Ore 16,56, cortile di San Damaso
Con il bastone nero nella mano, a piccoli passi, il Papa esce dal palazzo apostolico per l’ultima volta. Lo attendono i superiori della Segreteria di Stato. Ci sono le guardie svizzere in alta uniforme, schierate al gran completo. Eravamo abituati a vedere queste partenze dal Quirinale, alla fine del settennato dei presidenti della Repubblica. Ma si erano viste di un Papa, che si accommiata dalla sua curia. C’è una piccola folla di cittadini vaticani, tenuti a distanza, che applaude e grida «Viva il Papa». Ratzinger saluta da lontano, sorride, poi s’infila nella berlina nera con le bandierine dello Stato pontificio. Don Georg siede al suo fianco sul sedile posteriore. L’autista che lo accompagna all’eliporto è in lacrime. Lì lo attendono il cardinale Sodano, e il cardinale Giovanni Lajolo, presidente emerito del Governatorato. Il Papa sale nell’elicottero dell’aeronautica militare italiana.
Don Georg sistema la cintura di sicurezza al Papa, un istante dopo il decollo. Con Ratzinger, in volo, ci sono anche il secondo segretario, il maltese Alfred Xuereb; il medico personale Patrizio Polisca, il reggente della Casa Pontificia, monsignor Leonardo Sapienza. Il tragitto sui cieli di Roma è breve, immortalato istante dopo istante. Vengono alla memoria le immagini di un altro ultimo viaggio, quello che Giovanni Paolo II fece uscendo dal Gemelli, sotto l’occhio impietoso della telecamera che riprese ogni momentoa. Ma quello era un Pontefice malato, ormai al termine della sua vita, non il primo Papa dimissionario dopo sei secoli. L’elicottero si staglia dietro al Cupolone, sorvola il Tevere, passa sopra al Colosseo, il luogo della Via Crucis di ogni Venerdì Santo, un simbolo anche per il pontificato ratzingeriano perché proprio da quel luogo, nelle meditazioni della Via Crucis del marzo 2005, l’allora Prefetto della dottrina della fede parlò di quella «sporcizia nella Chiesa» contro la quale avrebbe molto combattuto senza riuscire sempre a debellarla.
Ore 17,24, Castel Gandolfo
L’elicottero tocca terra. Il Papa è salutato dal presidente del Governatorato Bertello e dal segretario, il vescovo Sciacca. Ci sono anche il vescovo di Albano, Marcello Semeraro, il sindaco e il parroco..
Poi l’ultimo affaccio, l’ultimo saluto alla folla che lo applaude. «Grazie a voi! Cari amici, sono felice di essere con voi, circondato dalla bellezza del creato e dalla vostra simpatia che mi fa molto bene. Grazie per la vostra amicizia, il vostro affetto. Voi sapete che questo mio giorno è diverso da quelli precedenti; non sono più Sommo Pontefice della Chiesa cattolica: fino alle otto di sera lo sarò ancora, poi non più. Sono semplicemente un pellegrino che inizia l’ultima tappa del suo pellegrinaggio in questa terra. Ma vorrei ancora, con il mio cuore, con il mio amore, con la mia preghiera, con la mia riflessione, con tutte le mie forze interiori, lavorare per il bene della Chiesa e dell’umanità. E mi sento molto appoggiato dalla vostra simpatia». Al momento della benedizione, l’emozione tradisce il Papa, che sbaglia la formula. Poi quel «grazie, buonanotte!».
.Poche parole le sue, pronunciate con voce rotta dall'emozione sino all'invito finale: "Andiamo avanti con il Signore, per il bene della Chiesa e del mondo". E poi la benedizione. L'ultima del suo pontificato
E l’ex Papa, anziano «pellegrino», volge le spalle al mondo per essere inghiottito dal silenzio
Evidentemente i fedeli non si arrendono ancora a questa idea e dalla piccola folla che è rimasta sotto il palazzo sino al "rito della chiusura" è salito forte il grido "Via il Papa, nostro per sempre". È stata lunga e faticosa per Benedetto XVI la giornata di ieri, giovedì 28 febbraio 2013, l'ultima del suo Pontificato. Alla stessa ora in cui le Guardie Svizzere chiudevano il portone e lasciavano il Palazzo di Castel Gandolfo, infatti, in Vaticano, a Camera Apostolica riunita, il cardinale Tarcisio Bertone prendeva la ferula del camerlengo e apriva ufficialmente la Sede Vacante.
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