sabato 23 marzo 2013

«Costruire ponti con Dio e tra gli uomini»

Discorso che papa Francesco ha rivolto ieri matti­na nella Sala Regia del Palazzo Aposto­lico Vaticano, ai componenti del corpo di­plomatico accreditato presso la Santa Se­de.

Eccellenze,
 signore e signori, 
rin­grazio di cuore il vostro Decano, ambasciatore Jean-Claude Mi­chel, per le belle parole che mi ha ri­volto a nome di tutti e con gioia vi ac­colgo per questo scambio di saluti, semplice ma nello stesso tempo in­tenso, che vuole essere idealmente l’abbraccio del Papa al mondo. Attra­verso di voi, infatti, incontro i vostri popoli, e così posso, in un certo sen­so, raggiungere ciascuno dei vostri concittadini, con le sue gioie, i suoi drammi, le sue attese, i suoi desideri. 
La vostra numerosa presenza è an­che un segno che le relazioni che i vostri Paesi intrattengono con la Santa Sede sono proficue, sono dav­vero un’occasione di bene per l’uma­nità. È questo, infatti, che sta a cuore alla Santa Sede: il bene di ogni uomo su questa terra! Ed è proprio con que­sto intendimento che il vescovo di Ro­ma inizia il suo ministero, sapendo di poter contare sull’amicizia e sull’af­fetto dei Paesi che voi rappresentate, e nella certezza che condividete tale proposito. Allo stesso tempo, spero sia anche l’occasione per intrapren­dere un cammino con quei pochi Pae­si che ancora non intrattengono rela­zioni diplomatiche con la Santa Sede, alcuni dei quali - li ringrazio di cuore - hanno voluto essere presenti alla Messa per l’inizio del mio ministero, o hanno inviato messaggi come gesto di vicinanza. 
C
ome sapete, ci sono vari moti­vi per cui ho scelto il mio no­me pensando a Francesco di As­sisi, una personalità che è ben nota al di là dei confini dell’Italia e dell’Eu­ropa e anche tra coloro che non pro­fessano la fede cattolica. Uno dei pri­mi è l’amore che Francesco aveva per i poveri. Quanti poveri ci sono anco­ra nel mondo! E quanta sofferenza in­contrano queste persone! Sull’esem­pio di Francesco d’Assisi, la Chiesa ha sempre cercato di avere cura, di cu­stodire, in ogni angolo della Terra, chi soffre per l’indigenza e penso che in molti dei vostri Paesi possiate consta­tare la generosa opera di quei cristia­ni che si adoperano per aiutare i ma­­lati, gli orfani, i senzatetto e tutti co­loro che sono emarginati, e che così lavorano per edificare società più u­mane e più giuste.
 Ma c’è anche un’altra povertà! È la povertà spirituale dei no­stri giorni, che riguarda gra­vemente anche i Paesi considerati più ricchi. È quanto il mio predecessore,
 Mil caro e venerato Benedetto XVI, chia­ma la «dittatura del relativismo», che lascia ognuno come misura di se stes­so e mette in pericolo la convivenza tra gli uomini. E così giungo ad una seconda ragione del mio nome. Fran­cesco d’Assisi ci dice: lavorate per edi­ficare la pace! Ma non vi è vera pace senza verità! Non vi può essere pace vera se ciascuno è la misura di se stes­so,
 Sull’esempio del Poverello Francesco ha ricordato agli ambasciatori che non c’è «pace vera senza verità» e che occorre «lavorare per edificarla»

  se ciascuno può rivendicare sem­pre e solo il proprio diritto, senza cu­rarsi allo stesso tempo del bene degli altri, di tutti, a partire dalla natura che accomuna ogni essere umano su que­sta terra.
 
 
U
no dei titoli del vescovo di Ro­ma è Pontefice, cioè colui che costruisce ponti, con Dio e tra gli uomini. Desidero proprio che il dialogo tra noi aiuti a costruire ponti fra tutti gli uomini, così che ognuno possa trovare nell’altro non un nemi­co, non un concorrente, ma un fratel­lo da accogliere ed abbracciare! Le mie stesse origini poi mi spingono a lavo­rare per edificare ponti. Infatti, come sapete la mia famiglia è di origini ita­liane; e così in me è sempre vivo que­sto dialogo tra luoghi e culture fra lo­ro distanti, tra un capo del mondo e l’altro, oggi sempre più vicini, inter-
 dipendenti, bisognosi di incontrarsi e di creare spazi reali di autentica fra­ternità.
 
 In quest’opera è fondamentale anche il ruolo della religione. Non si posso­no, infatti, costruire ponti tra gli uo­mini, dimenticando Dio. Ma vale an­che il contrario: non si possono vive­re legami veri con Dio, ignorando gli altri. Per questo è importante intensi­ficare il dialogo fra le varie religioni, penso anzitutto a quello con l’islam, e ho molto apprezzato la presenza, durante la Messa d’inizio del mio mi­nistero, di tante autorità civili e reli­giose del mondo islamico. Ed è pure importante intensificare il confronto con i non credenti, affinché non pre­valgano mai le differenze che separa­no e feriscono, ma, pur nella diver­sità, vinca il desiderio di costruire le­gami veri di amicizia tra tutti i popo­li.
 
 
Lottare contro la povertà sia ma­teriale, sia spirituale; edificare la pace e costruire ponti. Sono co­me i punti di riferimento di un cam­mino al quale desidero invitare a pren­dere parte ciascuno dei Paesi che rap­presentate
. Un cammino difficile però, se non impariamo sempre più ad a­mare questa nostra Terra. Anche in

 Per il Papa non vi può essere pace autentica «se ciascuno è la misura di se stesso, senza curarsi allo stesso tempo del bene degli altri, di tutti»

 questo caso mi è di aiuto pensare al nome di Francesco, che insegna un profondo rispetto per tutto il creato, il custodire questo nostro ambiente, che troppo spesso non usiamo per il bene, ma sfruttiamo avidamente a danno l’uno dell’altro.
 
 
C
ari ambasciatori, signore e si­gnori, grazie ancora per tutto il lavoro che svolgete, insieme al­la Segreteria di Stato, per costruire la pace ed edificare ponti di amicizia e di fraternità. Attraverso di voi, deside­ro rinnovare ai vostri governi il mio grazie per la loro partecipazione alle celebrazioni in occasione della mia e­lezione, con l’auspicio di un fruttuo­so lavoro comune. Il Signore Onni­potente ricolmi dei suoi doni ciascu­no di voi, le vostre famiglie e i popo­li
 che rappresentate. Grazie!
© Bollettino Santa Sede - 22 marzo 2013

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