mercoledì 11 settembre 2013

La Sua amicizia

C’è un’aria pesante, in giro. Si esce dall’estate, si torna alle occupazioni di sempre e ci si ritrova in balìa delle preoccupazioni dell’ora. Questo Tracce va in stampa mentre si parla di un possibile raid americano sulla Siria. Se accadesse, sarebbe guerra su guerra e morte su morte, ché la violenza sta devastando quel Paese da anni, tra occhiate più o meno distratte e analisi sterili di torti e ragioni. Ci voleva il gesto imponente del Papa per accorgerci del peso reale di quanto accade lì, e per gridare quello che il cuore dell’uomo - anche di Caino - reclama da Dio e dall’altro: la pace.

Poi ti guardi intorno, più vicino, e vedi altre emergenze incombenti, forse meno drammatiche ma comunque soffocanti: una crisi possibile in un Paese che avrebbe bisogno di stabilità come l’aria (anche qui, siamo appesi ai fatti che verranno a giorni), una ripresa che stenta in Europa, il lavoro che manca... Un’incertezza che taglia le gambe. Oppure che rende ancora più urgente la domanda: che cosa stiamo a fare al mondo? Che contributo possiamo dare noi - io - ad affrontare questi problemi, alla storia?

È la stessa domanda che aveva don Giussani. Non a caso, spunta già dalle prime pagine della bellissima biografia che gli ha dedicato Alberto Savorana: «Io non voglio vivere inutilmente: è la mia ossessione». È una lettera del 1945, scritta da novello sacerdote. Una delle centinaia di testimonianze, documenti e fatti da cui emerge il racconto di una vita sicuramente fuori dall’ordinario - segnata da un carisma -, eppure così vicina a noi, perché, come ricordava tempo fa don Julián Carrón, «ha vissuto le nostre stesse circostanze e sfide». Le stesse domande, esigenze, necessità. Tanto da poter offrire, attraverso il modo in cui le ha vissute lui, una strada a tutti. E da avere inciso - da incidere ora - sulla vita di migliaia di uomini.
Basterebbe sfogliare le pagine dedicate al Meeting di Rimini, figlio di quel carisma, per vedere un esempio significativo di che cosa può nascere da una vita così: potete pensarla come volete, ma è difficile non vedervi l’opposto in atto delle tante divisioni che ammorbano l’aria. Ma se ci guardiamo attorno, là dove siamo, possiamo scorgere decine di esempi così: di divisioni sanate, di amicizie imprevedibili. Di un’umanità che fiorisce anche dove sembra impossibile, grazie a quella strada.
«Non voglio vivere inutilmente». In questa «ossessione», don Giussani è stato esaudito. La sua, scrive Savorana, «è un’esistenza ricca e piena, vissuta senza sosta a partire dalla scoperta dell’Amico che gli ha rivoluzionato la vita intera»: Cristo. «L’Infinito unico Amore personale», come lo chiama in una lettera.
È in forza di quello che ha generato e genera. È per quello che continua a dare un contributo a chi incontra il suo carisma. Non per la potenza di un’organizzazione - non c’era -, o per il suo peso sociale e culturale - anche quelli sono venuti dopo e potrebbero svanire domani. No: per la sua amicizia con Cristo. Fiorita da bimbo e sbocciata «il bel giorno» (sono sempre parole sue) in cui, in prima liceo, davanti al Prologo del Vangelo di Giovanni, si accorge che quell’Amico è reale, che il Verbo si è fatto carne. «L’istante, da allora, non fu più banalità per me».

Ecco, se invitiamo a leggere quel libro non è per rendere omaggio a un personaggio che ci è caro, ma per renderci conto di più di che risposta è Cristo per la nostra vita, e di quale contributo possiamo dare al mondo, accogliendo la Sua amicizia. Ogni istante può essere pieno, non banale, perché scoperta di Lui. E ogni uomo può esserci compagno in questa scoperta. Un «fratello da custodire», come ci chiede il Papa. Parlava della Siria. Ma soprattutto di noi.



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