domenica 5 gennaio 2014

SORPRESA SENZA FINE - IL PAPA, LA RICERCA E L’INCONTRO



H
a ragione chi dice che con Papa Francesco si ha l’impressione di un colloquio personale, uno sguardo diretto sulla propria vita. Omelie, udienze e discorsi – letti o ascoltati – lasciano spesso un’impronta inte­riore, un’eco che resta e che non si può attribui­re solo alla forza espressiva, o alle immagine vi­vide cui il Pontefice ricorre parlando o scrivendo (è anche il caso della
 Evangelii gaudium, redat­ta con uno stile così immediato da sembrare in realtà una coinvolgente chiacchierata spiritua­le). Le parole si trasformano in germogli, perché dal Papa non si viene solo interpellati ma anche invitati ad agire, a mettersi in discussione, a cam­biare la propria vita, magari proprio là dove in­consciamente la si pensava ormai indiscutibile. Forse è per questo impulso segreto che la stessa sensazione di un dialogo a tu per tu, di quell’e­spressione accogliente e benevola con la quale Francesco guarda capi di Stato e gente comune, si imprime nitidamente anche leggendo le ulti­me due riflessioni di questi giorni: l’omelia nella Messa di ringraziamento per la canonizzazione del gesuita Pietro Favre – figura decisiva per com­prendere Bergoglio – e il lungo resoconto del dia­logo con i superiori delle congregazioni religio­se restituito da padre Antonio Spadaro su Civiltà Cattolica. In entrambi i casi il contesto e gli in­terlocutori potrebbero far pensare a interventi a uso interno del mondo dei religiosi, ma non è co­sì, o almeno non solo. Se la cornice resta impor­tante per non manipolare parole il cui significa­to letterale va rispettato (evitando le operazioni strumentali tentate ieri da qualche agenzia di stampa, e rilanciate da vari organi informativi), gli spunti che il Papa propone hanno a che fare con l’esperienza cristiana di ciascun credente proprio perché partono dall’essenziale: formare il cuore, e non solo al rispetto di un codice di com­portamento, alimentare il desiderio di cose gran­di, non credersi mai 'a posto', sentirsi anzi sem­pre limitati e bisognosi di ricominciare, farsi com­pagni di cammino degli altri, cercare una rispo­sta agli interrogativi della vita non in un cupo monologo interiore ma nella vertiginosa e con­solante apertura della preghiera. L’«inquietudi­ne della ricerca», che nasce dal «pensiero in­completo » e «aperto» a un Dio «che ci sorpren­de senza sosta», garantisce un cuore «sempre in tensione», «che non si adagia, non si chiude in se stesso», non «atrofizzato» ma in continuo movi­mento. Quello che percorre gli insegnamenti di Bergoglio è un dinamismo esigente ma lieto, lo stesso dal quale – in fondo – ci sentiamo istinti­vamente attratti: «Oggi Dio ci chiede questo: di uscire dal nido che ci contiene, per essere invia­ti ». Lo dice ai religiosi, ma alzi la mano chi si sen­te escluso da un simile invito. E ancora, stavolta parlando ai gesuiti: «Bisogna cercare Dio per tro­varlo, e trovarlo per cercarlo ancora e sempre», proprio in quelle «acque profonde» dove Bergo­glio più volte ha chiesto di spingersi.
  Un desiderio senza fine, ecco cosa muove il cre­dente: lo disse Agostino, lo ripete oggi il Papa che ci incoraggia a essere «audaci» e non «mediocri», capaci di «svegliare il mondo», come chiede ai consacrati. La vita di fede alla scuola del Ponte­fice è infatti un nuovo inizio ogni volta che ci si crede arrivati, o si teme di essersi persi, tentati di lasciar perdere: è proprio allora che occorre «pre­gare per desiderare e desiderare per allargare il cuore», evitando che, col tempo e le amarezze, questo diventi «acido come l’aceto». Bisogna chiedersi spesso se si assomiglia a quelli che il Papa definisce cristiani «con uno stile di Quare­sima senza Pasqua». Perché il movimento im­presso da Francesco alla Chiesa passa per la via della «tenerezza, anche una tenerezza materna», criterio per affrontare «sfide nuove che per noi so­no persino difficili da comprendere», come il ca­so dell’annuncio a «ragazzi che hanno i genitori separati», o con situazioni di convivenza anche complesse. A tutti «il Vangelo si annuncia con dolcezza, con fraternità, con amore» e non «con bastonate inquisitorie», mossi piuttosto da «una inquietudine anche apostolica» senza la quale si diventa «sterili».
  Cristiani aperti, vivi, capaci di grandi desideri, e persino di «pazzie». Sospinti da una parola e un sorriso che non permettono di assopirsi.
 

  FRANCESCO OGNIBENE
 

Nessun commento: