venerdì 16 maggio 2014

Le nuove ignoranze figlie dell'egoismo

​In tutto l’Occidente non sono poche le preoccupazioni per quanto avviene in Ucraina e negli Stati Uniti c’è chi addirittura ha ipotizzato la possibilità di un intervento militare. Tuttavia, quando agli americani più propensi a un’azione Usa si è chiesto di indicare su un mappamondo dove fosse mai l’Ucraina, solo il 16 per cento l’ha messa al posto giusto. Del restante 84 chi l’ha piazzata in Portogallo, chi nel Sudan, chi in Kazakistan, chi in Alaska. Notevoli inconsapevolezze geografiche, dunque, si registrano tra chi vive sotto il cielo a stelle e strisce, ma stiamo attenti a sorriderne. Messi male gli americani con la geografia, noi non siamo certo messi bene con la storia se a inizio anno tre concorrenti del programma di Raiuno, "L’eredità", hanno creduto di dover fissare l’ascesa di Hitler al potere chi nel 1949, chi nel 1964 e chi nel 1979 prima che il quarto concorrente si arrendesse al 1933, l’ultimo anno indicato. Non si è lasciato sfuggire l’episodio Umberto Eco che ha scritto essere ormai il passato una «nebulosa indistinta» e la seconda guerra mondiale non meno lontana della scoperta dell’America.

Pesano le grandi "ignoranze" sul destino delle nazioni, specie di quelle più deboli. E se, come risulta da una recente indagine Ocse, «solo il 20% della popolazione adulta italiana è in grado di ben orientarsi nella vita contemporanea», ciò vuol dire che l’80% della nostra società è paralizzato da incompetenze più o meno acute. Vero è che nel 1861 l’analfabetismo in Italia era vicino all’80% contro un quasi 3% di oggi, ma con otto italiani su dieci che s’informano solo attraverso la televisione, ignorando libri e giornali, c’è poco da festeggiare. Da chiedersi, di fronte ai tanti dati sconsolanti che ci condannano agli ultimi posti, quanto le nostre ignoranze assortite siano palpabili nella vita di tutti i giorni. Molto, viene da dire guardando al disinteresse umano che ci circonda soprattutto nelle città più grandi. E alla maleducazione, sempre pronta a esplodere. 

All’indifferenza, alle insensibilità. Sarà perché viviamo in una società multietnica di cui diffidiamo, ma per tanti quello di farsi i fatti propri resta un imperativo inoppugnabile. Ignoranza, sicché, non è solo ignorare chi era Carlo Magno e qual è la capitale dell’Ucraina. Dall’ignoranza discendono diffidenze, volgarità, arroganze, per non parlare di certe nostre ancestrali furbizie scambiate per intelligenza. E fabbricatori di ignoranze si stanno rivelando purtroppo anche i social network tutte le (troppe) volte che sono usati come clave. Quanto a Internet, dove basta  un clic per avere a disposizione il retto e il verso dello scibile, dovrebbe essere un gran calmieratore di ignoranza e invece non lo è. Come mai non lo è? Molto probabilmente perché l’ansia, l’ingordigia, la bramosia d’informazione vellicate di continuo dallo smisurato succedersi di notiziari e affini, hanno abbattuto la voglia di conoscenze autentiche portando alla diffusa convinzione che essere informati da più parti sia lo stesso che sapere tante cose. Quanto all’apprendere, il facile ricorso all’enciclopedismo on line sembra aver reso inutile la fatica della ricerca, in questo modo escludendo il bisogno di ogni sudata, meritoria acquisizione.

Il relativismo, infine. Come non si vuole che esista una morale che valga per tutti, allo stesso modo si rifiuta una cultura di base. Non si sa dov’è l’Ucraina? Si vive lo stesso. Non si sa quando e come e perché sia scoppiata la seconda guerra mondiale? Si vive lo stesso. Non so niente del passato del mio Paese ma vivo lo stesso perché, a ben guardare, nessuno sa tutto di tutto, dopodiché anche le mie ignoranze sono relative. Trionfa anche qui quel relativismo assoluto non a caso tanto combattuto da Benedetto XVI che porta a vivere come se altre verità non contassero più delle mie. Altri saperi più dei miei. Altre idee più delle mie. In un egoismo e un’ignoranza perfetti. Abbiamo bisogno più che mai di persone davvero vive, che non si arrendono a questa nebbia e a queste pigrizie.

Giorgio De Simone

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