lunedì 11 novembre 2013

Omelia di Don Carlo Venturin Nostro Signore Gesù Cristo, Re dell’universo – 10/11/2013

Nostro Signore Gesù Cristo, Re dell’universo – 10/11/2013

Daniele 7, 9-10. 13-14    per tutto il Tempo e per tutti i popoli
Salmo 110                           “Tu sei mio Figlio, io oggi ti ho generato
1Cor 15, 20-26.28             in Cristo tutti ricevono vita
Mt 25, 31-46                      Al Figlio Dio ha affidato ogni giudizio

                               Se si aspira al futuro è perché da esso si proviene: il PARADISO

L’anno della Chiesa si conclude oggi e come ad ogni fine anno si tenta un bilancio, leggendo nello “specchietto retrovisore” del tempo trascorso, se il tragitto ha portato alla meta prefissata, con quali inadempienze, ma anche le soddisfazioni gratificanti. Lo sguardo è bidimensionale: un occhio puntato sul passato e l’altro proteso al futuro (l’Avvento). La Chiesa propone come leggere il tempo trascorso: Cristo, centro del quotidiano vivere, che dona le coordinate del “bene-essere”; anzi diventa il paradigma che ritma il tempo, le scelte, le sconfitte, le difficoltà, i gesti, le attenzioni agli altri: una vita piena.

  Al termine di una tappa, come a quello dell’anno civile, occorre fermarsi, quasi in modo estatico, al presente, cioè al grande affresco che Matteo presenta; egli presuppone anche un altro quadro, sull’altura del Calvario. Il Crocifisso in trono sulla croce: “Ecco il Re dei Giudei”; da essa scaturiscono doni, quasi in eredità: affida alla Madre l’umanità ventura: “Figlio ecco tua madre”, versa dal costato sangue e acqua, elementi vitali dell’esistenza, offre il perdono con la promessa del Paradiso: “Oggi sarai con me in Paradiso”, domanda al Padre di Perdonare: “Padre perdona loro”, regala il suo Spirito: “emise lo Spirito”. E’ ciò che ha compiuto nella sua esistenza terrena: la vista ai ciechi, il pane agli affamati, la vita ai morti, ai lebbrosi la guarigione, agli storpi il camminare diritti, agli esclusi (Zaccheo, la Samaritana, l’adultera, i bambini, gli stranieri, i pubblicani e i peccatori…) l’inclusione: “di essi è il Regno dei cieli”.

  L’affresco delle letture è di una vivacità sorprendente, con colori e scene vivacissime. Un affresco da sogno in Daniele: troni, un vegliardo, le vesti candide, le vampe di fuoco, le ruote come infuocate, il fiume quasi di lava, “mille migliaia a servizio”, la corte, i libri aperti, “Uno simile a un Figlio dell’Uomo, dotato di poteri e di gloria”, “del regno che non sarà mai distrutto” e “sarà giudice fra le genti”, sedendo alla destra del Vegliardo (Salmo).
Paolo conduce i lettori dentro la realtà sperimentata: Da quel “Figlio dell’Uomo tutti riceveranno la vita”, tutti i nemici scompariranno, da ultimo anche la morte, il nemico più terrificante per l’umanità e il mondo, in cui essa è chiamata ad esistere, “perché Dio sia tutto in tutti”: sono i cieli nuovi e la terra nuova, la palingenesi = nuova creazione, che non avrà tramonto.

  Lo sguardo al presente è richiamato da Matteo, in una istantanea. Vi è il “GIUDICE” in trono, con la sua gloria, con tutti i popoli che lo circondano, con i suoi angeli, ministri-servitori, pronti ai suoi comandi. Matteo rilegge la Visione di Daniele, con la “griglia” di giudizio. Da qui lo sguardo retrospettivo degli attori-lettori del suo Vangelo. Quasi uno specchio delle vicende umane, personali e collettive. Molti artisti di ogni genere hanno descritto “questo attimo fermo”: i mosaici di Ravenna e di Monreale, le Chiese rupestri, le tante cappelle con la “danza della morte”, il Caravaggio che a Napoli dipinge le opere di misericordia, il Giudizio Universale di Michelangelo nella Cappella Sistina. Quanto Gesù nella Parabola del seme buono e della zizzania aveva preannunciato, ora si avvera, la separazione viene eseguita, la carta “di identità”, cioè gesti, parole, azioni, stragi, villanie perpetrate a danno delle creature, è esibita. Ora il Re prende atto di ciò che si è; il tempo della misericordia è terminato, i doni e i talenti vengono presentati, da essi dipende tutta l’eternità.

  Nel Paradiso non ci sono “lobby” di potere, ma quelle dei senza-potere, quelli descritti dalle Beatitudini, quelli che hanno compiuto opere di misericordia, senza discriminazioni di razza, di lingua, di nazione, di sesso, di posizione sociale, “i non raccomandati”: “VENITE BENEDETTI”, “andate maledetti”. Matteo presenta l’istantanea del Paradiso, che è eternità.
La condanna dipende dalla “omissione di soccorso”, l’accoglienza benedicente dal soccorso prestato “con le bende negli occhi”, senza pregiudizi e discriminazioni. Le relazioni umane, globali, cioè con tutto il creato, per il credente riguardano il rapporto con “il Figlio dell’Uomo”, che si è identificato con il povero, l’affamato, il carcerato, il nudo, l’assetato, lo straniero, il malato, senza identità. Un missionario ha raccontato che una mamma, con un piccino in braccio, andò a chiedergli un po’ di cibo e disse: “padre, quanto è brutto  quando ho fame nel mio stomaco, ma è più brutto quando ho fame nello stomaco del mio bambino”. L’amore di una mamma rende comprensibile questa affermazione. Il rapporto di Gesù con i senza identità è simile: il Risorto li ama talmente che le sofferenze e le umiliazioni che cadono su di loro egli le sente come sue. Per questo Gesù rimane in agonia, fino a quando una persona sarà in agonia.

  La domanda che rivolgono a Gesù, che forse è anche la nostra, i presenti al Giudizio finale: “Signore, quando ti abbiamo visto…”, ha la risposta: “Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi, l’avete fatto a me”. Per dire che Cristo continua a regnare nella storia, assumendo il volto di tutti i sofferenti e i bisognosi.

  In tempi di crisi è sempre difficile accorgersi e riconoscere il dinamismo, che ha origine da Gesù, che si è identificato a tal punto da commuoversi per le fragilità e i fallimenti: ma lui è “Il buon Samaritano”. Ecco il giorno propizio per la Caritas e per la nostra partecipazione: Questa è la Comunione.


Don Carlo


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