poco ci manca.
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Il palazzetto è a Barzanò, alta Brianza lecchese; i tre sono un vescovo (di Reggio Emilia), un comico (del trio Aldo Giovanni e Giacomo) e un ministro (delle Infrastrutture e Trasporti), nell’ordine Massimo Camisasca, Giacomo Poretti e Maurizio Lupi. Tema della serata, organizzata dalla Fondazione Costruiamo il Futuro "L'Imprevisto della vita. Dentro le cose, verso il Mistero". Svolgimento magistrale a cura di Sua Eccellenza e del Comico, che si snoda attorno a parole-chiave capaci, appunto, di andare dentro le cose e di raccogliere il succo e lo spessore di esperienze e di domande che la vita è: imprevisto, nascita, mistero, silenzio, sport, arte, comicità, lavoro, sacrificio, croce. L’Alto Ecclesiastico si rifà al suo libro La mia vita come un albero; il Piccolo Laico invece al proprio volumetto Alto come un vaso di gerani. Roba che messa così in botanica, tra alberi e gerani, è già tutta da ridere. I due si inseguono, si incontrano, si rimbalzano, si riprendono, inun dialogo di esperienze, racconti di vita, riflessioni, domande. Lupi dirige il traffico di parole che meglio non si potrebbe, non a caso suo è il Dicastero della Mobilità Nazionale.

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IMPREVISTO /1 – Camisasca: «Ha ragione Lupi, dobbiamo imparare a riconoscere che l’imprevisto non è un inconveniente della vita, ma un positivo. L’imprevisto nella mia vita? Il fatto che sono diventato vescovo a 66 anni. Ma più radicalmente sono tutte impreviste le mie esperienze fondamentali della vita, non programmabili da noi: il nascere; il morire (salvo eccezioni disperate di suicidi che dimostrano quanto la vita conta); gli altri che incontriamo; la grande compagnia del creato e degli amici».

MISTERO – Poretti: «Il mistero avvolge interamente le nostre vite». Nel frattempo avverte che gioca al detective per cercare di rispondere a qualche domanda sui misteri vari della vita, creando un esilarante mescolone di paradossi: qual è il mistero che ci fa digerire la cassoeula? Per quale misteriosa ragione le donne si innamorano di un presidente francese che va in motorino? Quale mistero tiene insieme l’acqua? e sospinge i venti? Ma misterioso è anche come si fa a pagare la Tarsu, o come un indonesiano diventi presidente dell’Inter, ma soprattutto come farà a riportarla a vincere. Ed è mistero – buono – la parola: cioè il fatto che con i suoni si sia potuto dare un nome a ogni cosa, rendendola per tutti inconfondibile. Esempio: mamma, papà, nonno, nonna. Se si svuota il mistero della parola, resta il genitore 1 e genitore 2, il colui che vizia 1 e il colui che vizia 2...»

MILAN & INTER – Poretti è interista per parte di padre che a quattro anni lo portava a San Siro, e a sette anni al Duomo per festeggiare lo scudetto: «Oggi Giacomino ha scoperto di avere la fede”. S’intende, fede interista». Camisasca è milanista (per vocazione?) e comunque è stato assistente spirituale del Milan dal 1986 al ’91, quello di Arrigo Sacchi «Dal quale, vedendo come impostava la preparazione della sua squadra a Milanello, ho imparato il valore dell’attenzione e del raccoglimento».

SILENZIO /1 – «Il silenzio nel raccoglimento è la condizione e il segno della grande arte», spiega ancora Camisasca. «Un attore, un cantante, hanno bisogno del silenzio prima di esibirsi. Il silenzio è la condizione per incontrare se stessi, al fondo del proprio cuore. In un primo tempo è staccarsi dal rumore e dalle parole, ma poi il vero silenzio è tutto intessuto di suoni e parole che invece di distrarci dalle cose ci accompagnano dentro la realtà».

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SILENZIO /2 – Poretti: «Ho fatto l’operaio, ma ho anche “ascoltato” dentro di me, in fondo al cuore l’amore per il teatro imprevedibilmente sorto in me per via della filodrammatica dell’oratorio. Ecco, il silenzio per ascoltarsi dentro, prendere sul serio i propri desideri e le proprie passioni per farle germogliare».

IMPREVISTO /2 – Prosegue Giacomo: «È proprio la parola imprevisto quella che meglio descrive la dinamica di quello che ho fatto nella vita. Figlio di operai di Legnano, il mio destino poteva essere di lavorare alla Franco Tosi. Ho fatto l’operaio studiando la sera; poi l’infermiere in ospedale perché era l’unico contratto possibile prima di partire, sette mesi dopo, per il militare. Imprevisto è stato 20 anni fa l’incontro con Giovanni e Aldo, in un localino di provincia, dove il primo per venti minuti tentava di arrampicarsi sul secondo, e finalmente giungeva ad appiccicargli un chewingum sulla chierica (area circolare priva di capelli) di Aldo e piantarvi una bandierina da tartina esclamando: “Ho scalato il Machu Picchu”. “Ah – mi sono detto – voglio lavorare anch’io con quei due lì”».

LAVORO – Dal Machu Picchu al dramma del lavoro che non c’è. Per Camisasca «Il lavoro è essenziale perché l’uomo si senta uomo e si esprima. Occorre far di tutto perché ci sia opportunità di lavoro (il Governo ascolta e annuisce, ndr). Occorre anche educarsi a saper accettare i lavori che ci sono, non quelli astrattamente desiderabili che non ci sono, e ripartire da lì. La condizione è che ci sia coscienza del senso, quello per cui uno scalpellino, se gli chiedi che fa, ti può rispondere: costruisco una cattedrale. Il gusto del lavoro è anche connesso al gusto del sacrificio, come i nostri genitori nel dopoguerra».

SACRIFICIO – Poretti: «Fare il comico è pieno di aspetti e situazioni piacevoli, soprattutto nella fase creativa. Ma ugualmente esige sacrificio, soprattutto in certe altre fasi. Lo sforzo di sacrificio, per esempio, è “stilistico”: l’impegno e la fatica a mantenere il gusto della bellezza e non cedere a facili stratagemmi del mestiere. Anche dal punto di vista tecnico, pensiamo in teatro o sul set di un film, si esige sacrificio e fatica per fare un buon lavoro».

PERCHÉ DIO CI HA FATTI? – Poretti fa lui la domanda e la rivolge a Camisasca: «Perché ci siamo? Perché Dio ci ha fatti?». Risponde Camisasca: «Teologia e Filosofia stentano a comprendere un Dio che ha bisogno degli uomini. Ci aiuta la poesia di Dante: “L’eterno Amore s’aperse in altri amori”. E soprattutto ci aiuta Gesù, quando al pozzo di Giacobbe si rivolge, lui che è Dio, alla Samaritana dicendo: “Ho sete dammi da bere”. Dio ha voluto il mio volto. Il male del mondo resta incomprensibile, ma possiamo accettare anche il dolore guardando il Crocefisso, il mistero di Dio che si è fatto uomo.

MICA MALE LA VITA – Giacomo racconta come primo suo ricordo la sua stessa nascita, difficile e faticosa perché non piangeva, e tutti a cercare di farlo piangere. Finché lui proruppe. E pensava: «Che strana cosa la vita, non sapevo se essere contento o spaventato... Ehi, ascoltatemi, cos’è questa roba? Perché c’è la vita, perché? Ehi, dottore, dico a lei, perché? Avrei voluto parlare, ma ho scoperto, dopo, che sarebbe passato almeno un anno prima di poter sbiascicare qualche monosillabo. Eppure li guardavo negli occhi e mi sorridevano contenti. Nessuno intuiva l’inquietudine che avevo dentro il cuore, ma la mamma era così felice che io piangessi che si sciolse in lacrime anche lei, e così ho pensato che forse quella cosa lì, la vita, non doveva essere poi così male».
Maurizio Vitali - http://www.tracce.it 

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