mercoledì 29 gennaio 2014

DON GIUSSANI: Quell'accanita dipendenza dalla realtà

A Torino la presentazione della biografia. Si sono confrontati Alberto Savorana e Gianni Riotta, editorialista de "La Stampa". Un libro che ci restituisce «un uomo diverso da quello che i media tratteggiano». E che indica «la sua originaria direzione» 
«Recensire il libro scritto da una persona cara è sempre un grande rischio. Ho perso molti amici per questo motivo». Gianni Riotta tentò di mettere in guardia Alberto Savorana, quando, quasi un anno fa, ricevette la bozza del libro su don Luigi Giussani. Ma Savorana rispose con entusiasmo a quella provocazione: «Accetto la sfida». E ora che il testo è a disposizione di tutti, i due, amici di lunga data, hanno voluto incontrarsi, a Torino, per presentarlo pubblicamente e confrontarsi insieme con la vita di un grande uomo e testimone.

«Bisognerebbe leggerlo levandosi di dosso tutti i pregiudizi. Quelli positivi e quelli negativi», è l’invito che Riotta fa ai più aspri critici di Comunione e Liberazione come ai militanti del movimento. «Quella di Savorana è un’opera monumentale, che restituisce a tutti noi un personaggio molto diverso da quello che i media tratteggiano». Un uomo spesso travagliato, che sente la drammaticità della vita, a volte osteggiato, che rivoluziona alcune prassi consolidate nella società, come quella di portare ragazzi e ragazze in vacanza separatamente, che definisce Pier Paolo Pasolini l’unico intellettuale cattolico italiano del suo tempo. «Dal libro emerge don Giussani, non un oggetto di polemica. Si trovano descritti tanti momenti della sua vita, compresi quelli divertenti», continua Riotta: «E insieme a questo, c’è un favoloso dipinto della società italiana, uno scorcio approfondito sulla storia del nostro Paese». Ma l’aspetto più importante, secondo il giornalista de La Stampa, non è il grande valore storico e culturale che porta in sé il testo, è piuttosto il fatto che indica, con estrema precisione e fedeltà, l’originaria direzione di don Giussani: la radicalità dell’annuncio cristiano e la figura di Cristo.

«Il solo appunto che voglio fare al mio amico Alberto», ammette Riotta, «è quello di essere uno scrittore troppo vicino al movimento e a don Giussani. La vicinanza è uno svantaggio perché ci fa pensare di sapere già tutto e per questo ci rende il lavoro più difficile. Nonostante questo, Alberto è stato capace di mettersi da parte per affidarsi totalmente ai documenti e alle testimonianze». «La vicinanza non è uno svantaggio, caro Gianni», ribatte subito Savorana, «quanto più uno conosce l’oggetto di cui sta parlando, tanto più acuisce l’intelligenza, la capacità critica e rimane aperto ad accogliere tutto quello che trova. In questi cinque anni di lavoro sul libro, ho scoperto che don Giussani è molto più di quello che io ho visto con i miei occhi».

Nelle pagine del libro c’è una vita che eccede da tutte le parti, ma che è tenuta insieme da un filo sottile e tenace: la dipendenza accanita dalla realtà. «Don Giussani ama studiare, ma ad un certo punto», continua Savorana, «durante una confessione si imbatte in un ragazzo che bestemmia e, invece di fargli la predica, lo sfida: non sarebbe più bello amarlo l'Infinito piuttosto che odiarlo?». Senza paura, senza preconcetti, obbedisce a quel ragazzino e si accorge che, al paradiso della teologia, è meglio preferire il purgatorio della vita con i giovani. Inizia a fare la stessa cosa con tutti: giovani, anziani, atei e credenti. Non vuole che nessuno si perda la bellezza del cristianesimo. «Per tutta la vita», conclude l'autore della biografia, «don Giussani medita sull’esperienza dell’inizio e non smette mai di rimandare a Lui. È per questo, come ha ricordato l’allora cardinale Joseph Ratzinger al suo funerale, che possiamo considerarlo un padre»
http://www.tracce.it/

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