lunedì 23 settembre 2013

Egli non incriminò il mondo. Egli salvò il mondo“.

“E vi era anche il cattivo tempo sotto i Romani. Ma Gesù non si tirò affatto dietro. Egli non si rifugiò affatto dietro la disgrazia dei tempi. Egli tagliò (corto). Oh, in un modo molto semplice. Facendo il cristianesimo. Egli non incriminò, egli non accusò nessuno. Egli salvò. Egli non incriminò il mondo. Egli salvò il mondo“.
Sono parole del grande scrittore francese Charles Peguy, che mi sembrano illuminanti per comprendere quell’atteggiamento che Papa Francesco, nell’intervista con “La Civiltà Cattolica” chiede innanzitutto ai pastori.
La novità di Francesco è innanzitutto una novità di sguardo. Viviamo in un mondo di feriti, aveva detto in Brasile. Ora parla della chiesa come di un ospedale da campo, dopo la battaglia. Prima curare le persone ferite. Poi si parlerà di tutto il resto. E la medicina migliore, il balsamo più efficace per le ferite dell’anima è la misericordia. Dire che il papa “apre” ai gay, ai divorziati, alle donne che hanno abortito è termine che mette tristezza. Tristemente politico. Gesù non aprì all’adultera. La guardò in modo diverso dai sacerdoti e dai benpensanti che la volevano lapidare. Il suo sguardo ebbe il potere di cambiarle la vita più del timore della punizione prevista dalla legge di Mosè, che lei certo non ignorava.
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Sì, è il senso di una rivoluzione quello che stiamo vivendo con Papa Francesco. Come un fiume in piena, incontenibile, travolge schemi e modi di pensare, irrompe in terre aride, ridisegna paesaggi e orizzonti mai esplorati. Ma è una forza placida che lo muove. Un’energia calma.
In che mare andrà a sfociare? E da quale sorgente deriva il suo impeto? L’intervista a Civiltà Cattolica rende esplicito quel che era implicito in questi primi sei mesi. Già così densi, peraltro, di gesti eloquenti e di parole che hanno riscaldato i cuori.
E’ un testo, 29 pagine, da leggere e godere per intero. Senza accontentarsi dei titoli e delle sintesi dei giornali. Uno dei passaggi più interessanti è laddove Francesco risponde a un obiezione che gli muove sotto traccia un certo cattolicesimo “militante”. Di essere in sostanza poco loquace e poco battagliero sui cosiddetti “valori non negoziabili”. Da alcuni decenni la Chiesa, specialmente in Italia, ma non solo in Italia, ha fatto di questa materia – con i ripetuti no all’aborto, ai matrimoni gay etc. -quasi il vessillo del proprio impegno pubblico nella società. Con quali esiti?  Al di là delle intenzioni, nella gran massa della popolazione, ormai distante dal linguaggio e dai riti cristiani, arrivava un messaggio solo negativo; reso ancora più negativo dall’impressione, distorta, che le gerarchie cattoliche avessero più a cuore alcune leggi dello stato che le anime delle persone concrete. Insomma una Chiesa che sembrava fissare paletti e chiudere porte.
Nel mondo degli intellettuali cattolici e nell’establishment ecclesiastico molti non solo parevano non soffrire questo palpabile crescente distacco fra la Chiesa e la gente, ma quasi teorizzavano che proprio in quest’essere minoranza arroccata e agguerrita stesse il puro ideale di una presenza cristiana nel mondo d’oggi.
Francesco ragiona e sente diversamente. Ragiona e sente da missionario.
Da uomo, da prete, che ha sperimentato su di se la bellezza commovente dell’ “essere guardato” dalla tenerezza di Cristo. Come il pubblicano Matteo, nel suo quadro preferito, del Caravaggio. E allora ha il grande desiderio di comunicare questa esperienza a tutti, anche e soprattutto a quelli che sono lontani e spesso hanno abbandonato una Chiesa mai conosciuta nel suo volto più vero. “Non possiamo insistere solo su questioni legate all’aborto, ai matrimoni omosessuali, alle problematiche della contraccezione”. Ovviamente Francesco non vuole abrogare la tradizionale dottrina cattolica sulla difesa della vita e della famiglia. Ma capisce che non è lì il cuore dell’avvenimento cristiano, e non sarà per una insistenza legalistica, sui precetti e sulle leggi, che la Chiesa farà breccia nelle anime.
“L’annuncio di tipo missionario si concentra sull’essenziale, sul necessario, che è anche ciò che appassiona e attira di più, che fa ardere il cuore, come ai discepoli di Emmaus… Dobbiamo trovare quindi un nuovo equilibrio, altrimenti anche l’edificio morale della Chiesa rischia di cadere come un castello di carte, di perdere la freschezza e il profumo del Vangelo. La proposta evangelica deve essere più semplice, profonda, irradiante. E’ da questa proposta che poi vengono le conseguenze morali”.
La novità di Francesco è innanzitutto una novità di sguardo. Viviamo in un mondo di feriti, aveva detto in Brasile. Ora parla della chiesa come di un ospedale da campo, dopo la battaglia. Prima curare le persone ferite. Poi si parlerà di tutto il resto. E la medicina migliore, il balsamo più efficace per le ferite dell’anima è la misericordia. Dire che il papa “apre” ai gay, ai divorziati, alle donne che hanno abortito è termine che mette tristezza. Tristemente politico. Gesù non aprì all’adultera. La guardò in modo diverso dai sacerdoti e dai benpensanti che la volevano lapidare. Il suo sguardo ebbe il potere di cambiarle la vita più del timore della punizione prevista dalla legge di Mosè, che lei certo non ignorava.

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