venerdì 8 novembre 2013

Dopo la gaffe di D’Eusanio i disabili trovano spazio in Rai .PUNTATA RIPARATRICE A «LA VITA IN DIRETTA


A casa, a Carugate, Max con il papà Ernesto e una cinquantina di amici, tutti schierati davanti alla tivù. A Roma mamma Ezia, accolta negli studi Rai come in una famiglia allargata: la Vita ieri è tornata in diretta, come recita il titolo della trasmissione, dopo che lunedì pomeriggio un’infelice esternazione della giornalista Alda D’Eusanio l’aveva in un solo minuto oscurata. «Questa non è vita», aveva detto in faccia proprio a Max, che per dieci anni aveva «dormito» in stato vegetativo dopo un incidente d’auto a Ferragosto del 1991, e dopo il risveglio per altri dodici anni (fino a oggi) ha lottato come un atleta per recuperare la parola e il movimento.
  Non la voglia di vivere, perché quella non è mai venuta meno: «Spero che anche chi non ha avuto la mia stessa esperienza di coma – ha scritto di recente in un libro – possa essere felice come lo sono io».
 
A casa, a Carugate, Max con il papà Er­nesto e una cinquantina di amici, tut­ti schierati davanti alla tivù. A Roma mamma Ezia, accolta negli studi Rai come in una famiglia allargata: la Vita ieri è tornata in diretta, come recita il titolo della trasmissione, dopo che lunedì pomeriggio un’infelice ester­nazione della giornalista Alda D’Eusanio l’ave­va in un solo minuto oscurata. «Questa non è vita», aveva detto in faccia proprio a Max, che per dieci anni aveva «dormito» in stato vegeta­tivo dopo un incidente d’auto a Ferragosto del 1991, e dopo il risveglio per altri dodici anni (fi­no a oggi) ha lottato come un atleta per recu­perare la parola e il movimento. Non la voglia di vivere, perché quella non è mai venuta me­no: «Spero che anche chi non ha avuto la mia stessa esperienza di coma – ha scritto di recente in un libro – possa essere felice come lo sono io». Ma per la D’Eusanio lui era forse il prodot­to di un accanimento terapeutico, se gli ha ri­cordato che «quando Dio chiama, l’uomo de­ve andare» e che piuttosto che «essere come lui» meglio è morire...
  Ma questa è storia vecchia, utile solo per de­scrivere il contrasto con la festosa trasmissio­ne creata ieri su Rai1 proprio intorno alla sto­ria di Max, che è studiata in Italia e all’estero co­me esemplare per la neuroscienza. «Mi vedo costretto a buttare via la mia laurea», disse al ri­sveglio di Max il neurologo che dieci anni pri­ma lo aveva dato per «irreversibile», e ieri a «La vita in diretta» un’altra neurologa di fama in­ternazionale, Matilde Leonardi del Besta di Mi­lano, ricordava come la scienza ancora non sap­pia molto di stati vegetativi e di minima co­scienza, e tanto abbia appunto da imparare dalla vicenda di Massimiliano Tresoldi. «Il suo fu un risveglio eccezionale - ha esordito il con­duttore Franco Di Mare - che dimostra come l’affetto di una famiglia e la continua stimola­zione emotiva siano la migliore terapia per que­sti casi, tuttora misteriosi per la medicina. Pur­troppo le migliaia di famiglie italiane che han­no un figlio gravemente disabile come lo era Max sono invece lasciate sole». E proprio per dare un aiuto a queste famiglie era stata con­cepita la trasmissione di lunedì, volta a rac­contare che una speranza c’è sempre e che co­munque, anche senza l’esito felice di un risve­glio, questi sono pazienti vivi, con le loro emo­zioni e sensazioni, vite fragili ma vite, da cura­re e rispettare («nei dieci anni di stato vegeta­tivo io sentivo tutto», testimonia infatti Max).
  «L’ignoranza della materia invece fa sì che i pre­giudizi siano duri a morire - ha sottolineato Ma­tilde Leonardi - e si manifestino in vari modi, che possono essere comportamentali o maga­ri verbali com’è accaduto anche in questa tra­smissione. L’errore di valutazione dei neurolo­gi nella prognosi di questo paziente non è un fallimento della neuroscienza, è il più bel trionfo che si possa immaginare». L’eccezio­nalità della storia di Tresoldi inizia proprio nel­la sua famiglia, che non lo ha ricoverato in un centro di lunga degenza né lo ha mai conside­rato un «malato», ma insieme ai tanti amici del ragazzo ha continuato imperterrita a portarlo allo stadio, in spiaggia, alle feste, persino al ci­nema. «È ciò di cui hanno bisogno queste per­sone cosiddette in “stato di minima coscienza” - ha testimoniato l’esperta - , i progressi della scienza dimostrano infatti che provano emo­zioni, dolore e piacere, serenità o solitudine. Lasciatemi dire che solo le mamme sanno por­tare avanti una lotta come quella di Ezia Tre­soldi, le donne sono sempre le maggiori “care giver”, coloro che nelle case si prendono cura di malati e disabili. La Rai deve trasmettere que­sti messaggi per dare un servizio di vera infor­mazione
 ». «Questo era il nostro obiettivo anche lunedì, siamo rimasti malissimo quando una serie di battute orribili ha vanificato il tutto», ha ri­marcato Franco Di Mare, mandando in onda le reazioni che ebbe Max, con il «pollice verso» a esprimere il suo disaccordo, a dire che la sua era vita vivissima e felice, anche da  Ieri - ha raccontato papà Ernesto - è final­mente tornato a sorridere. Pollice in su, tutto ok.  
 LUCIA BELLASPIGA

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