domenica 23 giugno 2013
E se la vacanza fosse il tempo della rivoluzione? DALLA CRISI LA SFIDA PER UN SALTO DI QUALITÀ
Chissà, forse, proprio dalle vacanze potrebbe venire la riscossa. Una specie di rivoluzione silenziosa e poco apparente ma decisiva. Si dice: vacanze più povere. Lo scrivono i giornali: metà degli italiani a casa. Insomma, nel Paese dove le ferie sono un rito la guerra sociofinanziaria che va sotto il nome di 'crisi' ha fatto già una vittima: la vacanza come momento in cui togliersi qualche sfizio, in cui regalare alla propria famiglia o a se stessi uno svago in più. Pur se siamo nell’epoca dei viaggi low cost,pare che non siano abbastanza low per il low budget , il poco risparmio di cui moltissimi possono aver disponibilità, dopo mesi di magri incassi, o di indebitamento. E dunque, secondo le stime, i commenti, le statistiche, ci si avvierebbe a un’estate più mesta in quanto più povera e meno splendida. Ma davvero non può che essere così? Non si potrebbe mostrare – ciascuno per sé e tutti insieme, pur senza riunirsi o dividersi in uno o più partiti – che no, non è detto che l’allegria, la bellezza, la dolcezza delle vacanze dipenda da quanto puoi spendere, dalle stelle dell’albergo o della pensione, dei giorni passati via dalla propria città o luogo solito? Sarebbe una specie di rivoluzione, una dimostrazione di forza da gettare in volto a coloro che pensano che un uomo sia contento nella misura in cui ha soldi in tasca. Sappiamo anche noi che c’è qualcosa di vero nel simpatico proverbio messo in bocca a Totò: «I soldi non fanno la felicità, figuriamoci la miseria». Senza perdere dunque l’ironia e il realismo necessario, sappiamo però – come dimostrano gli interventi di molti studiosi e analisti nelle ultime settimane – che questo passaggio epocale non riguarda solo l’organizzazione del mercato finanziario e i suoi riflessi sulla politica, bensì una questione antropologica più vasta e profonda. Lo abbiamo sempre detto e letto su queste colonne che 'crisi' è l’altro nome di una 'guerra' sociale ed economica che sottende questioni enormi che riguardano i mutamenti dell’anima dell’uomo contemporaneo. Ora – e verrebbe da dire: finalmente – in molti toccano la faccia meno evidente del cambio d’epoca e provano a indovinarne i tratti profondi. E dunque chissà che le vacanze, queste 'povere' vacanze in cui ci vorrebbero con le orecchie un po’ basse, non diventino il luogo segreto di una riscossa. Di un rialzamento dei cuori. Di un reilluminarsi dello sguardo. Giorni in cui la ricchezza vera si scopre nel viso dell’altro, più che nel menù dell’hotel, o nel panorama inquieto negli occhi dei propri figli con cui passare un po’ di tempo più che in scorci di mare che in certi periodi si pagano un po’ cari. Qualche giorno fa, in un luogo non proprio esaltante (i corridoi di un ambulatorio), ho sentito una signora non giovanissima dire a una conoscente che le faceva i complimenti per la cura e il portamento: «Beh, non è mica detto che se siamo più poveri ci dobbiamo ridurre più brutti».
Ecco, c’è una dinamite rivoluzionaria in quella frase. Una potenzialità che si può mettere a frutto nei giorni delle vacanze dove si ha un po’ di tempo per la bellezza delle relazioni solite (e insolite) e dove si ha un respiro più largo per vedere cosa stiamo davvero costruendo nella vita. Non è detto che un periodo più modesto nella capacità di spesa sia un periodo più brutto. Ci vogliono convincere di questo proprio coloro che hanno dominato un mondo regolato dai soldi, e che di certo non è diventato in loro potere più bello e più lieto. La rivoluzione semplice delle vacanze, del tempo libero, può far vedere che il tempo può essere liberato da certi modi di valutare la vita, quelli sì veramente poveri e meschini. Allons enfant non facciamoci misurare dalla magrezza dei borsellini.
Una nuova patria più umana si può.
DAVIDE RONDONI
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