mercoledì 6 marzo 2013

La preghiera necessaria





 
 L
 a preghiera del Papa emerito sta accompagnando in questi giorni l’elezione del prossimo Pontefice. A nostra conoscenza è la prima volta che accade e il Conclave, nella fiduciosa attesa che lo Spirito Santo ne orienti la scelta, si gioverà dello specialissimo Orante. Nell’occasione viene da interrogarsi su quanta altra forza di preghiera – preghiera di fedeli, di popolo, nostra preghiera – accompagnerà l’elezione del Papa che verrà. Naturalmente sono tante nelle chiese, in questi giorni, le labbra che mormorano Pateravegloria, sono tante le ore di adorazione, tante le Messe, ma nel comune quotidiano sentire percorso da assilli, preoccupazioni e obblighi non sembra arrivare distintamente l’impulso a parlare con Dio. Eppure «la preghiera è la chiave che apre la porta del mattino e chiude la porta della sera», scriveva Gandhi. E noi «nella vita possiamo perdere molte cose, ma non la preghiera».
  Non abbonda la preghiera in questo nostro tempo. Ogni giorno mi chiedo come facciano tante persone, sempre più persone, e quante di queste intelligenti, quante capaci, quante stimabili e quante amici e amiche anche di una vita, quante tuoi parenti, a non pregare.
  L’ambiente intorno a noi non esprime preghiera. Non più, almeno. Chi è stato ragazzo in anni lontani ricorda le orazioni collettive, vere liturgie di popolo, soprattutto nelle campagne, con il rosario della sera recitato da vecchi e adulti, guidato da donne che nemmeno immaginavano che si potesse non rivolgersi a Dio. Guidato dalle donne, ma non contrastato dagli uomini, mai, e nemmeno dai giovani che spesso si univano.
  La preghiera di gruppo indotta da modi di vivere e di essere, non certo da passeggeri modelli di vita. Avveniva questo, e avveniva che tu sentissi il Signore far parte della tua vita. Poi nelle campagne e nelle città e dovunque (pensiamo solo al Web) è arrivato un cataclisma di disinibizioni progressive, lo stare insieme invece di fidanzarsi, il vivere insieme
 invece di sposarsi, il separarsi al primo litigio invece di riconciliarsi. Ed è arrivato il divertimento come parola d’ordine con la notte al posto del giorno, le trasgressioni, le licenze, le deviazioni, le violenze, lo sballo. Che spazio resta alla preghiera in queste condizioni? Eppure non pregare è come passare davanti a tuo padre e non rivolgergli il saluto. Come passare davanti a tua madre e non vederla. Non pregare significa ignorare Dio, ignorare Cristo, ignorare la Madonna e tutti i santi. Significa ignorare i martiri, quelli di ieri e i molti, moltissimi di oggi, folle di fratelli e sorelle sconosciuti che pagano con la vita la loro adesione a Cristo. Almeno per loro bisognerebbe pregare, e credo invece che, là dove si trovano, siano loro a farlo per noi. Sì, le nostre preghiere, quando ci sono, spesso sono stanche. Spesso d’abitudine: qualche Avemaria, qualche Paternostro, dei requiem per i tuoi morti e la Messa alla domenica. Poi, quando una tegola ti cade sulla testa, sono suppliche, implorazioni, promesse senza fine nella speranza di ripristinare il contatto del divino ascolto. Ma Dio, questo va da sé, non andrebbe invocato solo nel momento del bisogno estremo.
  Adesso siamo in Quaresima e la sede papale è vuota. D’improvviso si è acceso un tempo nuovo, che aspetta preghiere. C’è da pregare attendendo il Cristo risorto, e per il suo nuovo vicario in terra. Benedetto XVI certo lo sta fa­cendo. Fino a ieri la sua preghiera saliva dai grandi spazi, da San Pietro, e tanta forza si sarà sprigionata dall’orare collettivo guidato dal Pontefice. Ma il Signore dice anche: «Quando preghi entra nella tua camera e, chiusa la por­ta, prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà». (
 Mt 6,6 ).
 Ora nel segreto ha scelto di pregare Bene­detto XVI. Appena giunto a Castel Gandolfo, da pellegrino affaticato ma indomito, alla folla che lo acclamava ha detto: «Andiamo avanti insieme». E voleva certo dire 'insieme nella preghiera'. Preghiera per il Pontefice che è sta­to e per il Papa che sarà. Preghiera per il diffici­le momento collettivo. Per la terra senza pace, per la Chiesa, per tutti noi peccatori
. GIORGIO DE SIMONE

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