domenica 9 febbraio 2014

«Nascosto», al servizio della Chiesa .«In quel gesto un esempio Ha mostrato la sua umiltà»



Proprio come aveva detto. E lì, nel monastero Mater Ec­clesiae , «nascosto al mondo», Benedetto XVI trascor­re le sue giornate tra studio e preghiera. Molta pre­ghiera, accompagnando «nel nascondimento» la Chiesa. Che si può servire «in tanti modi diversi». Anche da Papa emerito. Lo choc della rinuncia al ministero petrino, a un anno di di­stanza, è forse solo appena assorbito. E per qualcuno, proba­bilmente, non lo sarà mai del tutto, e quel lunedì mattina di un anno fa in cui Giovanna Chirri dell’agenzia Ansa batté per prima la notizia del secolo – forse ancor più che questo, in ef­fetti – resterà per sempre un giorno indecifrabile. Eppure, a riandare ai diciassette giorni che separarono l’annuncio dal­la rinuncia effettiva, il 28 febbraio, non vi si trovano le cicatri­ci di un trauma. Quanto, piuttosto, la lucida, consapevole de­cisione rispetto a un gesto immenso destinato a cambiare la storia e lo stile del papato, assieme all’umiltà e alla grandezza di Joseph Ratzinger.
  In molti, vedendo il 28 febbraio levarsi in volo l’elicottero bian­co che portava Benedetto XVI a Castel Gandolfo non riusci­rono a trattenere le lacrime. Mentre la domanda:
 E adesso?
 
 scatenava i commentatori a disegnare scenari tanto impro­babili come lo erano le risposte ai precedenti perché? . A en­trambi quegli interrogativi, l’anno trascorso, e l’instaurarsi di una nuova, del tutto inedita quotidianità, ha offerto sufficienti argomenti per poter dire: no, nessuna 'resa', nessuno 'strap­po', nessun 'trauma'. Semplicemente, la prima pagina di una storia senza nessun precedente.
  Il primo a insistere su questo aspetto è stato – ed è – papa Fran­cesco. Che ha voluto incontrare il suo predecessore subito do­po la sua elezione, poi quando, il primo maggio, è rientrato in Vaticano, e ancora a Natale, e in occasione della inaugurazio­ne della statua di San Michele in Vaticano. E che lo sente per telefono – più spesso di quel che si sappia, probabilmente – e
 lo ascolta.
  Lo ha raccontato lui stesso, Francesco. Nella risposta alla do­manda di un giornalista, al rientro dal Brasile, su come vives­se questa situazione dei 'due Papi'. E vale davvero la pena di riportarla per intero: «C’è qualcosa che qualifica il mio rap­porto con Benedetto: io gli voglio tanto bene. Sempre gli ho voluto bene. Per me è un uomo di Dio, un uomo umile, un uo­mo che prega. Io sono stato tanto felice quando lui è stato e­letto Papa. Anche quando lui ha dato le dimissioni, è stato per me un esempio di grandezza! Un grande. Soltanto un grande fa questo! Un uomo di Dio e un uomo di preghiera. Lui ades­so abita in Vaticano, e alcuni mi dicono: ma come si può fare questo? Due Papi in Vaticano! Ma, non ti ingombra lui? Ma lui non ti fa la rivoluzione contro? Tutte queste cose che dicono, no? Io ho trovato una frase per dire questo: 'È come avere il nonno a casa', ma il nonno saggio. Quando in una famiglia il nonno è a casa, è venerato, è amato, è ascoltato. Lui è un uo­mo di una prudenza! Non si immischia. Io gli ho detto tante volte: 'Santità, lei riceva, faccia la sua vita, venga con noi'. È venuto per l’inaugurazione e la benedizione della statua di San Michele. Ecco, quella frase dice tutto. Per me è come a­vere il nonno a casa: il mio papà. Se io avessi una difficoltà o una cosa che non ho capito, telefonerei: 'Ma, mi dica, posso farlo, quello?'. E quando sono andato per parlare di quel pro­blema grosso, di Vatileaks, lui mi ha detto tutto con una sem­plicità... al servizio. È una cosa che non so se voi la sapete, cre­do di sì, ma non sono sicuro: quando ci ha parlato, nel di­scorso di congedo, il 28 febbraio, ci ha detto: 'Fra voi c’è il prossimo Papa: io gli prometto obbedienza'. Ma è un gran­de; questo è un grande!». Un testimone esemplare di fede e u­miltà che presto potrebbe essere raccontato in una nuova bio­grafia. La starebbe preparando il giornalista-scrittore Peter Seewald, già autore del libro-intervista a Ratzinger
 Luce del mondo .

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