giovedì 8 maggio 2014

«Davanti all’Amore crocifisso, pieni di gratitudine, vogliamo professare la nostra fede»

piazza duomo 8 maggio
scola piazza duomoscola piazza duomoscola piazza duomo
Una grande folla, composta da 40 mila persone, riunita «nella piazza che è il cuore della nostra città, emblema del Campo che è il mondo», venuta, come quella di duemila anni fa, «a vedere l’inaudito spettacolo di amore che si consuma per noi». Le parole e la preghiera dell’Arcivescovo, cardinale Angelo Scola (in allegato nel box a fianco), con la professione corale della fede e il canto assembleare del Regina Coeli hanno concluso la grande serata di piazza Duomo nella quale è culminata la Professio fidei della Chiesa ambrosiana. Un’ora e mezza di canti, musica e parole intorno alla Croce di San Carlo con la reliquia del Santo Chiodo, simbolo dell’amore incondizionato che si spinge fino all’estremo sacrificio: tutto questo racchiuso in “Venite a vedere questo spettacolo”, moderno dramma sacro che ha unito musica, teatro, danza, testimonianze e preghiere.
Nel suo intervento il cardinale Scola si è rivolto di volta in volta alla Croce e all’assemblea. Ha ricordato che la Croce fu portata da «San Carlo nel 1576, quando Milano agonizzava sotto i colpi della peste», dal cardinale Martini «per implorare la guarigione della città dalle piaghe della violenza, della solitudine, della corruzione» e dal cardinale Tettamanzi «nelle 7 Zone della nostra ampia Diocesi». E oggi «l’abbiamo portata qui perché ci ripeta il suo annuncio potente: nelle piaghe di Gesù sono custodite e sanate tutte le nostre ferite: quelle inferte alla vita e alla famiglia, alla innocenza dei bambini, alla speranza dei giovani, ai diritti dei lavoratori e alla dignità delle donne, alla giustizia, alla pace e alla libertà delle persone e dei popoli». Con uno scopo: «Davanti all’Amore crocifisso, pieni di gratitudine, vogliamo professare la nostra fede». E in conclusione, invitando tutti alla Professione di fede, ha ribadito: «In questo fiume di grazia che è la storia cristiana noi siamo l’ultimo anello della ininterrotta catena delle generazioni. Risalendo di figlio in padre, custoditi dalla schiera innumerevole dei Santi (e ha ricordato, oltre a Sant’Ambrogio e San Carlo, i nuovi Santi Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, ndr)possiamo risalire fino agli apostoli».
La serata - diretta dal regista Andrea Chiodi e presentata dal giornalista e conduttore televisivo Massimo Bernardini - è ruotata attorno alla lettura di alcuni passi della Passione secondo Luca, da cui è stato tratto lo stesso titolo dell'evento. A ogni quadro evangelico è stata affiancata una testimonianza artistica e culturale. Lo scrittore Luca Doninelli ha collocato la Croce di San Carlo e la reliquia del Santo Chiodo nella vita della Chiesa ambrosiana, mentre il critico d’arte Philippe Daverio ha illustrato come la fede ha modellato la città e il territorio. Gli attori Massimo Popolizio e Pamela Villoresi, coadiuvati da altri giovani interpreti, hanno letto brani di Alessandro Manzoni e Giovanni Testori. Gemma Capra Calabresi, vedova del commissario assassinato nel 1972, intervistata dal giornalista de La Stampa Michele Brambilla, ha raccontato come la fede le abbia permesso di vivere l’esperienza autentica del perdono verso chi le ha ucciso il marito. Il cantautore Davide Van De Sfroos, con la sua Ninna nanna del cuntrabandier, ha invece dato voce alla preghiera di uno “spallone”, che in una vita vissuta tra bene e male affida se stesso e i propri cari al Crocifisso. photo  https://www.youtube.com/watch?v=7iePRRXmCPg
Vittorio Grigòlo, tra i più affermati tenori della scena lirica internazionale, ha interpretato l’Ave Maria di Franz Schubert e, in duetto col cantautore Marco Sbarbati, l’Halleluja di Leonard Cohen. FuturOrchestra e il coro Hebel, voluti dal maestro Claudio Abbado, diretti dal maestro Alessandro Cadario e accompagnati dalla soprano Ivanna Speranza, hanno arricchito la serata con interventi musicali di carattere sacro. photoNel finale l'attore Giacomo Poretti ha proposto un dialogo di sua ideazione tra la Madonnina del Duomo e la Croce del Figlio situata poco sotto, sull’abside della Cattedrale. 
Il testo dell’intervento dell’Arcivescovo:

Arcidiocesi di Milano                                                                            Il Campo è il mondo
Vie da percorrere incontro all’umano

Milano, 8 maggio 2014
piazza Duomo ore 21.00

Venite a vedere questo spettacolo
La Croce incontra il mondo dei migranti 

Intervento di S. E. Card. Angelo Scola, Arcivescovo

RIVOLTO AL POPOLO
Questa sera noi siamo qui, raccolti nella piazza che è il cuore della nostra città, emblema del Campo che è il mondo.
Come la folla di duemila anni fa, siamo venuti a vedere l’inaudito spettacolo di amore che si consuma per noi.
«Dolce legno, dolci chiodi, che sostengono il dolce peso del nostro Salvatore»: con queste parole, per secoli, i nostri padri hanno adorato la Croce, fisicamente a noi rappresentata dalla Reliquia del Santo Chiodo che trafisse le mani di Gesù. La portò San Carlo nel 1576, quando Milano agonizzava sotto i colpi della peste. La portò nel 1984, chiudendo l’Anno Santo della Redenzione, il Cardinal Martini per implorare la guarigione della città dalle piaghe della violenza, della solitudine, della corruzione. La portò nelle 7 Zone della nostra ampia Diocesi il Cardinal Tettamanzi.
Dopo aver sostato con la Croce nei luoghi più significativi della vita di Milano l’abbiamo portata qui ora perché ci ripeta il suo annuncio potente: nelle piaghe di Gesù sono custodite e sanate tutte le nostre ferite: quelle inferte alla vita e alla famiglia, alla innocenza dei bambini, alla speranza dei giovani, ai diritti dei lavoratori e alla dignità delle donne, alla giustizia, alla pace e alla libertà delle persone e dei popoli.
Davanti all’Amore crocifisso, pieni di gratitudine, vogliamo professare la nostra fede.

RIVOLTO ALLA CROCE
O Dio, tu sei nostro Padre.
Tu sei all’origine della vita del cosmo e della storia e la guidi fino al suo compimento.
Con amore eterno hai cura di tutte le tue creature e non vuoi che alcuna vada perduta.
Ad ogni uomo Tu hai dato l’esistenza. Nell’esistenza ci mantieni, istante dopo istante.

Noi riconosciamo che è così e ti diciamo grazie.

Il tuo unico Figlio, il Verbo eterno di Dio, si è fatto uomo in Gesù Cristo, nascendo dal grembo di una donna, come ognuno di noi, per rivelarci l’amore.
Ciascuno di noi sarebbe rimasto incomprensibile a se stesso, se Tu non gli fossi venuto incontro.
Tu, o Signore Gesù, non hai distolto il tuo sguardo dal nostro male, neanche da quello più ostinato e violento, ma lo hai caricato sulle tue spalle.
Innocente, ti sei lasciato trattare da peccatore e hai pagato al nostro posto. Continui a farlo in ogni luogo e ogni giorno, fino alla fine del tempo, dando la vita per noi sulla croce di tutti gli altari sparsi nel mondo.
Dalle tue piaghe noi siamo continuamente guariti.
Così lentamente, lasciandoci abbracciare da Te, impariamo a guardare alle nostre ferite e a quelle di tutti i nostri fratelli uomini, certi che Tu le puoi sanare.
Umilmente noi ci lasciamo prendere a servizio da Te e diventiamo strumenti del tuo amore.

Noi riconosciamo che è così e ti diciamo grazie.

Tu sei sceso, Signore, negli abissi più bui della nostra condizione umana per eliminare la distanza che ci separa da Te.
Nell’angoscia della malattia e nell’ombra della morte, nella desolazione dell’abbandono e nella pena dei carcerati, nel dolore innocente e nella folle violenza della guerra, nella muta implorazione dei poveri e nel lamento degli affamati, nel calvario degli esiliati e dei migranti, nella straziante gloria dei martiri.
Tu ci hai raggiunto per renderci partecipi della tua risurrezione. E ad ogni uomo ripeti l’invito rivolto ai tuoi discepoli il mattino di Pasqua: “Non abbiate paura”.

Sei asceso al cielo con il tuo vero corpo, presso il Padre, assicurando questo destino di gloria anche a noi.
Dal cielo, o Gesù, tu tornerai alla fine del tempo, come giudice giusto e misericordioso. La disposizione segreta del cuore di ogni uomo verrà svelata e la sua sete di giustizia sarà finalmente colmata.

Noi riconosciamo che è così e ti diciamo grazie.


Ti riceviamo, o Spirito di Gesù risorto, e ci dissetiamo in Te, sorgente perenne di vita e di novità, forza del presente e del futuro. Tu ci rendi fermi nella fede, audaci nella speranza, instancabili nella carità.

Signore, che prima di tornare al Padre hai detto: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”, Tu sei vivo qui ed ora nella Chiesa, la tua famiglia. Il suo scopo è lasciar trasparire il tuo volto, o Cristo, Luce delle genti. Di ogni uomo e di ogni popolo i cristiani intendono valorizzare esperienza, storia e cultura.

Nel volto dei santi Tu ci mostri che è possibile a tutti essere uomini riusciti, non perché impeccabili, ma perché continuamente riabbracciati dalla tua misericordia.

Noi riconosciamo che è così e ti diciamo grazie.


Nel tuo Spirito noi partecipiamo alla sovrabbondante ricchezza del tuo amore. Egli rende possibile il miracolo dell’unità, tanto desiderato quanto impossibile da ottenere con le sole nostre forze. Lo Spirito vince ogni divisione. Abbraccia ogni diversità trasformandola in ricchezza per la costruzione del tuo Regno.

Santa Trinità, noi ci sappiamo attesi da Te e perdonati. Niente, neanche il nostro peccato, può separarci da Te, se umilmente lo confessiamo.
Santa Trinità, non sei un fortino da espugnare.
Sei una casa piena di porte aperte: noi siamo invitati ad entrare.

Ci hai fatti per Te, Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in Te. Il nostro bisogno di amare e di essere definitivamente amati trova il tuo compimento in Te ora e per sempre. Il rapporto con Te non verrà meno in eterno.

Noi riconosciamo che è così e ti diciamo grazie.


RIVOLTO AL POPOLO

Fratelli e sorelle,

in questo fiume di grazia che è la storia cristiana noi siamo l’ultimo anello della ininterrotta catena delle generazioni. Risalendo di figlio in padre, custoditi dalla schiera innumerevole dei Santi (in particolare questa sera ci piace ricordare, insieme ai nostri Patroni Sant’Ambrogio e San Carlo, i Santi Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II) possiamo risalire fino agli apostoli.

Con le parole della più antica Professione di fede, preghiamo insieme:

Io credo in Dio,
Padre onnipotente,
creatore del cielo e della terra;
e in Gesù Cristo, suo unico figlio,
nostro Signore,
il quale fu concepito di Spirito Santo,
nacque da Maria Vergine,
patì sotto Ponzio Pilato,
fu crocifisso, morì e fu sepolto;
discese agli inferi;
il terzo giorno risuscitò da morte;
salì al cielo, siede alla destra di Dio
Padre onnipotente;
di là verrà a giudicare i vivi e i morti.
Credo nello Spirito Santo,
la Santa Chiesa cattolica,
la comunione dei santi,
la remissione dei peccati,
la risurrezione della carne,
la vita eterna. Amen.

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