Un cristiano non usa un “linguaggio socialmente educato”, incline all’ipocrisia, ma si fa portavoce della verità del Vangelo con la stessa trasparenza dei bambini. È l’insegnamento che Papa Francesco ha offerto nell’omelia della Messa celebrata questa mattina a Casa Santa Marta. Con il Pontefice hanno concelebrato il patriarca dei cattolici armeni, Nerses Bedros XIX Tarmouni, mons. Fernando Vianney, vescovo di Kandy nello Sri Lanka, e mons. Jean Luis Brugues della Biblioteca Apostolica Vaticana, accompagnato da un gruppo di collaboratori della struttura. Presenti anche la presidente e il direttore generale della Rai, Anna Maria Tarantola e Luigi Gubitosi, con i loro familiari.
Dai corrotti alla loro lingua preferita: l’ipocrisia. La scena evangelica del tributo a Cesare, e della subdola richiesta dei farisei e degli erodiani a Cristo sulla legittimità di quel tributo, fornisce a Papa Francesco una riflessione in stretta continuità con l’omelia di ieri. L’intenzione con cui si avvicinano Gesù, afferma, è quella di farlo “cadere nella trappola”. La loro domanda se sia lecito o no pagare le tasse a Cesare viene posta – rileva il Papa – “con parole morbide, con parole belle, con parole troppo zuccherate”. “Cercano – soggiunge – di mostrarsi amici”. Ma è tutto falso. Perché, spiega Papa Francesco, “questi non amano la verità” ma soltanto se stessi, “e così cercano di ingannare, di coinvolgere l’altro nella loro menzogna, nella loro bugia. Loro hanno il cuore bugiardo, non possono dire la verità”:
“E’ proprio il linguaggio della corruzione, l’ipocrisia. E quando Gesù parla ai suoi discepoli, dice: ‘Ma il vostro parlare sia ‘Sì, sì! No, no!’. L’ipocrisia non è un linguaggio di verità, perché la verità mai va da sola. Mai! Va sempre con l’amore! Non c’è verità senza amore. L’amore è la prima verità. Se non c’è amore, non c’è verità. Questi vogliono una verità schiava dei propri interessi. C’è un amore, possiamo dire: ma è l’amore di se stessi, l’amore a se stessi. Quell’idolatria narcisista che li porta a tradire gli altri, li porta agli abusi di fiducia”.
Quello che sembra un “linguaggio persuasivo”, insiste Papa Francesco, porta invece “all’errore, alla menzogna”. E, sul filo dell’ironia, osserva che quelli che oggi avvicinano Gesù e “sembrano tanto amabili nel linguaggio, sono gli stessi che andranno giovedì, la sera, a prenderlo nell’Orto degli Ulivi, e venerdì lo porteranno da Pilato”. Invece, Gesù chiede esattamente il contrario a chi lo segue, una lingua “sì, sì, no, no”, una “parola di verità e con amore”:
“E la mitezza che Gesù vuole da noi non ha niente, non ha niente di questa adulazione, con questo modo zuccherato di andare avanti. Niente! La mitezza è semplice; è come quella di un bambino. E un bambino non è ipocrita, perché non è corrotto. Quando Gesù ci dice: ‘Il vostro parlare sia ‘Sì, sì! No, no!’ con anima di bambini, dice il contrario del parlare di questi”.
L’ultima considerazione riguarda quella “certa debolezza interiore”, stimolata dalla “vanità”, per cui, constata Papa Francesco, “ci piace che dicano cose buone di noi”. Questo i “corrotti lo sanno” e "con questo linguaggio cercano di indebolirci”:
“Pensiamo bene oggi: qual è la nostra lingua? Parliamo in verità, con amore, o parliamo un po’ con quel linguaggio sociale di essere educati, anche di dire cose belle, ma che non sentiamo? Che il nostro parlare sia evangelico, fratelli! Poi, questi ipocriti che cominciano con la lusinga, l’adulazione e tutto questo, finiscono, cercando falsi testimoni per accusare chi avevano lusingato. Chiediamo oggi al Signore che il nostro parlare sia il parlare dei semplici, parlare da bambino, parlare da figli di Dio, parlare in verità dall’amore”. http://it.radiovaticana.va
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