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dopo la Dedicazione – 3/11/2013
Isaia 25, 6-10 la visione finale della storia umana, la
grande festa
Salmo 36 “Quanto è prezioso il tuo amore, o Dio”
Rom 4, 18-25 La fede di Abramo, saldo nella speranza
contro ogni speranza
Mt 22, 1-14 Quando pretendiamo di escludere qualcuno,
escludiamo noi stessi
Andare
a nozze
❶
L’invito-comando di Gesù di andare sino ai confini della terra (domenica scorsa),
garantendo la sua presenza, oggi viene presentato sotto un’altra forma: il mondo intero come pranzo di nozze
del Figlio del Re e tutti invitati, tranne chi si autoesclude.
❷ Quella
narrata è una delle ultime parabole riguardanti il Regno di Dio in forma di “Pranzo di nozze”,
una grande festa, non solo nell’eternità, ma nel quotidiano, nelle relazioni,
nel tempo, nei consumi e nel possesso dei beni: vivere la solidarietà con gli
altri (la Carità) e con il mondo-campo-creato; al pranzo “BUONI E CATTIVI”,
l’inclusione, non l’esclusione.
❸ Gesù
è nel Tempio, si rivolge agli Scribi e ai Farisei, che
conoscono i Profeti e il racconto di Isaia,
la confluenza di tutti i popoli sul monte per il “banchetto di grasse vivande… di
vini eccellenti, di cibi succulenti”. Una grande festa di trasparenza (“strapperà
il velo… la coltre distesa… eliminerà la morte… asciugherà le lacrime di ogni
volto”). Il Salmo commenta il grande
amore di Dio per tutti: “Uomini e bestie tu salvi, Signore… le creature si
rifugiano all’ombra delle sue ali… perché prezioso è il tuo amore”. I suoi
ascoltatori erano coscienti delle immagini bibliche, perciò Gesù nella sua
parabola allude ai Salmi e ai Profeti, non ci possono essere fraintendimenti:
ogni frase, ogni immagine, ogni riferimento della parabola vengono compresi
dagli ascoltatori.
Matteo,
raccontando ai suoi lettori il pranzo di nozze, ha presente gli eventi passati
di Gerusalemme, la sua distruzione nel 70 a opera dei Romani, truppe di
occupazione, l’incendio, la razzia. Così si possono comprendere le immagini
crude: “Mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme
quelle città”, gli ex invitati “presero i suoi servi, li insultarono, e li
uccisero”. I primi invitati non si comportano come Abramo, ospitale con i viandanti, offre il pranzo per loro, aperto
alla speranza, contro ogni evidenza, “rafforzò la sua fede” per essere modello
“anche per noi” (Paolo).
❹ In
questo contesto Gesù si rivolge agli ascoltatori di ogni tempo, ai
capi dei Sacerdoti , che poco prima avevano complottato contro di Lui. Narra le
nozze del Figlio, che nel racconto subito scompare, il protagonista unico è il
Re. Nella parabole per sette volte vi è il verbo “CHIAMARE-INVITARE”,
invito respinto da alcuni e accolto da altri. Il Re organizza il Banchetto, Lui
passa a “vedere” personalmente i commensali e nota chi è privo della veste nuziale
(colui che è presente come “scroccone”, come infiltrato, come un approfittatore,
non interessato alla festa). Nel tempo della Chiesa ci possono essere
cristiani, entrati in relazione con lo sposo, che tuttavia mantengono usi e
costumi, atteggiamenti e convinzioni che niente hanno a che fare con il
messaggio evangelico.
L’invito dai primi commensali non è accolto come
opportunità, ma come un ingombrante fardello, un disturbo; noi abbiamo ben
altre incombenze: gli affari, il Messaggio è una cosa, la mia vita è intessuta
di altre preoccupazioni.
❺ Da
questo momento l’invito è rivolto ad altri “BUONI e CATTIVI”.
Luca, raccontando la stessa parabola, dà contenuto preciso: poveri, storpi,
zoppi, . E’ “il campo-mondo”, Dio non esclude nessuno, i chiamati, anche se
pochi “eletti “ rispondono.
Il
messaggio pieno di complicanze: il Re della parabola è Dio? Si indigna, ammassa le truppe,
uccide gli assassini dei servi, incendia le città, scaccia il malcapitato,
legato mani e piedi, nelle tenebre fra pianti e stridori di denti; del figlio
si accenna solo all’inizio, può essere il figlio di Dio? Ma l’immagine del
pranzo conviviale è segno di amicizia, di dialogo, di intimità e questo per
tutti; è simbolo dell’Eucaristia e indicazione per come essere nel Campo-Mondo.
❻ Di
fronte al banchetto offerto le reazioni sono contrastanti: si è
disponibili o no, si è occupati altrove, il pranzo è una incombenza noiosa, si
subisce e poi si continua nei propri interessi, alienandosi dagli altri
commensali; forse anche alla Messa si è come al “fast-food”, che rovina stomaco
e relazioni umane. Per chi è coinvolto realmente il pranzo è l’invito-comando a
passare dalla convivialità delle differenze, alla non ostilità delle
differenze, alla ricchezza delle diversità.
La
religione cristiana è celebrazione di una festa a cui
tutti sono invitati: i superficiali, gli affogati nelle banalità, i violenti, i
derelitti, gli abbandonati ai crocicchi delle strade.
Il
vestito da pranzo indica la nostra mentalità, esprime la nostra fede,
manifesta i nostri gusti.
Il
banchetto
è il più alto simbolo: ha la capacità
di dire e di dare il senso profondo delle relazioni umane per generare
solidarietà – inclusione – accoglienza.
Il Figlio di Dio ci rende protagonisti con le sue vivande,
diventiamo persone che si liberano e non
“Liberatori”, che poi chiedono il
conto.
Don Carlo
Di fronte a Gesù gli uomini si dividono. Per questo Matteo mette
l’accento sull’abito nuziale inteso come compimento della giustizia.
Questa è l’autentica risposta dell’uomo.
Il regno è un dono: ad esso si è chiamati e per esso si è eletti.
Ma tra chiamata ed elezione sta il tempo della prova, il nostro
tempo e colui che è fatto destinatario di tale dono deve dare
una risposta adeguata.
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