sabato 30 novembre 2013

Omelia di don Carlo Venturin 3^ di Avvento – 1/12/2013:


Isaia 35, 1-10      visione di futuro, perché tutto si ravviva, il nuovo è alle porte, fiorisce il deserto
Salmo 85             “Mostraci, Signore, la tua misericordia e dona la tua salvezza
Rm 11, 25-36      nessuno verrà abbandonato a se stesso, anche Israele sperimenterà il nuovo
Mt 11, 2-15         i dubbi di Giovanni derivanti dal carcere e le risposte chiarificatrici

Perché da soli se si può condividere

( La Domenica del “CHI SEI TU” )


La terza tappa di avvicinamento al Natale di Gesù si incentra sulla figura di Giovanni Battista, con i suoi dubbi, le sue paure, le sue domande, la sua identità descritta da Gesù. Al centro ci sono le risposte con i fatti.
Al Battista, rattristato e confuso, non paiono vere le profezie di Isaia; le sue mani “sono fiacche”, le “sue ginocchia vacillanti”, il suo “cuore smarrito”, la “vendetta” non giunge, il Messia presentato come “l’Agnello di Dio” è mansueto, non brucia gli eretici, non condanna, ma usa misericordia.
Eppure conosceva le profezie di Isaia, il quale scorge un mondo nuovo; sta sorgendo una realtà meravigliosa e inattesa: fiorisce il deserto, la pianura è fertile, gli alberi sono frondosi, sembra una perenne primavera; da tutto ciò la gioia, l’esultanza, le grida di giubilo. Il profeta unito a Dio guarda oltre la realtà dolorosa e assurda, incoraggia a non rassegnarsi di fronte all’apparente trionfo del male. Dio opera la trasformazione delle quattro infermità: ciechi, sordi, muti, zoppi. Chi vede solo la realtà, non ha visioni oltre il proprio naso, solo la cronaca è al centro. Gli orecchi sono tesi solo alle chiacchiere insensate, giudizi dissennati, non aperti alla Parola di Dio; la paralisi blocca ogni movimento, impedisce di camminare verso la terra promessa; il mutismo rende impossibile l’annuncio delle gesta di Dio. Il profeta indirizza il nuovo pellegrinaggio, il nuovo esodo; la via santa è percorribile, al bando la tristezza e il pianto. La meditazione del Salmo è sulla stessa lunghezza d’onda: misericordia, salvezza, pace, amore, verità, giustizia. Paolo rammenta anche che lo stesso popolo di Israele si incamminerà nel nuovo esodo annunciato da Gesù: “essi sono amati a causa dei Padri”, “da lui, per mezzo di lui e per lui” tutto si avvererà.

Il Battista era consapevole di tutto il messaggio profetico. Fin che tutto “filava liscio”, non aveva dubbi di sorta. Ora si trova in carcere, anche se ha una certa possibilità di comunicare con l’esterno: “per mezzo dei suoi discepoli mandò a dirgli”. Oltre a ciò era temuto da Erode, perché il popolo lo teneva in forte considerazione, ma anche perché non si stancava di rimproverargli le sue malefatte.
Nonostante questo, il Battista ha dei dubbi che indeboliscono la sua fiducia. Il Messia da lui annunciato non trovava riscontro in Gesù: troppo mite, stava con i peccatori, non minacciava vendetta, era amico degli ultimi. Agli inviati Gesù si presenta come Messia, l’Atteso, invita il Battista a prendere atto di nuove realtà: le quattro di Isaia più “i morti risuscitano, i lebbrosi sono mondati, ai poveri è annunciata la buona notizia”, non vi è alcun cenno di condanna: i sordi ascoltano la Parola di Dio, gli storpi seguono la via maestra, la lebbra, che significa isolamento, ora è risanata (peccato perdonato), i vivi, che erano “zombi ambulanti”, esistenze fallite, ora sono pieni di vitalità, infine i poveri, che non contano nulla nella società, sono al centro dell’attenzione e della premura di Dio, contano più di tutti gli altri, fu anche l’annuncio a Betlemme per i pastori, i reietti della nazione.

Si potrebbe affermare con una immagine ardita che Gesù-Messia ricrea in sei giorni l’umanità. Il Battista è richiamato a contemplare il nuovo, Gesù conclude la sua risposta in modo sferzante: “beato chi non si scandalizza di me”; egli è aggrappato alle proprie convinzioni religiose, ormai sedimentate, abitudinarie, tradizionali. Così si potrebbe parafrasare: “beato chi accoglie il Messia così com’è, non come si vorrebbe che fosse”. Non degrada Giovanni, anzi ne tesse l’elogio.
Non è un opportunista (“una canna palustre”); è un uomo dalla vita austera, è il più grande di tutti i profeti, è un Angelo, che prepara la via, è il messaggero del nuovo che avanza, Gesù. Egli ha svolto bene la sua missione, indica a tutti il “che cosa fare” (domenica scorsa). E’ la figura che segna il crinale fra due epoche storiche. Il Battista ha condiviso con le folle il messaggio divino, non è rimasto da solo e inoperoso. Gesù non è rimasto appartato, si è coinvolto, “abitò in mezzo all’umanità sfiduciata, acciaccata, inerte”. Le sei categorie riferite a Giovanni, indicano il “che fare” dei credenti.

Il “CHI SEI TU” deve essere l’interrogativo pressante nell’oggi, dentro le realtà in cui si è chiamati a vivere; oltre all’interrogativo ci vuole la risposta personale e comunitaria: vivere e infondere speranza, compiere gesti che Gesù ha presentato come veri, concreti, senza paure e rassegnazioni.

La conclusione:
annunciare la bella notizia del Dio con noi
insegnare i comportamenti coerenti con la fede
esortare a seguire la strada intrapresa, essere pazienti, nonostante le oscurità
accogliere il Dio che sorprende, perché non obbedisce alle nostre logiche
essere messaggeri della misericordia che Cristo ha richiamato nelle sei categorie
                                                    E’ LA NUOVA CREAZIONE



Don Carlo

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