venerdì 1 novembre 2013

I Santi sono germi di risurrezione nella cieca passione della storia. Omelia di Don Carlo Venturin

 

Tutti i Santi – 1/11/2013

Ap, 7, 2-4. 9-14                 Lavare le vesti nel sangue dell’Agnello
Salmo 89                             “Benedetto il Signore in eterno”
Rom 8, 28-39                     predestinati come il Figlio, concittadini dei Santi
Mt 5, 1-12                           Santità diffusa, ordinaria, lievito nascosto che trasforma l’ordinario



❶ “Gesù è morto, anzi è risorto… intercede per noi… saremo compartecipi di Lui”. E’ la definizione di Santi per San Paolo.

La Parola ci chiede di vedere i santi di casa nostra, quei volti innumerevoli (“Una moltitudine immensa”), che sono per noi modello di fede, segno di speranza, dono di amore; ci chiede di riconoscere una storia “ALTRA”, costruita da poveri, afflitti, miti, operatori di pace, assetati di giustizia e perseguitati, una moltitudine innumerabile, che, da ogni angolo della terra, si sta silenziosamente radunando per ricomporre l’umanità, Sposa dell’Agnello.
La Parola dà contenuto alla festa, ne spiega il significato, indica come si realizza in pienezza nella storia.
L’Apocalisse nella prima parte rappresenta il mondo, nell’imminenza di una grande devastazione da parte di Angeli; non è la descrizione di tutto il creato: vi sono quelli segnati con il sigillo in fronte, che appartengono a Dio “nostro e vivente”, il Presente, sorgente di vita, in relazione con i “marchiati”. Nella seconda parte lo scenario è il Trono di Dio accanto all’Agnello. Non si parla più di segnati, ma di una moltitudine, che nessuno può contare. Questa folla sterminata appartiene ormai al mondo di Dio: in piedi, la veste bianca (eppure è intinta nel sangue dell’Agnello), le palme di vittoria; è una folla “pasquale”, che ha preso parte alla “grande tribolazione”, ospite di Dio per sempre: “Non avranno più fame, né avranno più sete, non li colpirà il sole, né arsura alcuna”, donne e uomini di ogni razza, lingua e nazione. Adoreranno l’Agnello, il Benedetto in eterno, a cui appartengono i cieli e la terra   (Salmo). Tutti costoro ora sono “più che vincitori”, ormai nessuna condanna, angoscia per l’avvenire, la fame, la nudità, non più come pecore da macello (Paolo).
Le prime due letture sono come una grande vetrata, multicolore, che filtra uno squarcio di cielo.

Per entrare nella realtà divina, filtrata ora da diaframmi quasi opachi, occorre la carta di identità, che permette il lasciapassare nella storia ALTRA. Il testo delle Beatitudini ha come sfondo la GIUSTIZIA, cioè la piena conformazione alla volontà di Dio: “Cercate il Regno di Dio e la sua giustizia”. Gesù indica, si pone come Maestro (si siede come i rabbini) per un insegnamento importante, pubblico, come Mosè sul Monte, parla alle folle e ai discepoli, tutti senza esclusione alcuna (Messaggio universale per tutti i tempi ). Incomincia con un augurio: essere felici, nella prosperità. Tra la prima e l’ultima beatitudine vi è un legame strettissimo:
·      Beati i poveri in spirito                         perché di essi è il Regno dei cieli
·      Beati i perseguitati per la giustizia       perché di essi è il Regno dei cieli
Anche tra la prima e le rimanenti tutte vi è uno stretto legame: “I puri di cuore”, coloro che non hanno idoli, essi vedranno Dio, come affermano Paolo e l’Apocalisse, avranno uno sguardo contemplativo. Mitezza… Misericordia… Pace… Giustizia sono manifestazioni di un cuore depurato; testimoniano gli atteggiamenti di Gesù, descrivono il Figlio di Dio, sono la sua autopresentazione: è mite, umile, povero, assetato di giustizia, puro di cuore, costruttore di pace, perseguitato, insultato, ricompensato con la Risurrezione, per sempre con il Padre.

Questa Parola è giunta a noi attraverso una folla di generazioni, le sorelle e i fratelli defunti, i Santi, i martiri, gli umili, i silenziosi, i discreti, gli schivi, mamme e papà, i lavoratori dei campi e in altri settori, le molte vite giovani spentesi anzitempo, i perdonanti senza precondizioni, i felici per aver compiuto gesti di bontà, le tante professioni caritative e non. Una folla senza numero, che contrasta con i “quattro” che credono di essere padroni del mondo in eterno. La nostra fede ha questa origine, a noi il compito di trasmettere a nostra volta alle generazioni presenti e future. A noi spetta non disperdere la loro eredità morale, ma impreziosire la nostra vita con la nobiltà delle loro scelte, con la linearità della loro condotta, con la preziosità della loro testimonianza, con la ricchezza della loro fede.

A fronte delle notizie drammatiche, che ogni giorno vengono rovesciate su di noi, fatti di sangue e sistemi collaudati di oppressione e sfruttamento, gesti di violenza inaudita, inganni e ruberie, una vera e propria valanga di fango che deturpa e devasta ogni cosa, la santità esiste ancora, la bontà di Dio trova risposta, da tanti, pronti a dare alla loro vita il sapore del Vangelo. La festa dei SANTI apre ai nostri occhi il tesoro prezioso, ridesta la speranza, sprona a percorrere la strada che essi hanno sperimentato come appagante e gratificante.

Don Carlo

 Aforisma di Ognissanti
"Santi felici che avete cenato con la morte, eletta amante di calme, beate alcove".
                                     Valete!
                                      Don Carlo


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