"La Chiesa a volte si è fatta rinchiudere in piccole cose, in piccoli precetti. La cosa più importante è invece il primo annuncio: 'Gesù Cristo ti ha salvato!'”. E’ questo uno dei passaggi della lunga intervista a Papa Francesco, pubblicata da La Civiltà Cattolica e contemporaneamente da altre 16 riviste della Compagnia di Gesù in tutto il mondo. Nel lungo colloquio di circa 30 pagine, curato dal direttore padre Antonio Spadaro, Papa Francesco traccia un identikit di se stesso, spiega quale la sua idea della Compagnia di Gesù, analizza il ruolo della Chiesa oggi, indica le priorità dell’azione pastorale e affronta le domande sull’annuncio del Vangelo. Sentiamo una sintesi nel servizio di Debora Donnini:
Un peccatore che il Signore ha guardato: così si definisce Papa Francesco nella lunga intervista rilasciata alla rivista La Civiltà Cattolica nel suo studio privato a Casa Santa Marta durante tre appuntamenti il 19, il 23 e il 29 agosto. Trenta pagine per raccontare la sua storia di gesuita così come il suo pensiero sulla missione della Chiesa. "La capacità di curare le ferite e di riscaldare il cuore dei fedeli, la vicinanza, la prossimità...E bisogna cominciare dal basso”: di questo la Chiesa ha più bisogno oggi per Papa Francesco. "Io vedo la Chiesa come un ospedale da campo dopo una battaglia. E' inutile - dice - chiedere a un ferito grave se ha il colesterolo e gli zuccheri alti! Si devono curare le sue ferite. Poi potremo parlare di tutto il resto". "La Chiesa - prosegue - a volte si è fatta rinchiudere in piccole cose, in piccoli precetti. La cosa più importante è invece il primo annuncio: 'Gesù Cristo ti ha salvato!'. Quindi “i ministri della Chiesa devono innanzitutto essere ministri di misericordia" e "le riforme organizzative e strutturali sono secondarie, cioè vengono dopo” perché “la prima riforma deve essere quella dell'atteggiamento”. Per Papa Francesco, infatti, “i ministri del Vangelo devono essere persone capaci di riscaldare il cuore delle persone, di camminare nella notte con loro, di saper dialogare e anche di scendere nella loro notte, nel loro buio senza perdersi. Il popolo di Dio – dice - vuole pastori e non funzionari o chierici di Stato".
Sulla pastorale missionaria, il Papa spiega che non deve essere “ossessionata dalla trasmissione disarticolata di una moltitudine di dottrine da imporre con insistenza”. L’annuncio missionario si concentra “sull’essenziale” che è anche ciò che attira di più, “ciò che fa ardere il cuore”. Bisogna quindi “trovare un nuovo equilibrio” altrimenti, nota, “anche l’edificio morale della Chiesa rischia di cadere come un castello di carte”, di perdere “il profumo del Vangelo”. La proposta evangelica deve quindi essere “più semplice” ed “è da questa proposta che poi vengono le conseguenze morali”.
Nell’intervista Papa Francesco rilegge poi la sua storia da gesuita, anche riguardo ad alcuni momenti difficili: "il mio modo autoritario e rapido di prendere decisioni - afferma - mi ha portato ad avere seri problemi e a essere accusato di essere ultraconservatore". Un'esperienza difficile che oggi mette a frutto: ricordando il suo ministero episcopale in Argentina, dice di aver capito quanto sia importante "la consultazione". "I Concistori, i Sinodi sono, ad esempio, luoghi importanti per rendere vera e attiva questa consultazione”, ma devono essere “meno rigidi nella forma”. “Voglio - dice - consultazioni reali, non formali". Il Papa parla poi della sua formazione da gesuita, del discernimento e delle riforme. C’è sempre bisogno “di tempo per porre le basi di un cambiamento vero”. “E questo è il tempo del discernimento”, afferma, anche se “a volte il discernimento invece sprona a fare subito quel che invece inizialmente si pensa di far dopo. Ed è ciò che è accaduto anche a me in questi mesi". Nel lungo colloquio con il direttore della Civiltà cattolica, padre Antonio Spadaro, si fa anche riferimento alla Compagnia di Gesù che per Papa Francesco “è in se stessa decentrata”: il suo centro è Cristo e la Chiesa, due punti di riferimento fondamentali per poter vivere “in periferia”, mentre se mette se stessa al centro “come struttura ben solida”, “corre il pericolo di sentirsi sicura e sufficiente”.
L’immagine della Chiesa richiamata nell’intervista è quella espressa dal Concilio Vaticano II nella Lumen Gentium “del santo popolo fedele di Dio” e “sentire con la Chiesa” per Papa Francesco è “essere in questo popolo”. Una Chiesa che non vuole sia ridotta a contenere “solo un gruppetto di persone selezionate” ma deve essere una “Chiesa Madre e Pastora”. “La Chiesa è feconda, deve esserlo”, dice il Papa raccontando che quando si accorge di “comportamenti negativi di ministri della Chiesa” o consacrate, la prima cosa che gli viene in mente è: “’ecco uno scapolone’ o ‘ecco una zitella’”. “Non sono né padri, né madri, dice. Non sono stati capaci di dare vita”.
Tra le altre domande il direttore di Civiltà Cattolica torna anche su questioni complesse come divorziati risposati, persone omosessuali e chiede quale pastorale fare in questi casi. "Bisogna - dice il Papa - sempre considerare la persona. Qui entriamo nel mistero dell'uomo. Nella vita Dio accompagna le persone, e noi dobbiamo accompagnarle a partire dalla loro condizione. Bisogna accompagnare con misericordia".
Non si dimentica il tema della donna e Papa Francesco evidenzia che “la sfida” è quella di “riflettere sul posto specifico della donna anche proprio lì dove si esercita l’autorità nei vari ambiti della Chiesa”. Alla fine la conversazione giunge ad un aspetto che sta molto a cuore a Papa Francesco e cioè che “Dio lo si incontra camminando”. “Dio è sempre una sorpresa – dice – e dunque non sai mai dove e come lo trovi, non sei tu a fissare i tempi e i luoghi dell’incontro con Lui”. Per il Pontefice bisogna dunque “discernere l’incontro”: se il cristiano “vuole tutto chiaro e sicuro”, allora non trova niente. La tradizione e la memoria del passato devono portare ad "aprire nuovi spazi a Dio". Con una visione statica ed involutiva, se si cercano sempre “soluzioni disciplinari” o il passato perduto, “la fede diventa una ideologia fra le tante”. “Io ho una certezza dogmatica: Dio è nella vita di ogni persona", dice Papa Francesco sottolineando che “anche se la vita di una persona è un terreno pieno di spine ed erbacce, c’è sempre uno spazio in cui il seme buono può crescere”. Quindi il suo incoraggiamento: “Bisogna fidarsi di Dio”.
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