Già nelle scuole dell’infanzia, il Comune di Roma vuole introdurre la «pluralità dei modelli familiari e dei ruoli sessuali». Scavalcando i genitori e il loro diritto all’educazione dei figli.
Di cosa hanno bisogno i bambini degli asili nido e delle scuole dell’infanzia? Ma è chiaro: di essere educati alla «pluralità dei modelli familiari e dei ruoli sessuali», con percorsi che passino «per la decostruzione degli stereotipi ». E ciò perché «la disparità di genere e la persistenza di ruoli tradizionali sono ancora ben presenti nel sistema educativo italiano». Possibile? Sì, dice il Campidoglio, è sui bambini da 0 a 6 anni che bisogna lavorare per combattere «il femminicidio, l’omofobia e il bullismo ». È tutto nero su bianco, nella circolare datata 13 novembre 2013 - del dipartimento Servizi educativi e scolastici del Comune che ha avviato il 20 febbraio il «Piano di aggiornamento per l’anno scolastico 2013-2014 per le educatrici dei Nidi e le insegnanti delle Scuole dell’infanzia di Roma Capitale». Firmato: la dirigente Patrizia Piomboni. Un progetto strutturato in «22 ore di aggiornamento di base», che ha per tema «l’identità e la differenza di genere» per i circa 7mila insegnanti e addetti di nidi e asili romani. E sta già sollevando proteste tra i genitori che si sentono scippati del diritto-do- vere all’educazione.
In consiglio comunale è già stata depositata una proposta di delibera del consigliere Gianluigi De Palo, per ribadire l’ineludibilità della collaborazione tra scuola e famiglie sui temi dell’educazione sessuale: la proposta chiede «pieno e formale consenso» preventivo dei genitori su queste tematiche e «programmi didattici alternativi ove necessario». In attesa che entri nel calendario delle votazioni dell’Aula capitolina, nel II Municipio l’ha presentata il consigliere Giuseppe Scicchitano di Cittadini x Roma: «Le insegnanti dell’asilo di Villa Chigi hanno cominciato questa formazione – dice – e molte famiglie si sono allarmate ». La delibera, uguale a quella che attende il voto in Campidoglio, ha avuto il sì all’unanimità, il 20 febbraio, del parlamentino municipale, guidato dal minisindaco di centrosinistra Giuseppe Gerace.
L’aggiornamento degli educatori e degli insegnanti comunali, intanto, è partito. Nel progetto la lotta all’omofobia, si legge, non è l’unico obiettivo: si punta addirittura a contribuire all’uscita del Paese dalla crisi. Proprio così: perché la suddetta «persistenza di ruoli tradizionali» condizionerebbe addirittura «la scelta dei corsi di studio e delle professioni, in modo tale da incidere negativamente sulla crescita economica e sullo stato sociale». Basta con queste facoltà sessiste, insomma, che escludono le matricole di sesso femminile e deprimono l’economia.
Tra le diverse finalità del progetto c’è come già detto - quello di «sostenere la parità donna/uomo, la pluralità dei modelli familiari e dei ruoli sessuali»; «favorire le insegnanti/educatrici nella lettura dei processi di identificazione degli stereotipi e dei pregiudizi di genere», che dilagano, evidentemente, nei nidi e negli asili; «sollecitare riflessioni sul peso dei modelli culturali, familiari e sociali»; «sostenere» il personale «nella messa a punto di pratiche educative che favoriscano una serena scoperta delle identità in bambine e bambini attraverso lo scambio, la conoscenza reciproca e – si aggiunge – la sperimentazione delle differenze ». Insomma: con questo progetto di aggiornamento «si vuole favorire la formazione di personalità libere e per la decostruzione degli stereotipi».
Un altro mattone, insomma, nel monumento all’ideologia del gender che il Campidoglio sta tenacemente costruendo. Un mese fa la presentazione del progetto Lecosecambiano@Roma, promosso dall’assessorato Scuola, su richiesta degli istituti, contro il bullismo omofobico. Tra gli obiettivi: «Contribuire alla lotta contro “l’omofobia interiorizzata e sociale”, promuovendo un nuovo approccio alla molteplicità degli orientamenti sessuali e delle identità di genere », anche favorendo «una visione positiva attraverso concrete testimonianze» nelle scuole di testimonial filo-gay del mondo dello spettacolo e della cultura e rappresentanti di associazioni Lgbt.
Due settimane fa, poi, il bando per la selezione interna al personale comunale, per individuare esperti in «politiche di genere e Lgbt» per potenziare il dipartimento Servizi educativi e scolastici. Lo stesso che ora lancia la formazione degli educatori, nel comparto scolastico della prima infanzia su cui il Comune ha carta bianca.
«E' triste constatare che la prospettiva del “gender”, nata qualche decennio fa per valorizzare il “genio femminile”, trascuri ora la tutela delle donne e l’effettiva parità dei sessi», rivolgendosi «piuttosto alla promozione di condotte sessuali alternative», scrive don Filippo Morlacchi, direttore dell’Ufficio per la pastorale scolastica del Vicariato, nell’editoriale oggi su Roma sette, settimanale della diocesi di Roma, a proposito del «fermento che agita da qualche tempo il mondo della scuola in relazione alle cosiddette “tematiche gender”». Di questi tempi, nella scuola pare che la «priorità emergente già nella prima infanzia» sia «la proposta dell’ideologia gender, ossia la dottrina secondo cui il dato biologico originario del dimorfismo sessuale è marginale rispetto alla costruzione dell’identità di genere».
Evidentemente, continua don Morlacchi, «si vuole avviare una vera rivoluzione culturale, di cui la maggioranza delle famiglie italiane non sembra proprio sentire il bisogno ». E questo «già con bambini molto piccoli». Si dice «educare alla diversità. Peccato però che almeno una di queste diversità, quella assolutamente originaria» e che «ogni bambino coglie al volo, tra maschietti e femminucce, tra mamma e papà, venga perfino contestata come obsoleto “stereotipo culturale”». Anche in altri Paesi europei, «come la Francia, la potente minoranza per il “gender” ha dettato l’agenda degli impegni scolastici», ma «i genitori hanno alzato la voce e prodotto pubblicazioni per avvertire del fenomeno». Forse è tempo che «anche in Italia gli uomini convinti della bontà della famiglia naturale si esprimano pubblicamente». Perché occorre «rispetto assoluto per ogni persona, indipendentemente da idee, inclinazioni o azioni», ma «senza legittimare ideologie contrastanti con la verità del Vangelo»
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