Don Giussani nacque a Desio il 15 ottobre 1922 a Desio e morì a Milano il 22 febbraio 2005. Riposa in una Cappella del Cimitero Monumentale di Milano. In occasione del settimo anniversario della morte, il 22 febbraio 2012, venne annunciata la formale richiesta alla Santa Sede per dare inizio al processo per la causa di beatificazione.
XXXII anniversario del Riconoscimento Pontificio della Fraternità di
Comunione e Liberazione
IX Anniversario della morte di Mons. Luigi Giussani
S. Messa
della Beata Vergine Maria di Lourdes
Is 55,1-7; Salmo resp. (cfr Gdt 13,18-20); Ef 1,3-10a; Lc 1,40-55
Duomo di Milano, 11 febbraio 2014
Omelia di S.E.R. Card. Angelo
Scola, Arcivescovo di Milano
1. Gratuitamente dissetati e sfamati
«Venite all’acqua… venite, comprate senza denaro…»
(Lettura, Is 55,1-2). Il profeta, con immagini limpide ed
incisive, descrive l’ardente desiderio di compimento del cuore dell’uomo. Un
desiderio che nessuna persona è in grado di colmare con le proprie forze. Ha
bisogno dell’invito di un Altro: «Venite all’acqua, venite e comprate senza
denaro». Nessuno può acquistare la propria salvezza. Ogni tentativo di
farlo è uno spreco. Solo Dio sazia e può saziare gratuitamente il cuore
dell’uomo.
2. Uno stupore grato
È questo che accadde precisamente quel giorno in cui
Maria, dopo l’annuncio dell’Angelo, commossa e mossa da operosa gratuità, si
spinse fino alla casa di Elisabetta portando nel suo grembo Gesù, aurora della
salvezza. Nostro padre Ambrogio commenta l’episodio evangelico con queste
parole: «“Donde a me questo?”. Come se dicesse: Che grande favore è quello
che mi accade, che la madre del mio Signore venga da me! Non riesco a
comprenderlo. Per quale virtù, per quali buone opere, per quali meriti?» (S. Ambrogio, Expositio Evangelii secundum
Lucam, II, 19: 24-26).
Uno stupore analogo a quello che riempì Elisabetta per
il dono della visita di Maria, che portava a compimento la storia di salvezza
del Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, ha colmato il cuore di molti quando
hanno incontrato Monsignor Luigi Giussani. Il dono (carisma) fatto a questo grande
sacerdote educatore ha reso umanamente persuasiva e perciò incisiva la grazia
della fede.
«Troppo perde il tempo chi ben non t’ama, dolce
amor Jesù». Il tempo sarebbe sprecato se lo stupore dell’incontro non
diventasse incessante domanda. Supplica tenace di riconoscere Cristo presente
nella Sua Chiesa e presente per il bene del mondo. Tutto, proprio tutto
dell’umano sta a cuore al cristiano. A lui, come disse Don Giussani, «interessa
tutto l’esistente e tutta l’esistenza».
Espressione di questa apertura totale fu la dolce fede
mariana di Don Giussani: «È inconcepibile la Madonna se non come [ figura
piena della ] preghiera in atto. Infatti la preghiera in atto è la coscienza
di sé, la coscienza del rapporto di sé col proprio destino, e per questo è
l’unico atteggiamento dignitoso della vita dell’uomo, dove la vita dell’uomo si
realizza secondo tutta la sua statura» (Tutta la terra desidera il Tuo
volto, 164).
Di questo desiderio di pienezza sono segno benefico
l’incessante pellegrinaggio di preghiera sulla tomba di don Giussani, così come
i numerosi messaggi scritti che vi vengono lasciati.
3. Responsabili del dono ricevuto
Dal carisma di Don Giussani scaturisce un amore grato
e responsabile a Cristo e alla Chiesa. Per questo il Servo di Dio nel suo coraggioso
sforzo innovativo, per il quale ha sovente pagato di persona, ha sempre
perseguito in tutti i modi l’unità, fondata sulla roccia del ministero del Papa
e dei Vescovi in comunione con lui. Roccia che sola garantisce l’apertura
totale del cuore dei fedeli. E l’unità si alimenta quotidianamente nella
sequela di coloro che sono stati chiamati a guidare la Fraternità di
Comunione e Liberazione, e come tali sono stati riconosciuti dalla Chiesa.
Celebrare in tutti i continenti l’Eucaristia in
occasione del nono anniversario dalla morte del fondatore, nel giorno della
trentaduesima ricorrenza del riconoscimento pontificio della Fraternità di
Comunione e Liberazione, a sessant’anni dalla nascita del movimento, significa
lodare Dio per la grazia dell’unità, nota essenziale di ogni autentica
esperienza ecclesiale.
L’unità, infatti, assicura il fiorire della libertà
dell’io nella comunità. Non si dà libertà piena se non si esprime
nell’appartenenza sensibile ad una comunità guidata, ma nello stesso tempo non
è vera comunità quella che non fa pienamente fiorire la libertà di ciascuno.
Cristo stesso, che ci dice «venite», stabilisce
con ognuno di noi un legame che, attraverso la comunione, genera
permanentemente comunità: questa infatti è la condizione storica da Lui scelta
e pensata per donarsi agli uomini. In Cristo Gesù, Dio ha voluto aver bisogno
degli uomini.
L’Eucaristia che stiamo celebrando ci aiuta a meglio
comprendere questo mistero: è Cristo, realmente presente, che ci convoca e si
dona a noi nel sacrificio eucaristico e, in esso, ci rende una sola cosa, un
Corpo solo, in modo tale che non è più possibile vivere separati da questo
nuovo Corpo cosmico. Vi raccomando di cuore di non lasciar cadere il gesto,
vivo fin dagli inizi del movimento, di partecipare alla Santa Messa, per quanto
possibile, anche nei giorni feriali.
La responsabilità per il dono ricevuto si esprime nel culto
cristiano. Come Monsignor Giussani non ha mai cessato di richiamare sulla scia
di San Paolo, il culto cristiano (cf. Rm 12,2) coincide con l’offerta
totale della vita perché si manifesti la gloria dell’umanità di Cristo nel
mondo: la vita è in se stessa vocazione. Papa Francesco parla di Chiesa in
uscita (Evangelii gaudium 24): il Seminatore instancabilmente
percorre tutto il campo del mondo. La missione, perché di questo si tratta, non
è questione di strategie o di particolari attività da aggiungere al tessuto
della nostra esistenza quotidiana. È, soprattutto, una questione di
responsabile consapevolezza, alimentata quotidianamente da una esperienza di
fraternità, che ripropone ad ogni singolo la domanda “che sono?” e,
soprattutto, “per Chi agisco?”
4. Realisti o narcisi
Il Vangelo di oggi propone con chiarezza come
imprescindibile risorsa per vivere l’unità e la missione, la virtù proclamata
dal Magnificat: «Ha guardato l’umiltà della sua serva» (Vangelo, Lc
1,48).
Umiltà viene dal latino humus. Dice perciò lo
stare aderenti alla terra, cioè ben attaccati alla realtà. Ed il Magnificat
stabilisce una radicale alternativa tra l’umile e il superbo («Ha disperso i
superbi nei pensieri del loro cuore ed ha esaltato gli umili», Lc 1,52).
Per dei figli di San Carlo, quali sono gli ambrosiani, l’humilitas non
può non attraversare ogni fibra dell’essere.
L’opposizione tra umiltà e superbia prima che
opposizione tra virtù e vizio è, a ben vedere, opposizione tra ragionevolezza e
irragionevolezza. Per finire, il superbo è un narciso che prolunga per tutta la
vita l’inevitabile esperienza della primissima infanzia: vedere nello specchio
sé come l’altro. Maturità domanda, invece, di lasciar essere l’altro come
altro. Questo avviene nella Vita intima della Trinità, e così può avvenire per
grazia e libertà in famiglia, a scuola, nella comunità cristiana, nella vita
civile in tutte le sue espressioni. La superbia rende impermeabili all’altro,
finisce per diventare solitudine cattiva. E allora la vita pesa, come ha
genialmente intuito Dante, condannando i superbi a camminare schiacciati da
enormi massi sulle spalle.
L’umiltà, invece, genera fedeli lieti e costruttivi e,
come diceva Péguy, li rende «i più civici tra gli uomini».
Questo ha insegnato fino all’ultimo respiro il Servo
di Dio don Luigi Giussani.
La potente intercessione di Maria Santissima procuri
alla Chiesa e al mondo, in quest’epoca di intenso travaglio, donne e uomini di
tale fatta. Amen.
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