martedì 11 giugno 2013

Parlare ai figli assetati d’amore .IL PAPA E LA MISERICORDIA «MATERNA» DI DIO


  Una vedova piange la morte del suo unico figlio. I suoi passi a Nain, in Galilea, si incrociano con quelli di Gesù, che U posa su di lei il suo sguardo.
  «Vedendola, il Signore fu preso da una grande compassione», riferisce l’evangelista Luca. Non sembra, benché siano passati duemila anni, di poter vedere anche noi quell’istante? Una donna china sul corpo del figlio morto, sola nel suo abisso di dolore: è la scena della Pietà di Michelangelo, ma quante altre infinite volte replicata, ogni giorno, nella storia del mondo. Anche oggi, in questo momento, certamente delle donne piangono i loro figli come la vedova di Nain. Ma quante, e quanti, anche cristiani, non sanno, o hanno perso la memoria di com’è lo sguardo di Cristo, sul loro dolore. Per questo forse il Papa domenica all’Angelus ha insistito su quelle due righe del Vangelo. La «compassione» di Cristo, ha detto, «è l’amore di Dio per l’uomo, è la misericordia». E ha aggiunto che il termine biblico «compassione» richiama le viscere materne: «La madre infatti prova una reazione tutta sua al dolore dei figli. Così ci ama Dio, dice la Scrittura».
  L’immagine non è nuova. «Come una madre consola il figlio, io vi consolerò», si legge in Isaia, e ripetutamente nell’Antico Testamento torna il concetto di un Dio che ama anche «con viscere materne». Una espressione evocata con forza da Papa Luciani e ripresa da Giovanni Paolo II («Le mani di Dio sono di padre e di madre nello stesso tempo»); mentre l’allora cardinale Ratzinger notò come nella Scrittura la pietà di Dio è espressa «con un termine gravido di corporeità, 'rachamim', il grembo materno di Dio». E magari ci sarà qualcuno che nella frase di Francesco andrà a cercare indicazioni per cavillare sul 'gender' di Dio. Ma quanto è più grande ciò che ha detto il Papa. Francesco ha ridetto a quelli che, vicini e lontani, lo ascoltavano, quanto immenso è l’amore di Dio. Forse perché, da uomo che ha vissuto in una metropoli e ne conosce le solitudini, non dà affatto per scontato che gli uomini di oggi sappiano che c’è un Padre, che li ama. In una 'nuova evangelizzazione' che gli viene istintiva, Bergoglio non perde occasione di dire a chi lo ascolta, magari anche per caso, semplicemente da una radio accesa, che l’amore di Dio non è astratto, e tantomeno riservato ai 'buoni'; che è un abbraccio gratuito, e incondizionato. Ma, come spiegare questo tipo d’amore? Ciò che più nella nostra esperienza ci si avvicina, è l’amore di una madre. Che non smette di amare il figlio neanche se è un assassino o un bandito – perché quel figlio è scritto nel suo sangue e nel suo cuore, e lei non può scordare che occhi aveva, quando era un bambino. Ed ecco allora le «viscere materne» richiamate dal Papa, nell’urgenza di un nuovo annuncio che Francesco sembra sentirsi sempre addosso: annuncio a chi non sa, o a chi sapeva, ma ha dimenticato. Quanto Dio poi sia anche madre, è un tema per le disquisizioni dei dotti. A noi basta il Catechismo, che dice: «Egli non è né uomo né donna, egli è Dio». Con quali parole allora si potrà dire l’Altro da noi, l’infinito – i cui pensieri, ci è stato detto, non sono i nostri pensieri? Davvero, la sola alternativa a un algido non detto, di fronte a questa immensità, è il ricordo di ciò che abbiamo vissuto da bambini: l’amore che una madre dà ai figli. E, dal suo primo giorno sul soglio di Pietro, Bergoglio insiste con potenza sulla misericordia di un Dio, che tutto perdona. Da conoscitore di anime certo sa che questa promessa affascina, che questa bellezza opera più di mille severi e afflittivi sermoni.
  Non è forse ciò che al fondo vogliono tutti, gli uomini, l’essere amati? Allora l’immagine di una madre è quella che più carnalmente dice quel tipo di amore senza condizione. È questa in fondo l’eco di urgenza che torna e ritorna in ogni parola di Francesco: l’annuncio di un amore. Di quel tipo di amore che non è degli esseri umani; ma, dovendo dare, per capirsi, una misura allo smisurato, ciò che più gli somiglia è l’abbraccio di una madre: che ama comunque, e non dimentica mai.
 

Nessun commento: