martedì 21 gennaio 2014

«La potentissima presenza del Mistero»

20/01/2014 - «Anche la malattia è una grazia». Padre Aldo è in Italia, porta con sé hermana Sonia. Racconta dei ventitre anni in Paraguay, «alle periferie dell'umano». E di quella croce che gli permette di «guardare di più la Sua opera»

«Morir cantando / quiero morir cantando / Para encontrar a Cristo/ quiero morir cantando». Parole e note della canzone scritta da un malato di cancro poche ore prima di morire in una clinica alla periferia dell'umano (l'ospedale per anziani di padre Aldo Trento ad Asuncion, Paraguay) riempiono la sala gremita e percuotono i cuori di quanti sono venuti qui, a Cambiago (Cambiago chi? pensate un po', uscita Cavenago-Cambiago dell'autostrada A4 ) ad ascoltare ancora una volta l'inesauribile testimonianza del missionario della Fraternità San Carlo, che 23 anni fa ha lasciato le vallate del bellunese per divenire guarany tra i guaranies, portandosi dietro solo l'amicizia di don Giussani e una depressione da paura. «Morire cantando, voglio morire cantando, per incontrare Cristo, voglio morir cantando». La esegue una giovane cantante, ma è come se la sua voce uscisse dall'anima ferita e gioiosa di padre Aldo, che di voce, ormai, ne ritrova giusto un filo «quando Gesù me la concede per parlare di Lui».
Padre Aldo Trento.
Ha 66 anni padre Aldo, neanche tanti, ma più degli anni pesa la malattia, e pesa il suo corpo che «sembra di cemento armato». Il passo è lento, la testa grava sul collo ed è faticoso tenerla su. «Dio quando mi libererai da questo corpo? Ma la testa è lucida e la mano destra funziona. Posso pensare e scrivere: Dio è stato anche troppo buono con me».

Da Cambiago padre Aldo ha iniziato un tour di 10 giorni in tutta Italia, per dire che «la malattia è una Grazia. E sono contento di averla, perché mi fa mettere lì, a guarda Lui, a vederlo agire e operare, ad accorgermi che tutto il mondo gira intorno a Lui e le cose buone vanno avanti perché le manda avanti Lui». «Dove grande è l'impotenza fisica», dice: «Potentissima è la presenza del Mistero», e conia una specie di slogan alla sua maniera: «Il più sfigato è il più amato».
Prego azzerare il sospetto, se mai a qualcuno sorgesse, che trattasi di misticismo spirituale di personalità eccentrica. Trattasi di autocoscienza cristiana, di conoscenza nuova e vera dell’umano. Essa ha ben chiaro qual è oggi il demonico nemico dell’uomo: “il cinismo borghese e utilitaristico e la burocrazia esistenziale che tentano di spegnere la drammaticità della vita, che solo nell’incontro con Cristo è abbracciata”. Padre Aldo è impareggiabile nello scandalizzare: “Prostituitevi piuttosto che annullarvi nel borghesismo farisaico”, e per riprenderti in contropiede con le parole di Gesù “Le prostitute vi precederanno nel Regno dei Cieli”.

Padre Aldo si porta dietro un segno vivo della potentissima presenza del Mistero, suor Sonja de la Cruz: un incontro provvidenziale, fra lei e padre Aldo, tre anni di condivisione dell’opera di San Raphael, della scuola, del Banco di solidarietà, della fattoria…, un tirocinio di figliolanza spirituale di don Giussani fino ad essere investita, da padre Aldo, della responsabilità di tutto quanto. Lei, la hermana (sorella) è una esile e bella giovane donna che ha concentrato in non molti anni una storia intensissima e dolorosa fatta di desiderio struggente di amore totale, fidanzamenti tormentati e finiti, vocazione religiosa nella clausura del Carmelo, esaurimenti e depressione, uscita dal Carmelo – in obbedienza ai superiori – con la domanda a Cristo “que teneis hacer de mi? che cosa vuoi fare di me?”, fino all’incontro “risolutivo” che a questo grido ha dato risposta. Lei racconta tutto di sé, per testimoniare Cristo; ma si vede a occhio nudo che malattie e ferite dell’anima, nella mendicanza di Gesù, hanno temprato e rinvigorito la sua esilità e la sua bellezza, ora più solide e miti ad un tempo, e costituito l’alveo certo del suo cammino di felicità.
Sonja è architetto, pittrice, poetessa, musicista, suonatrice di arpa: risorse formidabili, che sembrano come scomparire nel suo annichilirsi davanti a Cristo e che da questo annichilirsi riemergono al centuplo. L’arpa abbracciata nel bianco saio, le bianche dita sottili intrecciano un gioco sapiente con le corde cavando come dal profondo dell’anima le note di “un’angoscia buona, perché è la sua tristezza che suona” (cfr. Enzo Jannacci, Quando un musicista ride), melodia di una ferita attraverso cui è penetrato l’abbraccio di Cristo consolante di gioia, al ritmo latinoamericano,agile e danzante come una giostra, ritmo della vita vera.

Maurizio Vitali, Centro Culturale don Renzo Fumagalli 

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