giovedì 1 maggio 2014
«Così Wojtyla morendo ha svegliato la mia fede»
La storia di Benedetta: quella sera del 2005 mi ha liberato dalla rabbia e dal rancore
Da piccola perde il papà e la nonna e si allontana dalla religione e dalla Chiesa. «Guardavo e non capivo.
Vedevo migliaia di pellegrini in piazza. Mi sembrò un’esagerazione. Ma la sera del 2 aprile scoppiai in un pianto disperato davanti alla televisione»
La 'conversione' di Benedetta inizia il giorno della morte di Giovanni Paolo II. Soffocata dal senso di vuoto per aver perso suo padre e sua nonna quando era poco più che una bambina, arrabbiata con Dio, a cui dava la colpa di tutta la sua sofferenza, viveva completamente distaccata dalla Chiesa e dalla religione. Ma in quei primi giorni di aprile del 2005, quel Papa ammalato che appare in televisione la incuriosisce.
«Guardavo e non capivo – racconta la ragazza livornese – vedevo migliaia di pellegrini in piazza San Pietro, in attesa di conoscere le condizioni del Papa. Ma perché tutta quella gente attorno ad un vecchio? Mi sembrava decisamente un’esagerazione, invece non mi accorgevo che Karol, a modo suo, stava già incrinando il mio muro di false certezze». «La sera del 2 aprile ero di nuovo davanti alla tv – continua – cercando di mascherare una certa inquietudine. Verso le 21 e 45 un’agenzia comunicò la morte del Papa. Ricordo di essermi aggrappata inconsciamente all’ultimo filo di speranza, ma quando monsignor Sandri, in lacrime, dette l’annuncio, ecco, in quel momento ricordo soltanto come lo scoppio di una bomba, la cui onda d’urto mi prese in pieno: cominciai a piangere, così come non avevo mai pianto in vita mia. Provai un dolore infinito; piangevo e senza più difese mi davo della stupida perché il cuore aveva già intuito ciò che la ragione non spiegava: Dio esisteva e non era quel burattinaio senza scrupoli che mi ero figurata per tutto quel tempo. È stato come se Karol mi avesse abbracciato e mi avesse detto di buttar via tutta la rabbia, il rancore che mi avevano avvelenato la vita fino a quel momento. Ho continuato a piangere per quasi tutta la notte, liberando finalmente il cuore e l’anima». Dopo aver seguito i funerali di papa Wojtyla l’8 aprile 2005, quella sera stessa Benedetta prende carta e penna e inizia a scrivere una lettera a Giovanni Paolo II, come si fa con una persona cara, ma soprattutto viva. Gli racconta la sua sofferenza e la voglia di cambiare e gli chiede aiuto per affrontare le difficoltà. Poi spedisce la lettera alla Congregazione delle cause dei santi; la rivista Totus Tuus , la pubblica. In seguito, quella sua lettera viene ripresa dal vaticanista Andrea Tornielli nel suo libro Santo subito! , e nel libro di Aleksandra ZapotocznyVivi dentro di noi. «È stato – sottolinea Benedetta – come se, una volta di più, Karol mi avesse assicurato che il nostro era un legame veramente speciale. Se mi sento un miracolata? Ho imparato che, tecnicamente, quanto mi è successo viene definito una grazia: tramite Karol ho avuto realmente una nuova vita». (avvenire.it)
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