giovedì 26 settembre 2013

Lettera aperta a Papa Francesco


La basilica di San Francesco ad Assisi.
Carissimo papa Francesco,
a pochi mesi dalla sua elezione a vescovo di Roma, il 4 ottobre lei sale ad Assisi per ricordare al mondo che la Chiesa, davanti alle sterminate povertà, «è la Chiesa di tutti e in particolare la Chiesa dei poveri», come ricordava Giovanni XXIII un mese prima dell'apertura del Concilio.
Chi le scrive è un disabile. Dall’età di undici mesi, nell’agosto del 1945, sono stato colpito dalla poliomielite. Oggi cammino con il bastone e mi muovo con la carrozzina. La ringrazio che la sua visita ad Assisi cominci dai bambini disabili e ammalati.
Essi sono per noi, oggi, come il lebbroso per Francesco. Francesco, con il bacio al lebbroso esce dalla mondanità e diventa discepolo di Gesù, messia povero e messia dei poveri. Noi dobbiamo imparare il Vangelo e nient’altro, alla scuola dei piccoli, feriti nella carne e nella vita.
I bambini disabili, veri lebbrosi di questo tempo, rifiutati da molti e abbandonati da tanti, insegnano a riconoscere il volto di Gesù in coloro che soffrono. Sono i nostri maestri del Vangelo.
Alla sequela di questo straordinario e unico magistero, lei entra nel mistero di Francesco e Chiara, a partire dalla chiesa di san Damiano, passando per Santa Maria Maggiore,  per la tomba di Francesco, fino alla cattedrale di san Rufino e all’eremo delle carceri per pregare nella cella di Francesco. Poi c'è la venerazione del corpo di Chiara e la preghiera davanti al crocifisso di san Damiano: il pasto con i poveri della Caritas di Santa Maria degli angeli diventa un sigillo evangelico al cuore della visita.
Da questa fonte purissima di grazia zampilla il mistero di una Chiesa povera e per i poveri, di una Chiesa della pace e del perdono, di una Chiesa della fraternità e dell’incontro.
Non è solo il suo sogno. È il sogno di tutte le persone di buona volontà, di tutti i popoli che cercano la pace, il diritto e la giustizia. È il sogno dei disabili del mondo, che hanno visto in lei, fin dalla messa di inaugurazione del suo pontificato, con l’abbraccio al malato di Sla, un fratello, per essere insieme discepoli di quel messia, Gesù, che si è caricato di tutte le nostre malattie, che ha guarito molti: sordi, muti, ciechi, zoppi, posseduti dai demoni. A tutti ha donato dignità e pienezza di vita.
Allora la Chiesa dei disabili, dei feriti, dei lebbrosi di tutte le lebbre, diventa la Chiesa degli abili per il Vangelo che, portando le stigmate del patire nella loro carne, sanno riconoscere la forza disarmata dell’incontro con il Signore.
Ad Assisi è manifesto quello che lei ha più volte detto: i poveri sono la carne del Signore, le sue piaghe. Ce lo insegna Francesco con l’incontro con il lebbroso, ce lo insegna Chiara, che dal papa chiede e ottiene il privilegio della santa povertà, che non è una forma di ascesi, ma è lo stare alle periferie esistenziali, senza altra protezione che la grazia, la fede e una carità dilatata fino ai confini del mondo.
Carissimo papa Francesco, da Assisi guardi alla terra santa, guardi alla Siria, al Libano, alla Palestina, ad Israele, alla Giordania, alla Turchia, all’Egitto, all’Iran. Francesco è andato in queste terre da disarmato, forte solo del Vangelo, senza le armi delle crociate, perché si affidava alla parola disarmata di Gesù.
Lei ha fatto la stessa cosa il 7 settembre nella preghiera e nel digiuno per la pace. Chieda ai potenti della terra un corridoio umanitario per salvare i bimbi, le donne, gli anziani, le popolazioni della Siria devastate dal conflitto. Questo corridoio diventi il corridoio della pace per tutti.
Lanci il suo grido appassionato di pace, che oggi è il grido di quelle terre e di tanti popoli, sfigurati dai conflitti. Sarà ascoltato, come è stato ascoltato il 7 settembre.
Lei visiterà come ultimi due luoghi: la Porziuncola e Rivotorto. Sono come la consegna della Chiesa dei poveri, della Chiesa che non si fa catturare dal potere e dalla ricchezza. I cristiani come “minores”, come quelli che non contano secondo il mondo e proprio per questo sono in grado di trasfigurarlo.
Solo una Chiesa povera renderà visibile la misericordia di Dio e il perdono che nasce dal patibolo della croce. E allora dai bambini disabili alla Chiesa povera, tutto si tiene. Anzi i bambini disabili nella loro fragilità e contraddizione sono l’anticipazione di questa Chiesa.
Francesco e Chiara ci chiamano ad essere "somigliantissimi" a Gesù. Lei, nel suo ministero, faccia risuonare le parole dell’apostolo: «Quando sono debole, allora sono forte».
E i disabili, i bambini disabili, siano lampada ai suoi passi di pellegrino di pace e di misericordia. Da Assisi al mondo.
 Massimo Toschi - fonte: Città Nuova

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