giovedì 1 maggio 2014
«Lavoro, nella precarietà seminiamo speranza» Scola alla veglia in Centrale: avanti con l’impegno a favore dell’occupazione
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=11D9RcCXsAs
Una «tragedia», perdere il lavoro: che chiama a «rinsaldare le fila della fraternità». L’arcivescovo ha chiesto di sostenere tutte le esperienze nello «stile» della fase due del Fondo famiglia lavoro: come quelle presentate ieri sera
Di fronte alla «tragedia» di chi è senza lavoro, «rinsaldiamo le fila della fraternità e della comunione. Seminiamo, nella precarietà, una speranza per noi e per tutti». È l’invito lanciato dal cardinale Angelo Scola al termine della «veglia di preghiera per il lavoro» promossa dalla diocesi e svoltasi ieri sera nella «Galleria delle carrozze» della Stazione Centrale. Un invito accompagnato dalla sollecitazione – rivolta alla comunità cristiana in tutte le sue articolazioni – a proseguire con le esperienze di sostegno a chi è rimasto senza lavoro e senza reddito, per sé e per la propria famiglia, come quelle presentate ieri sera durante la veglia. Esperienze – ha sottolineato l’arcivescovo – secondo lo stile della «fase due» del Fondo famiglia lavoro voluto dal cardinale Dionigi Tettamanzi e rilanciato dal cardinale Scola: dunque, nel segno della solidarietà, della mutualità, della formazione, del microcredito, aperti alla collaborazione con tutte le realtà del territorio.
«Lavorare stanca», scriveva Cesare Pavese. Oggi – in questi anni di crisi economica e di lavoro precario, fragile, o del tutto svanito e introvabile, mentre sempre più famiglie scivolano nella povertà e nella disperazione – si è costretti a scrivere che «non lavorare stanca». Proprio così, Non lavorare stanca , s’intitolava la veglia promossa dalla diocesi alla vigilia del Primo Maggio che ha richiamato centinaia di persone in Stazione Centrale. Nella serata s’intrecciano Parola di Dio e parole dell’uomo, il magistero ecclesiastico (a partire dalla Evangelii gaudium di papa Francesco), i testi di autori come Mark Twain, Edoardo Erba, Mario Benedetti. Cuore dell’incontro, l’episodio evangelico (letto da monsignor Fabiano Longoni, direttore dell’Ufficio nazionale Cei per i problemi sociali e il lavoro) della pesca miracolosa in cui Gesù chiede a Simone e ai suoi compagni di gettare di nuovo le reti in mare dopo una lunga notte di infruttuosi tentativi. La stessa situazione di tante persone – giovani e non, italiani e stranieri – che dopo aver dato sempre il meglio di sé, dopo aver mandato cento curriculum, si trovano ancora senza lavoro. Valore aggiunto della serata, le testimonianze di quelle realtà concretamente al fianco di chi è senza lavoro: l’«Alveare», esperienza sorta in seno alla parrocchia Santa Maria Annunciata in Chiesa Rossa; il progetto «Lavoro e solidarietà» della San Vincenzo di Sesto San Giovanni; l’esperienza di «Rete Manager»; il progetto «Mind. Mettiamo insieme i nostri destini» della Comunità pastorale Santa Teresa di Gesù Bambino di Desio; l’iniziativa «La Comunità al lavoro» che a Cinisello unisce l’impegno di parrocchie, Comune e cooperative sociali. Tutte queste esperienze, ha sottolineato Scola, sono un «germe di speranza», sono «il segno che la ripresa è in atto e il cambiamento è possibile».
Cambiamento di strutture, di istituzioni, di sistema. Ma il primo cambiamento è personale. «Fra noi stasera – riprende Scola – ci sono fratelli senza lavoro. Hanno bisogno di una solidarietà non formale, ma che nasce dal nostro cambiamento, perché è questo che genera speranza». «La precarietà è ancora tanta», riconosce l’arcivescovo. E ancora drammaticamente vive le cause del «travaglio » di questo inizio di millennio, che stanno generando problemi nuovi come «l’individualismo iper-narcisista» di questa fase storica. Ebbene: questo ritrovarsi, questo «essere qui alle porte della metropoli», sia «germe di speranza concreta ». Che come cristiani siamo chiamati a coltivare, quali testimoni di quel Dio «che ha voluto aver bisogno degli uomini». Come testimoni del Risorto che non ci abbandona mai. LORENZO ROSOLI
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