domenica 23 febbraio 2014

Omelia di don Carlo Venturin Penultima dopo l’Epifania – 23/02/2014


Baruc 1, 15; 2, 9-15          Fede umile e cordiale, capace di riconoscere sempre l’opera di Dio
Salmo 106                           “Rendete grazie al Signore, il suo amore è per sempre”.
Rm 7, 1-6                            Mediante il corpo di Cristo Gli apparteniamo, per portare “frutti per Dio
Gv 8, 1-11                           “Il mio giudizio è vero, perché viene dal Padre”  ( v. 16 )

( Domenica della “Divina Clemenza” )

Apologia di reato

Le domeniche precedenti hanno presentato in varie maniere, in diversi luoghi e tempi, la contrastata esistenza di Gesù. Simeone dichiara di Lui di essere segno di contraddizione tra il popolo e tutte le nazioni. Ogni Domenica il Vangelo elencava vari episodi di scontri, sia in sinagoga, sia nel Tempio (come il brano di oggi), sia nei villaggi, sia lungo il suo peregrinare. Domenica scorsa in sinagoga, la guarigione in giorno di sabato e il tentativo dei Farisei di catturarlo; in precedenza a Nazareth, sempre in Sinagoga, Gesù insegna e viene rincorso per essere catturato. Il Vangelo di Giovanni, poco prima dell’episodio odierno, mette in bocca a Gesù: “Perché cercate di uccidermi?” (7, 19) ed è nel Tempio. Così al v. 30: “Cercarono allora di arrestarlo”; v. 32: “Mandarono guardie per arrestarlo”; v. 44: “Alcuni avrebbero voluto arrestarlo”; nell’episodio di oggi: “Parlarono così per tendergli un’insidia e avere un pretesto per accusarlo” (v.6); nel seguito della sua vita, fino alla morte in croce, sarà un perseguitato politico e religioso, in contrasto con consuetudini non provenienti da Dio. E’ fedele al messaggio originario del Padre, sfata incrostazioni che erano schermi per i detentori del potere religioso. Gesù è l’icona (“Ecce Homo”) della persona libera, obbediente solo al Padre, è anche modello per la Sua Chiesa. Un anno fa “un fulmine a ciel sereno”:

le dimissioni di Benedetto XVI; una situazione inedita, che rompe consuetudini inveterate, l’incredulità di tanti credenti e no, dibattiti a non finire, dove andrà la Chiesa, chissà quali complotti. Non si accettano le motivazioni del Papa: età avanzata e forze fisiche venute meno, non  più adeguato all’esercizio del suo ministero. In occasione della morte di Paolo VI, il Cardinal Ratzinger, allora Arcivescovo di Monaco, espresse il suo pensiero, valido al momento della Sua rinuncia: “Possiamo immaginare come poteva essere pesante il pensiero di non poter appartenere a se stesso… essere incatenato, sino alla fine, con il suo corpo che lo abbandonava, a un compito che esige, giorno dopo giorno, l’impegno vivo e pieno di tutte le forze umane”. Il cristiano, la Chiesa, i credenti seguono il Signore, sono aperti al nuovo, sono fedeli alla Parola, anche se un tale comportamento genera dicerie, contraddizioni, scontri e anche la morte.

Tutta la Liturgia oggi evoca il messaggio divino di misericordia e di tenerezza . Il Profeta Baruc è esemplare al riguardo. Pur essendo deportato, esprime la sua fede: “…egli è giusto in tutte le sue opere… facci trovare grazia davanti a coloro che ci hanno deportati… Sei il Signore nostro Dio”.
Così pure il Salmo: “Si mosse a compassione, per il suo grande amore”. San Paolo usa un ardito paragone per mostrare “che siamo liberati… per servire secondo lo Spirito”.

Sullo sfondo del brano “dell’adultera” si celano minacce umane (“un pretesto per accusarlo”). Gli accusatori non sono interessati alla donna, vogliono riaffermare la loro supremazia, storpiano la Legge dei Padri. Accusano Gesù di lesa maestà (la Legge), anzi vedono nel suo non agire (“Gesù si chinò e col dito si mise a scrivere per terra”) “una apologia di reato” (difende l’adulterio!). Giovanni compie una netta distinzione tra la folla (“La gente accorreva da Lui”) e i capi. Essi, di fronte alla simpatia della gente per Gesù, non hanno argomenti, ma solo certezze: il giudizio è solo il loro, perché loro e non la folla “ignorante” sono i “competenti”. Essi sanno che Gesù è amico dei peccatori e dei pubblicani, pronto al perdono: perdonerà anche all’adultera, contro la legge mosaica (Dt 22, 22; Lv 20, 10). Ora hanno una denuncia precisa; Gesù è già condannato a priori, con un appiglio giuridico.

Il Figlio di Dio dapprima sembra non voler rispondere, perché non sono persone da ascoltare, non sono alla ricerca della verità, ma solo di un capo d’accusa. Gesù non nega il giudizio di Dio, ma vuole che ciascuno lo rivolga a sé. Adulterio o no, siamo tutti peccatori, bisognosi di clemenza, di conversione, di perdono. Soltanto Dio può giudicare (“Nessuno mi può giudicare, nemmeno tu…”).

Gesù esprime il giudizio. Il suo atteggiamento di fronte alla donna adultera (e l’uomo adultero dov’è?) non elude il problema, il suo non è un “lavarsi le mani”. Egli è Figlio di Dio, non un peccatore, pronuncia il giudizio, che è di perdono e di invito alla conversione: è il vero giudizio di Dio. Chi ci ha costituiti giudici? “Non giudicate”. Chi sono io per giudicare? Sono proprio senza peccato? La Chiesa tutta è chiamata a vivere quanto Gesù ha detto e ha fatto; così sarà segno di contraddizione, ma fedele al suo Fondatore, nell’oggi. I cristiani sono chiamati per grazia a questa testimonianza, anche se contestati e accusati di non essere al passo con i tempi.



Don Carlo

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