La libertà religiosa è colpita quasi ovunque nel mondo, specie a danno dei cristiani, con più livelli di gravità. E con coinvolgente dolore e invito alla solidarietà e alla preghiera Papa Francesco ricorda a noi tutti che in questo nuovo millennio – dopo le grandi persecuzioni dei totalitarismi del Novecento contro ebrei, cattolici e cristiani d’ogni denominazione – c’è un nuovo martirologio, di persone e luoghi, che continua a crescere. Frutto di una globalizzazione violenta.
C’è un buco nero nello jus gentium di oggi.In Europa e in Occidente, invece delle persecuzioni, si sviluppa una strategia ideologica per limitare la presenza cristiana in tanti modi, con l’ostilità all’obiezione di coscienza verso leggi relativiste (in Spagna e Francia è stata negata l’obiezione di giudici e sindaci per le nozze gay), i tentativi di introdurre in atti ufficiali il diritto all’aborto, veri e propri orrori come l’eutanasia di minori malati in Belgio, con leggi e proposte che vogliono cancellare i simboli religiosi, abolire festività cristiane e persino il riposo domenicale che, da Costantino in avanti, scandisce il tempo per dare equilibrio al corpo e allo spirito (e anche questo tema è in cima alle preoccupazioni del Papa, come dimostra anche la telefonata, resa nota ieri a Venezia, che Francesco ha fatto a un bimbo di 7 anni che gli aveva scritto con dolore per il fatto che mamma e papà lavorano in un centro commerciale che resta aperto tutte le domeniche). Diversi episodi di una stessa strategia d’emarginazione della presenza e dei valori cristiani, oggettivamente diretta a chiudere i credenti 'nei confini del tempio', cioè il contrario della libertà religiosa. Se nel nostro Occidente i cristiani devono difendere la propria identità e il ruolo nella società, nel resto del mondo la storia quasi torna indietro, con un martirologio che si dipana giorno dopo giorno, in luoghi conosciuti, o sperduti, dove si uccide, si violenta, si spingono i cristiani a migrare, cancellandone la memoria storica nella terra nativa. Il Papa, ieri, ha parlato soprattutto di Terra Santa. Ma nel suo cuore ci sono tutti i perseguitati. E i lettori di 'Avvenire' conoscono le infinite tappe di un calvario che non ha soste. Ancora si attende giustizia nello Stato di Orissa, nell’India orientale, dove nel 2008 si scatena l’inferno, sono aggrediti villaggi cristiani, con uccisioni, violenze e stupri, decine di migliaia di persone fuggono come profughi in patria. Nella Nigeria degli ultimi anni non si contano più le vittime per assalti alle chiese, anche nella notte di Natale, mentre i fedeli si nascondono per non essere uccisi. Una violenza continua si perpetua da tempo in Iraq, dove i cristiani fanno le spese del più feroce fondamentalismo, con attacchi a luoghi di culto, tra i quali il più cruento e drammatico alla Chiesa di Nostra Signora del perpetuo soccorso nel 2010. La persecuzione prosegue in Pakistan con la recente strage a Peshawar dopo la funzione domenicale, e in Egitto dove l’ostilità islamista fa pagare ai cristiani un prezzo amaro della cosiddetta primavera araba. Infine, il martirio nella cittadina di Sadad in Siria, occupata, lasciata, ripresa da jihadisti che sequestrano, uccidono, gettano in fosse comuni. Ogni giorno, altri luoghi e martiri ci dicono che si soffre, si muore per la fede in Gesù. Nessun cristiano ha fatto alcunché, nessuna comunità s’è macchiata di colpe, neanche minime. Sono uccisi in quanto cristiani, in India perché il loro fare del bene senza distinzione di casta suscita astio, in Medio Oriente perché sono facili da colpire, abbandonati dalla politica, dalle forze occidentali, dalla polizia locale. Ecco, nel mondo di oggi i cristiani sono bersagli facili. Quando nelle nostre scuole si ricordano le antiche persecuzioni, pensiamo siano il frutto di un’epoca dura, aspra, che precede la civilizzazione. Oggi ci chiediamo perché nell’era dei diritti umani i cristiani sono colpiti come venti secoli addietro, con eguale ferocia, e senza alcuna seria reazione dei grandi della terra. La preghiera e la protesta si è levata spesso dalla Cattedra di Pietro, altre autorità di Chiese cristiane denunciano quanto avviene, ma la loro voce sembra perdersi in un mondo distratto. Le cancellerie fanno qualche passo, l’Europa ha sottoscritto documenti importanti, come la Risoluzione del Parlamento di Strasburgo del 20 gennaio 2011, i governi italiani hanno fatto qualcosa di più. Ma poi torna un silenzio che certifica generale impotenza e persino disinteresse. Le Carte internazionali parlano di «libertà religiosa», ma non esiste una Convenzione specifica e solenne su questo diritto, ritenuto tra i primi dei diritti dell’uomo. A ostacolarla sono le divergenze tra Stati, e religioni, sui suoi contenuti, il diritto di cambiare religione, diffondere il proprio credo, avere libertà di parola e d’azione. Non è indifferente che esista o meno una Convenzione sulla libertà religiosa, perché essa definisce contenuti del diritto, obblighi di Stati e pubbliche istituzioni, attiva organismi con poteri ispettivi e di intervento, prevede sanzioni per le gravi violazioni. L’esistenza di una Convenzione non risolve tutti i problemi, non pone fine d’un tratto alle persecuzioni, ma certamente, se non si fa nulla, la «libertà religiosa» rischia d’essere una terra di nessuno nella quale, drammaticamente, può ancora accadere di tutto. Carlo Cardia |
venerdì 22 novembre 2013
L’INFINITO MARTIRIO - PERSECUZIONI E TROPPI SILENZI
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