A 13 anni Susanna Pagani non sa quasi chi è Gesù e cosa sia la Chiesa. È appena arrivata a Milano dall’Argentina, dove i genitori erano emigrati. La mandano a scuola dalle Orsoline, dove conosce suor Teresa. Quell’incontro, a quarant’anni di distanza, è impresso nel cuore. «Sprizzava gioia, fede ed energia. Ho scoperto Gesù. È stata la prima volta che Lui è venuto a cercarmi». E inizia a seguirLo. Conosce gli universitari della Fuci, con loro fa un’esperienza di caritativa. Le piace stare con loro, ma sono più grandi e poi le sembra che qualcosa manchi. Finite le medie, Susanna che ha talento nel disegno e passione per la moda si iscrive all’Istituto di moda Marangoni. È sempre alala ricerca di un luogo dove continuare a vivere quell’esperienza di fede così affascinante. Finché un giorno, una amica la porta in uno scantinato dove conosce quelli di Cll. Comincia a frequentarli. A 18 anni lavora in un casa editrice: è brava, simpatica, ha tanti amici, qualcuno di lei si innamora. Tutto normale, ma «io cercavo qualcosa d’altro. Intuivo che il Signore voleva me. Non è stato facile ho lottato fino all’ultimo per digli no. C’era il mio lavoro, la passione per la moda. Quale strada imboccare?». Già, ma era quello il problema: la strada? Con don Ferdinando Tagliabue, responsabile della comunità del movimento della sua zona ed altri amici conosce le suore di clausura di Vitorchiano e le Suore dell’Assunzione a Milano. «Don Ferdinando ci portava a incontrare queste realtà vocazionali. Ma a me veniva l’angoscia perché pensavo: così non potrei mai vestirmi!». Casualmente su una rivista legge delle Piccole Sorelle di Charles de Foucauld. «Ecco, mi sembrava che quella invece poteva essere la mia strada». Ne parla con Ferdinando e il giorno dopo sono ad Assisi a conoscerle. Cominci la verifica. Sembra tutto a posto. È pronta a entrare. Fino a quando a Roma un’amica, che prima di lei era entrata nelle Piccole Sorelle per la verifica, le dice: «Susy, stiamo sbagliando tutto. Il punto non è la forma, ma la verginità». È uno scossone. «Non dovevo cercare la forma adeguata che mi corrispondesse, ma volere Gesù. Ritornare a quell’incontro e amarlo. Lui avrebbe fatto tutto».
Rientrata a Milano, chiama don Giussani. Cominciano a vedersi. Non le dice mai cosa scegliere, ma di guardare cosa cerca il suo cuore, di prendere in considerazione ad esempio che lei ama tantissimo il suo lavoro. «È stata una liberazione. Gesù voleva la Susy con il suo talento, la sua passione. Giussani diceva: “Cristo c’entra con qualunque tipo di lavoro”».
A 24 anni entra nei Memores Domini nella casa di Gudo Gambaredo. Il primo anno è tragico. Da fuori sembrava una realtà così affascinante e invece «quando sei dentro ti accorgi della diversità tua e di chi ti sta attorno». A questo si aggiungono dei forti dolori allo stomaco che una settimana al mese la inchiodano a letto. «Dopo vari esami si capì che erano i sintomi di un’appendicite. Ma quei giorni di fermo obbligato sono stati un dono del Signore. Ho cominciato ad andare al fondo del perché ero lì. Don Giussani mi diceva di pregare la Madonna, di offrire chiedendo la fede e l’affezione a Cristo. Qualcosa si è sbloccato. Gesù era diventato sempre più amico. Ho cominciato a vivere la casa non come misura, ma capendo che ogni gesto era per Lui. Tutto è diventato più semplice». In quegli anni Giussani vive a Gudo, la convivenza con lui è strettissima, affascinante, ma anche senza mezzi termini. «Non erano tanto le parole a colpire, quanto vedere come si muoveva, come stava con le persone. La sua disponibilità ad accogliere, ad ascoltare. Non era mai stanco. Capitava che la sera avevi già rigovernato la cucina, tutto era a posto e lui arrivava con un gruppetto che dovevano ancora mangiare. Dovevi ricominciare da capo. E il giorno dopo c’era il lavoro. Ecco, guardare lui in quei momenti faceva immediatamente percepire che davvero è un Altro che fa. Osmoticamente qualcosa ti passa».
La vita procede. Tutto funziona anche bene. I tasselli sono al loro posto. Finché un giorno, un amico le chiede di aiutare una ragazza che ha problemi familiari e di lavoro. Gliela affida. Il rapporto con lei è intenso a volte drammatico. Non c’è più né notte né giorno. Quando ha bisogno la chiama. Per Susanna, a quasi 50 anni, è un nuovo inizio. Non solo. Il Signore le sta chiedendo qualcosa d’altro. Vicino a Gudo è in ristrutturazione la cascina Santa Marta, dove iniziare un luogo di carità e accoglienza. Chiede a don Giussani di poter entrare anche lei nella casa dei Memores.
Nel 2001, dopo 29 anni a Gudo, si trasferisce. Di colpo dai diciotto con cui era abituata a stare si ritrova a vivere con quattro persone che conosce appena. «Il Signore mi stava riprendendo per mano. Diceva: guarda a me. Sono stati anni di conoscenza, di silenzio, di attaccamento ancora più intenso a Gesù». Finché nel 2005 una sera agli Esercizi don Carrón chiede a lei e alle sue compagne di casa: «Erasmo e Cente Figini hanno bisogno che Maria Grazia li aiuti con i bambini dell’Associazione Cometa accolti dalle loro famiglie. Chi vuole andare?». Susanna alza la mano. Certo, Erasmo è il suo socio nel lavoro, vuol dire non fare più 120 chilometri al giorno. Ma non è questo che le fa dire di sì. «Adesso che potevo andare in pensione il Signore mi chiedeva di iniziare una cosa nuova. Di accoglierlo in una dimensione nuova per certi versi, ma è la stessa esperienza che ho vissuto con Giussani a Gudo. Quell’Amore che a tredici anni mi ha affascinato, e che mi ha riabbracciato nei volti e nei fatti accaduti è ora ancora più essenziale. Perché oggi non ci sono più né “ma“, né “se” o pensieri aggrovigliati. Sai dove andare e ci vai sparato. Così ogni giorno Gesù mi sorprende e mi viene incontro nei bambini di Cometa, nei ragazzi a cui insegno il lavoro, in studio mentre disegno. Oggi la crisi economica mi costringe a cercare nuove strategie di lavoro, nuove strade da intraprendere. Io so bene che inizio una cosa che probabilmente non riuscirò a portare a termine, però non posso tirarmi indietro neanche di un millimetro. Sarebbe venir meno a quell’Amore. Capisco ora le parole di Giussani: “Più andiamo avanti, più diventiamo giovani”. Io questo lo vedo e posso solo darne testimonianza Per questo sono più felice ora». È per questo che le dicono: «Non ti ho mai visto così».
lunedì 10 giugno 2013
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