"La fede non è una bandiera da portarsi in gloria. E', invece, una candela accesa, che si porta in mano, tra pioggia e vento, in una notte d'inverno".
Valete!
Don Carlo
UNA CANDELA TRA PIOGGIA E VENTO
La fede non è una bandiera da portarsi in gloria" ma una candela accesa che si porta in mano tra pioggia e vento in una notte d'inverno" I credenti non devono sentirsi come un esercito di soldati che cammina in trionfo e trae orgoglio e forza dal fatto di formare una schiera numerosa e unita" A Dio non piace di essere amato come gli eserciti amano la vittoria. Sono parole forti, queste, annotate da una scrittrice "laica" come Natalia Ginzburg nel volume Mai devi domandarmi (1970). Certo, importante è la testimonianza ferma davanti «a governatori e re, tribunali e assemblee», come annunciava Gesù, ma con la consapevolezza di essere «pecore in mezzo a lupi» (Matteo 10, 16-18), di costituire non una legione trionfale in marcia («Legione», anzi, è un nome demoniaco secondo Marco 5, 9), bensì «un piccolo gregge», un pugno di sale, un pizzico di lievito, un granello di senape. L'idea del pride, dell'«orgoglio» da ostentare come se si fosse una potenza con cui fare i conti è lontana dalla testimonianza cristiana che non per nulla coincide col «martirio». La croce di Cristo è, certo, un vessillo ma è ben diversa da un labaro imperiale, anche se talora è stata innestata in modo blasfemo sui pennoni degli stendardi da battaglia. La fede è una luce di candela da reggere in mezzo alla pioggia e al buio; è preziosa per non piombare nella tenebra, ma non è uno strumento di assalto per incendiare e incenerire la città. È una voce che chiama a una libera conversione, non è un diktat gelido pronunziato da un generale o da un potente. Come diceva san Pietro, dobbiamo sempre rendere ragione della speranza che è in noi, ma «questo sia fatto con rispetto e dolcezza» (I, 3, 15).
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