lunedì 24 febbraio 2014

«Rivoluzione di cui non sentiamo il bisogno».Gender, maestre «rieducate»

    Già nelle scuole dell’infanzia, il Comune di Roma vuole introdurre la «pluralità dei modelli familiari e dei ruoli sessuali». Scavalcando i genitori e il loro diritto all’educazione dei figli.

Di cosa hanno bisogno i bambini degli asili nido e delle scuole del­l’infanzia? Ma è chiaro: di essere e­ducati alla «pluralità dei modelli fami­liari e dei ruoli sessuali», con percorsi che passino «per la decostruzione degli ste­reotipi ». E ciò perché «la disparità di ge­nere e la persistenza di ruoli tradiziona­li sono ancora ben presenti nel sistema educativo italiano». Possibile? Sì, dice il Campidoglio, è sui bambini da 0 a 6 an­ni che bisogna lavorare per combattere «il femminicidio, l’omofobia e il bulli­smo ». È tutto nero su bianco, nella circolare ­datata 13 novembre 2013 - del diparti­mento Servizi educativi e scolastici del Comune che ha avviato il 20 febbraio il «Piano di aggiornamento per l’anno sco­lastico 2013-2014 per le educatrici dei Ni­di e le insegnanti delle Scuole dell’infan­zia di Roma Capitale». Firmato: la diri­gente Patrizia Piomboni. Un progetto strutturato in «22 ore di aggiornamento di base», che ha per tema «l’identità e la differenza di genere» per i circa 7mila in­segnanti e addetti di nidi e asili romani. E sta già sollevando proteste tra i genito­ri che si sentono scippati del diritto-do- vere all’educazione.
  In consiglio comunale è già stata depo­sitata una proposta di delibera del con­sigliere Gianluigi De Palo, per ribadire l’i­neludibilità della collaborazione tra scuola e famiglie sui temi dell’educazio­ne sessuale: la proposta chiede «pieno e formale consenso» preventivo dei geni­tori su queste tematiche e «programmi didattici alternativi ove necessario». In attesa che entri nel calendario delle vo­tazioni dell’Aula capitolina, nel II Muni­cipio l’ha presentata il consigliere Giu­seppe Scicchitano di Cittadini x Roma: «Le insegnanti dell’asilo di Villa Chigi hanno cominciato questa formazione – dice – e molte famiglie si sono allarma­te ». La delibera, uguale a quella che at­tende il voto in Campidoglio, ha avuto il sì all’unanimità, il 20 febbraio, del parla­mentino municipale, guidato dal mini­sindaco di centrosinistra Giuseppe Ge­race.
 
 L’aggiornamento degli educatori e degli insegnanti comunali, intanto, è partito. Nel progetto la lotta all’omofobia, si leg­ge, non è l’unico obiettivo: si punta ad­dirittura a contribuire all’uscita del Pae­se dalla crisi. Proprio così: perché la sud­detta «persistenza di ruoli tradizionali» condizionerebbe addirittura «la scelta dei corsi di studio e delle professioni, in mo­do tale da incidere negativamente sulla crescita economica e sullo stato sociale». Basta con queste facoltà sessiste, insom­ma, che escludono le matricole di sesso femminile e deprimono l’economia.
  Tra le diverse finalità del progetto c’è ­come già detto - quello di «sostenere la parità donna/uomo, la pluralità dei mo­delli familiari e dei ruoli sessuali»; «favo­rire le insegnanti/educatrici nella lettu­ra dei processi di identificazione degli stereotipi e dei pregiudizi di genere», che dilagano, evidentemente, nei nidi e ne­gli asili; «sollecitare riflessioni sul peso dei modelli culturali, familiari e sociali»; «sostenere» il personale «nella messa a punto di pratiche educative che favori­scano una serena scoperta delle identità in bambine e bambini attraverso lo scambio, la conoscenza reciproca e – si
 aggiunge – la sperimentazione delle dif­ferenze ». Insomma: con questo proget­to di aggiornamento «si vuole favorire la formazione di personalità libere e per la decostruzione degli stereotipi».
  Un altro mattone, insomma, nel monu­mento all’ideologia del gender che il Campidoglio sta tenacemente costruen­do. Un mese fa la presentazione del pro­getto , promos­so dall’assessorato Scuola, su richiesta degli istituti, contro il bullismo omofo­bico. Tra gli obiettivi: «Contribuire alla lotta contro “l’omofobia interiorizzata e sociale”, promuovendo un nuovo ap­proccio alla molteplicità degli orienta­menti sessuali e delle identità di gene­re », anche favorendo «una visione posi­tiva attraverso concrete testimonianze» nelle scuole di testimonial filo-gay del mondo dello spettacolo e della cultura e rappresentanti di associazioni Lgbt.
  Due settimane fa, poi, il bando per la se­lezione interna al personale comunale, per individuare esperti in «politiche di genere e Lgbt» per potenziare il diparti­mento Servizi educativi e scolastici. Lo stesso che ora lancia la formazione degli educatori, nel comparto scolastico della prima infanzia su cui il Comune ha car­ta
 bianca. 

«E' triste constatare che la pro­spettiva del “gender”, nata qualche decennio fa per valo­rizzare il “genio femminile”, trascuri ora la tutela delle donne e l’effettiva parità dei sessi», rivolgendosi «piuttosto alla promo­zione di condotte sessuali alternative», scri­ve don Filippo Morlacchi, direttore del­l’Ufficio per la pastorale scolastica del Vi­cariato, nell’editoriale oggi su Roma sette, settimanale della diocesi di Roma, a pro­posito del «fermento che agita da qualche tempo il mondo della scuola in relazione alle cosiddette “tematiche gender”». Di questi tempi, nella scuola pare che la «prio­rità emergente già nella prima infanzia» sia «la proposta dell’ideologia gender, ossia la dottrina secondo cui il dato biologico ori­ginario del dimorfismo sessuale è margi­nale rispetto alla costruzione dell’identità di genere».
  Evidentemente, continua don Morlacchi,
 «si vuole avviare una vera rivoluzione cul­turale, di cui la maggioranza delle famiglie italiane non sembra proprio sentire il bi­sogno ». E questo «già con bambini molto piccoli». Si dice «educare alla diversità. Pec­cato però che almeno una di queste diver­sità, quella assolutamente originaria» e che «ogni bambino coglie al volo, tra maschietti e femminucce, tra mamma e papà, venga perfino contestata come obsoleto “stereo­tipo culturale”». Anche in altri Paesi euro­pei, «come la Francia, la potente mino­ranza per il “gender” ha dettato l’agenda degli impegni scolastici», ma «i genitori hanno alzato la voce e prodotto pubblica­zioni per avvertire del fenomeno». Forse è tempo che «anche in Italia gli uomini con­vinti della bontà della famiglia naturale si esprimano pubblicamente». Perché oc­corre «rispetto assoluto per ogni persona, indipendentemente da idee, inclinazioni o azioni», ma «senza legittimare ideologie contrastanti con la verità del Vangelo» 

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