martedì 11 febbraio 2014

«Lodare Dio per la grazia dell’’unità, nota essenziale di ogni autentica esperienza ecclesiale»

Don Giussani nacque a Desio il 15 ottobre 1922 a Desio e morì a Milano il 22 febbraio 2005. Riposa in una Cappella del Cimitero Monumentale di Milano. In occasione del settimo anniversario della morte, il 22 febbraio 2012, venne annunciata la formale richiesta alla Santa Sede per dare inizio al processo per la causa di beatificazione.

XXXII anniversario del Riconoscimento Pontificio della Fraternità di Comunione e Liberazione
IX Anniversario della morte di Mons. Luigi Giussani

S. Messa della Beata Vergine Maria di Lourdes
Is 55,1-7; Salmo resp. (cfr Gdt 13,18-20); Ef 1,3-10a; Lc 1,40-55

Duomo di Milano, 11 febbraio 2014


Omelia di S.E.R. Card. Angelo Scola, Arcivescovo di Milano


1. Gratuitamente dissetati e sfamati
«Venite all’acqua… venite, comprate senza denaro…» (Lettura, Is 55,1-2). Il profeta, con immagini limpide ed incisive, descrive l’ardente desiderio di compimento del cuore dell’uomo. Un desiderio che nessuna persona è in grado di colmare con le proprie forze. Ha bisogno dell’invito di un Altro: «Venite all’acqua, venite e comprate senza denaro». Nessuno può acquistare la propria salvezza. Ogni tentativo di farlo è uno spreco. Solo Dio sazia e può saziare gratuitamente il cuore dell’uomo.

2. Uno stupore grato
È questo che accadde precisamente quel giorno in cui Maria, dopo l’annuncio dell’Angelo, commossa e mossa da operosa gratuità, si spinse fino alla casa di Elisabetta portando nel suo grembo Gesù, aurora della salvezza. Nostro padre Ambrogio commenta l’episodio evangelico con queste parole: «“Donde a me questo?”. Come se dicesse: Che grande favore è quello che mi accade, che la madre del mio Signore venga da me! Non riesco a comprenderlo. Per quale virtù, per quali buone opere, per quali meriti?» (S. Ambrogio, Expositio Evangelii secundum Lucam, II, 19: 24-26).
Uno stupore analogo a quello che riempì Elisabetta per il dono della visita di Maria, che portava a compimento la storia di salvezza del Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, ha colmato il cuore di molti quando hanno incontrato Monsignor Luigi Giussani. Il dono (carisma) fatto a questo grande sacerdote educatore ha reso umanamente persuasiva e perciò incisiva la grazia della fede.
«Troppo perde il tempo chi ben non t’ama, dolce amor Jesù». Il tempo sarebbe sprecato se lo stupore dell’incontro non diventasse incessante domanda. Supplica tenace di riconoscere Cristo presente nella Sua Chiesa e presente per il bene del mondo. Tutto, proprio tutto dell’umano sta a cuore al cristiano. A lui, come disse Don Giussani, «interessa tutto l’esistente e tutta l’esistenza».
Espressione di questa apertura totale fu la dolce fede mariana di Don Giussani: «È inconcepibile la Madonna se non come [ figura piena della ] preghiera in atto. Infatti la preghiera in atto è la coscienza di sé, la coscienza del rapporto di sé col proprio destino, e per questo è l’unico atteggiamento dignitoso della vita dell’uomo, dove la vita dell’uomo si realizza secondo tutta la sua statura» (Tutta la terra desidera il Tuo volto, 164).
Di questo desiderio di pienezza sono segno benefico l’incessante pellegrinaggio di preghiera sulla tomba di don Giussani, così come i numerosi messaggi scritti che vi vengono lasciati.

3. Responsabili del dono ricevuto
Dal carisma di Don Giussani scaturisce un amore grato e responsabile a Cristo e alla Chiesa. Per questo il Servo di Dio nel suo coraggioso sforzo innovativo, per il quale ha sovente pagato di persona, ha sempre perseguito in tutti i modi l’unità, fondata sulla roccia del ministero del Papa e dei Vescovi in comunione con lui. Roccia che sola garantisce l’apertura totale del cuore dei fedeli. E l’unità si alimenta quotidianamente nella sequela di coloro che sono stati chiamati a guidare la Fraternità di Comunione e Liberazione, e come tali sono stati riconosciuti dalla Chiesa.
Celebrare in tutti i continenti l’Eucaristia in occasione del nono anniversario dalla morte del fondatore, nel giorno della trentaduesima ricorrenza del riconoscimento pontificio della Fraternità di Comunione e Liberazione, a sessant’anni dalla nascita del movimento, significa lodare Dio per la grazia dell’unità, nota essenziale di ogni autentica esperienza ecclesiale.
L’unità, infatti, assicura il fiorire della libertà dell’io nella comunità. Non si dà libertà piena se non si esprime nell’appartenenza sensibile ad una comunità guidata, ma nello stesso tempo non è vera comunità quella che non fa pienamente fiorire la libertà di ciascuno.
Cristo stesso, che ci dice «venite», stabilisce con ognuno di noi un legame che, attraverso la comunione, genera permanentemente comunità: questa infatti è la condizione storica da Lui scelta e pensata per donarsi agli uomini. In Cristo Gesù, Dio ha voluto aver bisogno degli uomini.
L’Eucaristia che stiamo celebrando ci aiuta a meglio comprendere questo mistero: è Cristo, realmente presente, che ci convoca e si dona a noi nel sacrificio eucaristico e, in esso, ci rende una sola cosa, un Corpo solo, in modo tale che non è più possibile vivere separati da questo nuovo Corpo cosmico. Vi raccomando di cuore di non lasciar cadere il gesto, vivo fin dagli inizi del movimento, di partecipare alla Santa Messa, per quanto possibile, anche nei giorni feriali.
La responsabilità per il dono ricevuto si esprime nel culto cristiano. Come Monsignor Giussani non ha mai cessato di richiamare sulla scia di San Paolo, il culto cristiano (cf. Rm 12,2) coincide con l’offerta totale della vita perché si manifesti la gloria dell’umanità di Cristo nel mondo: la vita è in se stessa vocazione. Papa Francesco parla di Chiesa in uscita (Evangelii gaudium 24): il Seminatore instancabilmente percorre tutto il campo del mondo. La missione, perché di questo si tratta, non è questione di strategie o di particolari attività da aggiungere al tessuto della nostra esistenza quotidiana. È, soprattutto, una questione di responsabile consapevolezza, alimentata quotidianamente da una esperienza di fraternità, che ripropone ad ogni singolo la domanda “che sono?” e, soprattutto, “per Chi agisco?”

4. Realisti o narcisi
Il Vangelo di oggi propone con chiarezza come imprescindibile risorsa per vivere l’unità e la missione, la virtù proclamata dal Magnificat: «Ha guardato l’umiltà della sua serva» (Vangelo, Lc 1,48).
Umiltà viene dal latino humus. Dice perciò lo stare aderenti alla terra, cioè ben attaccati alla realtà. Ed il Magnificat stabilisce una radicale alternativa tra l’umile e il superbo («Ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore ed ha esaltato gli umili», Lc 1,52). Per dei figli di San Carlo, quali sono gli ambrosiani, l’humilitas non può non attraversare ogni fibra dell’essere.
L’opposizione tra umiltà e superbia prima che opposizione tra virtù e vizio è, a ben vedere, opposizione tra ragionevolezza e irragionevolezza. Per finire, il superbo è un narciso che prolunga per tutta la vita l’inevitabile esperienza della primissima infanzia: vedere nello specchio sé come l’altro. Maturità domanda, invece, di lasciar essere l’altro come altro. Questo avviene nella Vita intima della Trinità, e così può avvenire per grazia e libertà in famiglia, a scuola, nella comunità cristiana, nella vita civile in tutte le sue espressioni. La superbia rende impermeabili all’altro, finisce per diventare solitudine cattiva. E allora la vita pesa, come ha genialmente intuito Dante, condannando i superbi a camminare schiacciati da enormi massi sulle spalle.
L’umiltà, invece, genera fedeli lieti e costruttivi e, come diceva Péguy, li rende «i più civici tra gli uomini».
Questo ha insegnato fino all’ultimo respiro il Servo di Dio don Luigi Giussani.
La potente intercessione di Maria Santissima procuri alla Chiesa e al mondo, in quest’epoca di intenso travaglio, donne e uomini di tale fatta. Amen.
giussani anniversario

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