l’Arcivescovo di Milano si rivolge «a tutti» e invita a testimoniare lo «sguardo nuovo» di Cristo in ogni
ambito della vita
Un invito a «una lettura attenta attraversata da autentica simpatia», un invito al confronto, ma
anche alla critica, rivolto a tutte le persone della diocesi di Milano, non solo ai cattolici: la
lettera pastorale Il campo è il mondo (da oggi in libreria), scrive il cardinale arcivescovo di
Milano, Angelo Scola, «vuol essere un’offerta di dialogo tra il Vescovo e tutti gli abitanti della
metropoli ambrosiana che lo desiderino».
L’ATEISMO ANONIMO. Il cattolicesimo popolare ambrosiano, spiega Scola nella lettera
pastorale, è chiamato oggi a radicarsi «nella vita degli uomini attraverso l’annuncio esplicito
della bellezza, della bontà e della verità di Gesù Cristo all’opera nel mondo». Questo è vero
«anche all’inizio di questo terzo millennio». Anche oggi, «Cristo è feconda radice di un nuovo
umanesimo», ricorda l’Arcivescovo. Alla luce di questo, i cristiani non devono cercare la
vittoria, bensì «ciò che Dio concede». Devono essere presenti nel mondo, ma non
conformarsi alle convenzioni del mondo. Possono essere, prosegue Scola, «maggioranza
costruttiva o minoranza perseguitata, ma ciò cui sono chiamati è solo l’essere presi a servizio
del disegno buono con cui Dio accompagna la libertà degli uomini». Nonostante eventi che
sono segno dell’azione dello Spirito Santo nella storia, come l’elezione di Papa Francesco e
l’umile e potente gesto di rinuncia al pontificato di Benedetto XVI, avverte il Vescovo di
Milano, «tra i cristiani ambrosiani esiste il rischio di una sorta di “ateismo anonimo”, cioè di
vivere di fatto come se Dio non ci fosse». «Il cattolicesimo di popolo, ancora vitale sul nostro
territorio è chiamato a rinnovarsi, a compiere tutto il tragitto che porta dalla convenzione alla
convinzione, curando soprattutto la trasmissione del vitale patrimonio cristiano alle nuove
generazioni».
VANGELO E VITA.
Vangelo e vita, scrive Scola, non sono «due realtà disgiunte e da mettere artificiosamente
insieme» e i cristiani devono continuare domandarsi se «la nostra vita personale e
comunitaria trova in Cristo il suo compimento». Anche di fronte alla separazione della fede
dalla vita presente in molti battezzati, «lo Spirito del Risorto non cessa di sorprenderci,
facendo vibrare al cuore delle domande su di noi e sul nostro futuro la risposta del Vangelo,
una proposta di vita buona per ogni persona». La vicenda umana ha «quest’origine buona che
ci precede aprendoci la strada. Ad essa occorre riferirsi senza stancarsi. Il mondo è il
“campo di Dio”, il luogo in cui Dio si manifesta gratuitamente agli uomini». Gesù, prosegue il
“campo di Dio”, il luogo in cui Dio si manifesta gratuitamente agli uomini». Gesù, prosegue il
Vescovo, «ama la nostra libertà e la pro-voca chiamandola a decidersi per Lui». È «la
risposta personale della libertà che permette al buon seme di diventare grano maturo ha
bisogno di tempo». Perciò, avverte Scola, «non tocca a noi giudicare in modo definitivo,
condannare senza appello, perché il cammino della vita si compie solo alla fine e la libertà
può sempre ravvedersi. La misericordia di Dio non smette mai di sollecitare». Serve invece,
esorta il Cardinale, quello «sguardo nuovo sul mondo» che dona Gesù per essere capace di
non inoltrarsi «sui sentieri della condanna, del lamento e del risentimento». Gesù, afferma
Scola, mentre prende il male su di sé, lo circonda da ogni parte con il suo amore infinito, così
che ognuno «possa scoprire e domandare la dolcezza del Suo perdono», correggendo
«amorevolmente i suoi, segnati dalla impazienza e dallo scoraggiamento di fronte alla
confusione talora regnante».
L’INCONTRO CON LUI. «Nel campo che è il mondo», spiega il Cardinale, «il Figlio
dell’uomo semina il seme buono». «Questo significa che tutto dell’uomo e tutti gli uomini sono
interlocutori di Gesù», deduce. «Gesù Cristo vivente si offre alla nostra libertà nella forma
familiare di un incontro umano: la fede è riconoscerLo». prosegue Scola. «Noi non siamo
uomini e donne isolati gli uni dagli altri, ma viviamo, fin dall’istante del nostro concepimento, in
relazione. Ebbene, Dio ha voluto entrare nella storia come uno di noi e cambiare la vita degli
uomini attraverso una trama di relazioni nata dall’incontro con Lui». Il Vescovo di Milano
ricorda che Dio è «venuto nella carne povera degli uomini» e che ora la «avvolge di una luce
nuova, capace di dare senso ad ogni aspetto della vita quotidiana». «Quando la proposta
cristiana ritrova questa semplicità radicale si documenta veramente come l’Evangelo (la
buona notizia) dell’umano».
IL CAMPO. Per il Cardinale, «il mondo che Gesù chiama “il campo” chiede di essere pensato
come il luogo in cui ogni uomo e ogni donna possono rispondere al loro desiderio di felicità».
«Il buon seme è chiamato a diventare grano» nel mondo e in tutti gli ambiti dell’esistenza
quotidiana, scrive Scola: «Famiglie, quartieri, scuole, università, lavoro in tutte le sue forme,
modalità di riposo e di festa, luoghi di sofferenza, di fragilità, di emarginazione, luoghi di
condivisione, ambiti di edificazione culturale, economica e politica».
NULLA CI È ESTRANEO. I cristiani non devono chiudersi, ma aprirsi nell’incontro con gli
altri: «Non c’è niente e nessuno che possa o debba essere estraneo ai seguaci di Cristo»,
ricorda il Vescovo. «Tutto e tutti possiamo incontrare, a tutto e a tutti siamo inviati. E questo
perché ciascuno di noi, in quanto segnato dalle situazioni della vita comune, è nel mondo».
«Non dobbiamo pertanto costruirci dei recinti separati in cui essere cristiani», precisa Scola,
perché «è Cristo stesso a porre la sua Chiesa ed i figli del Regno nel campo reale delle
circostanze comuni a tutti gli uomini e a tutte le donne». Proprio perché il mondo è il campo
dell’incontro con Gesù, «l’attenzione non va posta sul nostro “fare”, ma sul seme buono che il
seminatore, Gesù, vi ha gettato».
ESPORRE SE STESSI. «La persona di Gesù Cristo», prosegue il Cardinale, «e la sua
vicenda umana documentano come Dio, entrando nella storia, voglia fecondare con la sua
presenza rinnovatrice tutta la realtà». «La consapevolezza di questa novità di vita conduce tutti
i fedeli, che l’hanno incontrata nelle diverse forme di realizzazione della Chiesa, a proporre il
rapporto con Gesù, verità vivente e personale, come risorsa decisiva per il presente e per il
futuro», scrive Scola. Il Vescovo si augura che ogni fedele ed ogni realtà ecclesiale della
Diocesi rileggano «il senso della esistenza cristiana alla luce di questa urgenza ad uscire da
se stessi per entrare in campo aperto». Come riuscire a farlo? «Rischiando la propria libertà,
esponendo se stessi», risponde il Vescovo, cioè diventando testimoni. Infatti, il «buon
esempio non basta per renderci testimoni autentici», perché «il testimone rinvia a Cristo,
sommamente amato, non a sé».
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