giovedì 19 settembre 2013

LE PAROLE DEL PAPA, LA CHIESA, L’OGGI VERITÀ DI MADRE

Una madre non ha paura di entrare nella notte dei suoi figli che sbagliano, per da­re loro speranza. Nell’Udienza di ieri il Papa è apparso acceso da una forte passione. Per ol­tre venti volte ha pronunciato la parola 'madre' o 'mamma'. Parlava della Chiesa, di quale vol­to «dovrebbe avere sempre di più la Chiesa». E per spiegare questo volto ha ricordato che co­sa, con i figli, fa una madre, anzi una mamma – termine che a Francesco sembra più caro.  Le mamme, ha iniziato, aiutano i figli a cam­minare e a orientarsi verso il bene. Quando i figli crescono, se anche sbagliano, le madri non si domandano nemmeno se siano colpevoli o no, ma continuano ad amarli. Le madri, infi­ne, domandano, per i loro figli. Bussano con insistenza a ogni porta; e soprattutto per i fi­gli che ne hanno più bisogno. E quindi la Chie­sa che Francesco vuole è una madre «che non chiude mai le porte della Casa»; che non giu­dica, ma perdona; che non ha paura di avven­turarsi nel buio a cercare i figli; e domanda, per loro, e prega.
  È il volto della misericordia quello che Fran­cesco vuole per la Chiesa, volto di un amore incondizionato. E misericordia è il nome e­satto dell’amore di Dio, di tanto più grande della giustizia. La giustizia è la misura dell’a­more degli uomini: indica, regolamenta, san­cisce e, quando la legge è violata, condanna. La misericordia, etimologicamente «con vi­scere materne», è ben altro, e incommensura­bilmente più grande. La misericordia è capa­ce di un perdono che ricrea. Noi fatichiamo a capirlo, questo siderale mo­do di amare di Dio. Per questo il Papa ha par­lato così insistentemente di madre, e di mam­ma: perché, nella esperienza umana, l’amore della madre è ciò che più somiglia alla sconfi­nata generosità di Dio. Quel dare senza condizioni, quell’esserci sem­pre, quel dimenticare il male e ricominciare o­gni volta da capo, è il modo dell’amore mater­no. Ed è anche, ha detto il Papa, il volto più ve­ro della Chiesa. Chi ha cinquant’anni o di più spesso ricorda di essere cresciuto in una educazione cattolica in cui la legge e i precetti sembravano la cosa più importante. Ora, certo, le leggi occorrono, e i dieci comandamenti sono fondamentali per vivere bene con sé stessi e con gli altri. Ma nes­suna legge basta all’uomo, se non è iscritta den­tro a un bene più grande, dentro all’amore per quell’uomo. E questo è, istintivamente tra­mandato, l’antico segreto delle madri: ogni or­dine posa sulla assoluta certezza del bene che la madre vuole al figlio, una certezza incrolla­bile. Così che poi, come le madri sanno, si ot­tiene di più da dei bambini parlando, nei segni, negli sguardi, quella materna generosa lingua, che minacciando o alzando la voce.
  Francesco vuole una Chiesa profondamente madre. Una Chiesa come intrisa di maternità, e ben più grande che se semplicemente affer­masse i suoi precetti. Qualcuno forse da una Chiesa così è disorientato, qualcuno vorrebbe una Chiesa più severa e intenta a indicare ciò che è giusto, con toni netti e fermi. Ma un Pa­pa che conosce bene le nostre periferie inte­riori ed esteriori sa che di fronte a un tempo come questo, che ha screditato ogni padre, e si dà nuove leggi a suo comodo e misura, in­dicare soltanto la retta via potrebbe essere u­no sterile gridare nel vuoto. Allora sceglie la strada che la natura ha tracciato per gli uomi­ni, quando sono bambini. La strada della mi­sericordia, quella delle 'viscere materne', mai stanche di abbracciare.
  In questi stessi giorni in più di una città italia­na si vorrebbe eliminare i vocaboli 'madre' e 'padre' dai moduli per l’iscrizione agli asili, quasi fossero, come Aldous Huxley aveva pro­feticamente predetto, delle brutte parole, qua­si in un’avversione al dato originario per cui nasciamo da una donna e da un uomo. E il Pa­pa invece, quanto insiste sulla parola 'madre', e su un amore materno come cifra più vera del­la Chiesa. Una coincidenza casuale, che però dice quanto fedele è la Chiesa alla domanda o­riginaria dell’uomo; e quanto invece certa i­deologia se ne allontana – in un’ostilità dura, diceva la filosofa ebrea Hannah Arendt, alla «realtà del dato». Quel «dato» offerto all’uomo, che è prima di tutto una madre, il suo calore; amore senza limiti e per sempre. Solo dentro un così grande amore le leggi morali autenti­camente possono attecchire. Solo nel «dato» dell’amore – senza il quale gli uomini diventa­no a volte obbedienti, a volte disperati automi.
 

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