sabato 25 maggio 2013

Papa Francesco. L'importante è Gesù e lasciarsi guidare da Lui

Papa Francesco (© Leonora Giovanazzi).Il volantino con il testo dell'incontro di papa Francesco con i movimenti e le associazioni laicali in Piazza San Pietro e l'omelia della messa di Pentecoste

VEGLIA DI PENTECOSTE CON I MOVIMENTI, LE NUOVE COMUNITÀ,LE ASSOCIAZIONI E LE AGGREGAZIONI LAICALI
Piazza San Pietro, Sabato 18 maggio 2013

Buonasera a tutti! Sono contento di incontrarvi e che tutti noi ci incontriamo in questa piazza per pregare, per essere uniti e per aspettare il dono dello Spirito. Io conoscevo le vostre domande e ci ho pensato questo, quindi, non è senza conoscenza!Primo, la verità! Le ho qui, scritte.
1 La prima - “come lei ha potuto raggiungere nella sua vita la certezza sulla fede; e quale strada ci indica perché ciascuno di noi possavincere la fragilità della fede?”  è una domanda storica, perché riguarda la mia storia, la storia della mia vita!Io ho avuto la grazia di crescere in una famiglia in cui la fede si viveva in modo semplice e concreto; ma è stata soprattutto mia nonna,la mamma di mio padre, che ha segnato il mio cammino di fede. Era una donna che ci spiegava, ci parlava di Gesù, ci insegnava il Catechismo. Ricordo sempre che il Venerdì Santo ci portava, la sera, alla processione delle candele, e alla fine di questa processione arrivava il “Cristo giacente”, e la nonna ci faceva - a noi bambini - inginocchiare e ci diceva: “Guardate, è morto, ma domani risuscita”.Ho ricevuto il primo annuncio cristiano proprio da questa donna, da mia nonna! È bellissimo, questo! Il primo annuncio in casa,con la famiglia! E questo mi fa pensare all’amore di tante mamme e di tante nonne nella trasmissione della fede. Sono loro che trasmettono la fede. Questo avveniva anche nei primi tempi, perché san Paolo diceva a Timoteo:“Io ricordo la fede della tua mamma e della tua nonna” (cfr 2Tm1,5). Tutte le mamme che sono qui, tutte le nonne, pensate a questo!Trasmettere la fede. Perché Dio ci mette accanto delle persone che aiutano il nostro cammino di fede. Noi non troviamo la fede nell’astratto; no! È sempre una persona che predica, che ci dice chi è Gesù, che ci trasmette la fede, ci dà il primo annuncio. E così è stata la prima esperienza di fede che ho avuto. Ma c’è un giorno per me molto importante:il 21 settembre del ‘53. Avevo quasi 17 anni.Era il “Giorno dello studente”, per noi il giorno della Primavera - da voi è il giorno dell’Autunno. Prima di andare alla festa, sono passato nella parrocchia dove andavo, ho trovato un prete, che non conoscevo, e ho sentito la necessità di confessarmi. Questa è stata per me un’esperienza di incontro: ho trovato che qualcuno mi aspettava. Ma non so cosa sia successo, non ricordo, non so proprio perché fosse quel prete là, che non conoscevo, perché      avessi sentito questa voglia di confessarmi,ma la verità è che qualcuno m’aspettava. Mi stava aspettando da tempo. Dopo la Confessione ho sentito che qualcosa era cambiato.Io non ero lo stesso. Avevo sentito proprio come una voce, una chiamata: ero convinto che dovessi diventare sacerdote. Questa esperienza nella fede è importante. Noi diciamo che dobbiamo cercare Dio, andare da Lui a chiedere perdono, ma quando noi andiamo,Lui ci aspetta, Lui è prima! Noi, in spagnolo,abbiamo una parola che spiega bene questo:“Il Signore sempre ci "primerea”, è primo, cista aspettando! E questa è proprio una grazia grande: trovare uno che ti sta aspettando. Tu vai peccatore, ma Lui ti sta aspettando per perdonarti. Questa è l’esperienza che i Profeti di Israele descrivevano dicendo che il Signore è come il fiore di mandorlo, il primo fiore della Primavera (cfr Ger1,11-12). Prima che vengano gli altri fiori, c’è lui: lui che aspetta.Il Signore ci aspetta. E quando noi Lo cerchiamo, troviamo questa realtà: che è Lui ad aspettarci per accoglierci, per darci il suo amore. E questo ti porta nel cuore uno stupore tale che non lo credi, e così va crescendo la fede! Con l’incontro con una persona, con l’incontro con il Signore. Qualcuno dirà: “No,io preferisco studiare la fede nei libri!”. È importante studiarla, ma, guarda, questo solo non basta! L’importante è l’incontro con Gesù, l’incontro con Lui, e questo ti dà la fede, perché è proprio Lui che te la dà! Anche voi parlavate della fragilità della fede, come si fa per vincerla. Il nemico più grande che ha la fragilità - è curioso, eh? - è la paura. Ma non abbiate paura! Siamo fragili, e lo sappiamo.Ma Lui è più forte! Se tu vai con Lui, non c’è problema! Un bambino è fragilissimo  ne ho visti tanti, oggi , ma era con il papà, con la mamma: è al sicuro! Con il Signore siamo sicuri. La fede cresce con il Signore, proprio dalla mano del Signore; questo ci fa crescere e ci rende forti. Ma se noi pensiamo di poterci arrangiare da soli... Pensiamo che cosa è successo a Pietro: “Signore, io mai ti rinnegherò!”(cfr Mt26,33-35); e poi ha cantato il gallo e l’aveva rinnegato per tre volte! (cfr vv. 69-75). Pensiamo: quando noi abbiamo troppa fiducia in noi stessi, siamo più fragili, più fragili. Sempre con il Signore! E dire con il Signore significa dire con l’Eucaristia, con la Bibbia, con la preghiera... ma anche in famiglia,anche con la mamma, anche con lei, perché lei è quella che ci porta al Signore; è la madre,è quella che sa tutto. Quindi pregare anche la Madonna e chiederle che, come mamma, mi faccia forte. Questo è quello che io penso sulla fragilità, almeno è la mia esperienza.Una cosa che mi rende forte tutti i giorni è pregare il Rosario alla Madonna. Io sento una forza tanto grande perché vado da lei emi sento forte.
2 Passiamo alla seconda domanda. “Penso che tutti noi qui presenti sentiamo forte-mente la sfida, la sfida della evangelizzazione,che è al cuore delle nostre esperienze. Per questo vorrei chiedere a Lei, Padre Santo, di aiutare me e tutti noi a capire come vivere questa sfida nel nostro tempo, qual è per lei la cosa più importante cui tutti noi movimenti,associazioni e comunità dobbiamo guardare per attuare il compito cui siamo chiamati.Come possiamo comunicare in modo efficace la fede di oggi?
”Dirò soltanto tre parole.La prima: Gesù. Chi è la cosa più importante?Gesù. Se noi andiamo avanti con l’organizzazione, con altre cose, con belle cose, ma senza Gesù, non andiamo avanti, la cosa non va. Gesù è più importante. Adesso, vorrei fare un piccolo rimprovero, ma fraternamente,tra noi. Tutti voi avete gridato nella piazza“Francesco, Francesco, Papa Francesco”. Ma,Gesù dov’era? Io avrei voluto che voi gridaste:“Gesù, Gesù è il Signore, ed è proprio in mezzo a noi!”. Da qui in avanti, niente “Francesco”, ma “Gesù”!La seconda parola è: la preghiera. Guardare il volto di Dio, ma soprattutto e questo è collegato con quello che ho detto prima sentirsi guardati. Il Signore ci guarda: ci guarda prima. La mia esperienza è ciò che sperimento davanti al sagrario [Tabernacolo] quando vado a pregare, la sera, davanti al Signore. Al-cune volte mi addormento un pochettino;questo è vero, perché un po’ la stanchezza della giornata ti fa addormentare. Ma Lui mi capisce. E sento tanto conforto quando penso che Lui mi guarda. Noi pensiamo che dobbiamo pregare, parlare, parlare, parlare... No! Lasciati guardare dal Signore. Quando Lui ci guarda, ci dà forza e ci aiuta a testimoniarlo perché la domanda era sulla testimonianza della fede, no? Primo “Gesù”, poi “preghiera”- sentiamo che Dio ci sta tenendo per mano.Sottolineo allora l’importanza di questo: la-sciarsi guidare da Lui. Questo è più importante di qualsiasi calcolo. Siamo veri evangelizzatori lasciandoci guidare da Lui. Pensiamo a Pietro;forse stava facendo la siesta, e ha avuto una visione, la visione della tovaglia con tutti gli animali, e ha sentito che Gesù gli diceva qual-cosa, ma lui non capiva. In quel momento,sono venuti alcuni non ebrei a chiamarlo per andare in una casa, e ha visto come lo Spirito Santo era laggiù. Pietro si è lasciato guidare da Gesù per giungere a quella prima evangelizzazione ai gentili, che non erano ebrei: una cosa inimmaginabile in quel tempo(cfr At10,9-33). E così, tutta la storia, tutta la storia! Lasciarsi guidare da Gesù. È proprio il leader; il nostro leader è Gesù.E terza: la testimonianza. Gesù, preghiera -la preghiera, quel lasciarsi guidare da Lui - e poi testimonianza. Ma vorrei aggiungere qualcosa. Questo lasciarsi guidare da Gesù ti porta alle sorprese di Gesù. Si può pensare che l’evangelizzazione dobbiamo programmarla a tavolino, pensando alle strategie, facendo dei piani. Ma questi sono strumenti, piccoli strumenti. L’importante è Gesù e lasciarsi guidare da Lui. Poi possiamo fare le strategie,ma questo è secondario.Infine, la testimonianza: la comunicazione della fede si può fare soltanto con la testimonianza, e questo è l’amore. Non con le nostre idee, ma con il Vangelo vissuto nella propria esistenza e che lo Spirito Santo fa vivere dentro di noi. È come una sinergia fra noi elo Spirito Santo, e questo conduce alla testimonianza. La Chiesa la portano avanti i Santi,che sono proprio coloro che danno questa testimonianza. Come ha detto Giovanni Paolo II e anche Benedetto XVI, il mondo di oggi ha tanto bisogno di testimoni. Non tanto di maestri, ma di testimoni. Non parlare tanto,ma parlare con tutta la vita: la coerenza di vita, proprio la coerenza di vita! Una coerenza di vita che è vivere il cristianesimo come un incontro con Gesù che mi porta agli altri enon come un fatto sociale. Socialmente siamo così, siamo cristiani, chiusi in noi. No, questo no! La testimonianza!
3 La terza domanda: “Vorrei chiederle, PadreSanto, come io e tutti noi possiamo vivere una Chiesa povera e per i poveri. In che modo l’uomo sofferente è una domanda per la nostra fede? Noi tutti, come movimenti, associazioni laicali, quale contributo concreto ed efficace possiamo dare alla Chiesa e alla società per affrontare questa grave crisi che tocca l’etica pubblica” - questo è importante! -“il modello di sviluppo, la politica, insomma un nuovo modo di essere uomini e donne?”.
Riprendo dalla testimonianza. Prima di tutto,vivere il Vangelo è il principale contributo che possiamo dare. La Chiesa non è un movimento politico, né una struttura ben organizzata: non è questo. Noi non siamo una ONG, e quandola Chiesa diventa una ONG perde il sale, non ha sapore, è soltanto una vuota organizzazione.E in questo siate furbi, perché il diavolo ci inganna, perché c’è il pericolo dell’efficientismo.Una cosa è predicare Gesù, un’altra cosa è l’efficacia, essere efficienti. No, quello è un altro valore. Il valore della Chiesa, fondamentalmente,è vivere il Vangelo e dare testimonianza della nostra fede. La Chiesa è sale della terra, è luce del mondo, è chiamata a rendere presente nella società il lievito del Regno di Dio e lo fa prima di tutto con la sua testimonianza, la testimonianza dell’amore fraterno, della solidarietà, della condivisione. Quando si sentono alcuni dire che la solidarietà non è un valore, ma è un “atteggiamento primario” che deve sparire... questo non va! Si sta pensando ad un’efficacia soltanto mondana. I momenti di crisi, come quelli che stiamo vivendo - ma tu hai detto prima che“siamo in un mondo di menzogne” -, questo momento di crisi, stiamo attenti, non consiste in una crisi soltanto economica; non è una crisi culturale. È una crisi dell’uomo: ciò che è in crisi è l’uomo! E ciò che può essere distrutto è l’uomo! Ma l’uomo è immagine di Dio! Per questo è una crisi profonda! In questo momento di crisi non possiamo preoccuparci soltanto di noi stessi, chiuderci nella solitudine, nello scoraggiamento, nel senso di impotenza difronte ai problemi. Non chiudersi, per favore!Questo è un pericolo: ci chiudiamo nella parrocchia, con gli amici, nel movimento, con coloro con i quali pensiamo le stesse cose... ma sapete che cosa succede? Quando la Chiesa diventa chiusa, si ammala, si ammala. Pensate ad una stanza chiusa per un anno; quando tu vai, c’è odore di umidità, ci sono tante cose che non vanno. Una Chiesa chiusa è la stessa cosa: è una Chiesa ammalata. La Chiesa deve uscire da se stessa. Dove? Verso le periferie esistenziali, qualsiasi esse siano, ma uscire. Gesù ci dice: “Andate per tutto il mondo! Andate!Predicate! Date testimonianza del Vangelo!”(cfr Mc16,15). Ma che cosa succede se uno esce da se stesso? Può succedere quello che può capitare a tutti quelli che escono di casa e vanno per la strada: un incidente. Ma io vi dico: preferisco mille volte una Chiesa incidentata, incorsa in un incidente, che una Chiesa ammalata per chiusura! Uscite fuori, uscite!Pensate anche a quello che dice l’Apocalisse.Dice una cosa bella: che Gesù è alla porta e chiama, chiama per entrare nel nostro cuore(cfr Ap3,20). Questo è il senso dell’Apocalisse.Ma fatevi questa domanda: quante volte Gesù è dentro e bussa alla porta per uscire, per uscire fuori, e noi non lo lasciamo uscire, perle nostre sicurezze, perché tante volte siamo chiusi in strutture caduche, che servono soltanto per farci schiavi, e non liberi figli di Dio? In questa “uscita” è importante andare all’incontro;questa parola per me è molto importante: l’incontro con gli altri. Perché? Perché la fede è un incontro con Gesù, e noi dobbiamo fare la stessa cosa che fa Gesù: incontrare gli altri. Noi viviamo una cultura dello scontro, una cultura della frammentazione, una cultura in cui quello che non mi serve lo getto via, la cultura dello scarto. Ma su questo punto, vi invito a pensare ed è parte della crisi agli anziani, che sono la saggezza di un popolo, ai bambini... la cultura dello scarto! Ma noi dobbiamo andare all’incontro e dobbiamo creare con la nostra fede una “cultura dell’incontro”, una cultura dell’amicizia, una cultura dove troviamo fratelli,dove possiamo parlare anche con quelli che non la pensano come noi, anche con quelli che hanno un’altra fede, che non hanno la stessa fede. Tutti hanno qualcosa in comune con noi: sono immagini di Dio, sono figli di Dio. Andare all’incontro con tutti, senza negoziare la nostra appartenenza. E un altro punto è importante: con i poveri. Se usciamo da noi stessi, troviamo la povertà. Oggi - questo fa male al cuore dirlo - oggi, trovare un barbone morto di freddo non è notizia. Oggi è notizia,forse, uno scandalo. Uno scandalo: ah, quello è notizia! Oggi, pensare che tanti bambini non hanno da mangiare non è notizia. Questo ègrave, questo è grave! Noi non possiamo restare tranquilli! Mah... le cose sono così. Noi non possiamo diventare cristiani inamidati, quei cristiani troppo educati, che parlano di cose teologiche mentre prendono il tè, tranquilli.No! Noi dobbiamo diventare cristiani coraggiosi e andare a cercare quelli che sono proprio la carne di Cristo, quelli che sono la carne di Cristo! Quando io vado a confessare - ancora non posso, perché per uscire a confessare... di qui non si può uscire, ma questo è un altro problema - quando io andavo a confessare nella diocesi precedente, venivano alcuni esempre facevo questa domanda: “Ma, lei dà l’elemosina?” - “Sì, padre!”. “Ah, bene, bene”.E gliene facevo due in più: “Mi dica, quando lei dà l’elemosina, guarda negli occhi quello o quella a cui dà l’elemosina?” - “Ah, non so,non me ne sono accorto”. Seconda domanda:“E quando lei dà l’elemosina, tocca la mano di quello al quale dà l’elemosina, o gli getta la moneta?”. Questo è il problema: la carne di Cristo, toccare la carne di Cristo, prendere sudi noi questo dolore per i poveri. La povertà,per noi cristiani, non è una categoria sociologica o filosofica o culturale: no, è una categoria teologale. Direi, forse la prima categoria, perché quel Dio, il Figlio di Dio, si è abbassato, si è fatto povero per camminare con noi sulla strada. E questa è la nostra povertà: la povertà  della carne di Cristo, la povertà che ci ha portato il Figlio di Dio con la sua Incarnazione.Una Chiesa povera per i poveri incomincia con l’andare verso la carne di Cristo. Se noi  andiamo verso la carne di Cristo, incominciamo a capire qualcosa, a capire che cosa sia questa povertà, la povertà del Signore. E questo non è facile. Ma c’è un problema che non fa bene ai cristiani: lo spirito del mondo, lo spirito mondano, la mondanità spirituale. Questo ci porta ad una sufficienza, a vivere lo spirito del mondo e non quello di Gesù. La domanda che facevate voi: come si deve vivere per affrontare questa crisi che tocca l’etica pubblica, il modello di sviluppo, la politica. Siccome questa è una crisi dell’uomo, una crisi che distrugge l’uomo,è una crisi che spoglia l’uomo dell’etica. Nella vita pubblica, nella politica, se non c’è l’etica,un’etica di riferimento, tutto è possibile e tuttosi può fare. E noi vediamo, quando leggiamo i giornali, come la mancanza di etica nella vita pubblica faccia tanto male all’umanità intera.Vorrei raccontarvi una storia. L’ho fattogià due volte questa settimana, ma lo farò una terza volta con voi. È la storia che racconta un midrashbiblico di un Rabbino del secolo XII. Lui narra la storia della costruzione della Torre di Babele e dice che, per costruire la Torre di Babele, era necessario fare i mattoni. Che cosa significa questo? Andare, impastare il fango, portare la paglia, fare tutto...poi, al forno. E quando il mattone era fatto doveva essere portato su, per la costruzione della Torre di Babele. Un mattone era un tesoro, per tutto il lavoro che ci voleva per farlo. Quando cadeva un mattone, era una tragedia nazionale e l’operaio colpevole era punito; era tanto prezioso un mattone che se cadeva era un dramma. Ma se cadeva un operaio, non succedeva niente, era un’altracosa. Questo succede oggi: se gli investimenti nelle banche calano un po’... tragedia...come si fa? Ma se muoiono di fame le per-sone, se non hanno da mangiare, se non hanno salute, non fa niente! Questa è la nostra crisi di oggi! E la testimonianza di una Chiesa povera per i poveri va contro questa mentalità. 
4La quarta domanda: “Davanti a queste situazioni, mi pare che il mio confessare,la mia testimonianza sia timida e impacciata.Vorrei fare di più, ma cosa? E come aiutare questi nostri fratelli, come alleviare la loro sofferenza non potendo fare nulla o ben poco per cambiare il loro contesto politico-sociale?”.Per annunciare il Vangelo sono necessarie due virtù: il coraggio e la pazienza. Loro [icristiani che soffrono] sono nella Chiesa della pazienza. Loro soffrono e ci sono più martiri oggi che nei primi secoli della Chiesa; più martiri! Fratelli e sorelle nostri.Soffrono! Loro portano la fede fino al martirio. Ma il martirio non è mai una sconfitta;il martirio è il grado più alto della testimonianza che noi dobbiamo dare. Noi siamo in cammino verso il martirio, dei piccoli martiri: rinunciare a questo, fare questo...ma siamo in cammino. E loro, poveretti,danno la vita, ma la danno - come abbiamo sentito la situazione nel Pakistan - per amore a Gesù, testimoniando Gesù. Un cristiano deve sempre avere questo atteggiamento di mitezza, di umiltà, proprio l’atteggiamento che hanno loro, confidando in Gesù, affidandosi a Gesù. Bisogna precisare che tante volte questi conflitti non hanno un’origine religiosa; spesso ci sono altre cause, di tipo sociale e politico, e purtroppo le appartenenze religiose vengono utilizzate come benzina sul fuoco. Un cristiano deve saper sempre rispondere al male con il bene, anche se spesso è difficile. Noi cerchiamo di far sentire loro, a questi fratelli e sorelle, che siamo profondamente uniti -profondamente uniti! - alla loro situazione,che noi sappiamo che sono cristiani “entrati nella pazienza”. Quando Gesù va incontro alla Passione, entra nella pazienza. Loro sono entrati nella pazienza: farlo sapere a loro, ma anche farlo sapere al Signore. Vi pongo la domanda: pregate per questi fratelli e queste sorelle? Voi pregate per loro? Nella preghiera di tutti i giorni? Io non chiederò ora che alzi la mano colui che prega: no.Non lo chiederò, adesso. Ma pensatelo bene.Nella preghiera di tutti i giorni diciamo a Gesù: “Signore, guarda questo fratello,guarda a questa sorella che soffre tanto,che soffre tanto!”. Loro fanno l’esperienza del limite, proprio del limite tra la vita e la morte. E anche per noi: questa esperienza deve portarci a promuovere la libertà religiosa per tutti, per tutti! Ogni uomo e ogni donna devono essere liberi nella propria confessione religiosa, qualsiasi essa sia. Per-ché? Perché quell’uomo e quella donna sono figli di Dio.E così, credo di avere detto qualcosa sulle vostre domande; mi scuso se sono stato troppo lungo. Grazie tante! Grazie a voi, e non dimenticate: niente di una Chiesa chiusa, ma una Chiesa che va fuori, che va alle periferie dell’esistenza. Che il Signore ci guidi laggiù. Grazie.

SOLENNITÀ DI PENTECOSTE SANTA MESSA CON I MOVIMENTI ECCLESIALI 
OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO
Piazza San Pietro,Domenica 19 maggio 2013

Cari fratelli e sorelle, in questo giorno noi contempliamo e riviviamo nella liturgia l’effusione dello Spirito Santo operata da Cristo risorto sulla sua Chiesa;un evento di grazia che ha riempito il cenacolo di Gerusalemme per espandersi nel mondo intero. 
Ma che cosa avvenne in quel giorno così lontano da noi, eppure così vicino da raggiungere l’intimo del nostro cuore? San Luca ci offre la risposta nel brano degli Atti degli Apostoliche abbiamo ascoltato (2,1-11). L’evangelista ci riporta a Gerusalemme,al piano superiore della casa nella quale sono riuniti gli Apostoli. Il primo elemento che attira la nostra attenzione è il fragore che improvviso viene dal cielo, «quasi un vento che si abbatte impetuoso» e riempie la casa; poi le «lingue come di fuoco» che si dividevano e si posavano su ciascuno degli Apostoli. Fragore e lingue infuocate sono segni precisi e concreti che toccano gli Apostoli, non solo esteriormente, ma anche nel loro intimo: nella mente e nel cuore. La conseguenza è che «tutti furono colmati di Spirito Santo», il quale sprigiona il suo dinamismo irresistibile, con esiti sorprendenti:«Cominciarono a parlare in altre lingue nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi». Si apre allora davanti a noi un quadro del tutto inatteso: una grande follasi raduna ed è piena di meraviglia perché ciascuno sente parlare gli Apostoli nella propria lingua. Tutti fanno un’esperienza nuova, mai accaduta prima: «Li udiamo parlare nelle nostre lingue». E di che cosa parlano? «Delle grandi opere di Dio». Alla luce di questo brano degli Atti, vorrei riflettere su tre parole legate all’azione dello Spirito: novità, armonia, missione.
1 La novità ci fa sempre un po’ di paura,perché ci sentiamo più sicuri se abbiamo tutto sotto controllo, se siamo noi a costruire,a programmare, a progettare la nostra vita secondo i nostri schemi, le nostre sicurezze,i nostri gusti. E questo avviene anche con Dio. Spesso lo seguiamo, lo accogliamo,ma fino ad un certo punto; ci è difficile abbandonarci a Lui con piena fiducia, lasciando che sia lo Spirito Santo l’anima, la guida della nostra vita, in tutte le scelte; abbiamo paura che Dio ci faccia percorrere strade nuove, ci faccia uscire dal nostro orizzonte spesso limitato, chiuso, egoista, per aprirci ai suoi orizzonti. Ma, in tutta la storia della salvezza, quando Dio si rivela porta novità- Dio porta sempre novità -, trasforma e chiede di fidarsi totalmente di Lui: Noè costruisce un’arca deriso da tutti e si salva;Abramo lascia la sua terra con in mano solo una promessa; Mosè affronta la potenza del faraone e guida il popolo verso la libertà;gli Apostoli, timorosi e chiusi nel cenacolo,escono con coraggio per annunciare il Van-gelo. Non è la novità per la novità, la ricerca del nuovo per superare la noia, come avviene spesso nel nostro tempo. La novità che Dio porta nella nostra vita è ciò che veramente ci realizza, ciò che ci dona la vera gioia, la vera serenità, perché Dio ci ama e vuole solo il nostro bene. Domandiamoci oggi:siamo aperti alle “sorprese di Dio”? O ci chiudiamo, con paura, alla novità dello Spirito Santo? Siamo coraggiosi per andare per le nuove strade che la novità di Dio ci offre o ci difendiamo, chiusi in strutture caduche che hanno perso la capacità di accoglienza? Ci farà bene farci queste domande durante tutta la giornata.
2 Un secondo pensiero: lo Spirito Santo,apparentemente, sembra creare disordine nella Chiesa, perché porta la diversità dei carismi, dei doni; ma tutto questo invece,sotto la sua azione, è una grande ricchezza,perché lo Spirito Santo è lo Spirito di unità,che non significa uniformità, ma ricondurre il tutto all’armonia. Nella Chiesa l’armonia la fa lo Spirito Santo. Uno dei Padri della Chiesa ha un’espressione che mi piace tanto lo Spirito Santo “ipse harmonia est”. Lui è proprio l’armonia. Solo Lui può suscitare la diversità, la pluralità, la molteplicità e,nello stesso tempo, operare l’unità. Anche qui, quando siamo noi a voler fare la diversità e ci chiudiamo nei nostri particolarismi,nei nostri esclusivismi, portiamo la divisione;e quando siamo noi a voler fare l’unità se-condo i nostri disegni umani, finiamo perportare l’uniformità, l’omologazione. Se in-vece ci lasciamo guidare dallo Spirito, la ricchezza, la varietà, la diversità non diventano mai conflitto, perché Egli ci spinge a vivere la varietà nella comunione della Chiesa. Il camminare insieme nella Chiesa, guidati dai Pastori, che hanno uno speciale carisma e ministero, è segno dell’azione dello Spirito Santo; l’ecclesialità è una caratteristica fondamentale per ogni cristiano, per ogni comunità, per ogni movimento. È la Chiesa che mi porta Cristo e mi porta a Cristo; i cammini paralleli sono tanto pericolosi!Quando ci si avventura andando oltre (proa-gon) la dottrina e la Comunità ecclesiale -dice l’Apostolo Giovanni nella sua Seconda Lettera - e non si rimane in esse, non si è uniti al Dio di Gesù Cristo (cfr 2Gvv. 9).Chiediamoci allora: sono aperto all’armonia dello Spirito Santo, superando ogni esclusivismo? Mi faccio guidare da Lui vivendo nella Chiesa e con la Chiesa? 
3 L’ultimo punto. I teologi antichi dicevano: l’anima è una specie di barca a vela, lo Spirito Santo è il vento che soffia nella vela per farla andare avanti, gli impulsi e le spinte del vento sono i doni dello Spirito. Senza la sua spinta, senza la sua grazia, noi non andiamo avanti. Lo Spirito Santo ci fa entrare nel mistero del Dio vivente e ci salva dal pericolo di una Chiesa gnostica e di una Chiesa autoreferenziale,chiusa nel suo recinto; ci spinge ad aprire le porte per uscire, per annunciare e testimoniare la vita buona del Vangelo, per comunicare la gioia della fede, dell’incontro con Cristo. Lo Spirito Santo è l’anima della missione. Quanto avvenuto a Gerusalemme quasi duemila anni fa non è un fatto lontano da noi, è un fatto che ci raggiunge, che si fa esperienza viva in ciascuno di noi. La Pentecoste del cenacolo di Gerusalemme è l’inizio, un inizio che si prolunga. Lo Spirito Santo è il dono per eccellenza di Cristo ri-sorto ai suoi Apostoli, ma Egli vuole chegiunga a tutti. Gesù, come abbiamo ascoltato nel Vangelo, dice: «Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre» (Gv 14,16). È lo Spirito Paràclito, il «Consolatore», che dà il coraggio di percorrere le strade del mondo portando il Vangelo! Lo Spirito Santo ci fa vedere l’orizzonte e ci spinge fino alle periferie esistenziali per annunciare la vita di Gesù Cristo. Chiediamoci se abbiamo la tendenza di chiuderci in noi stessi, nel nostro gruppo,o se lasciamo che lo Spirito Santo ci apra alla missione. Ricordiamo oggi queste tre parole: novità, armonia, missione. La liturgia di oggi è una grande preghiera che la Chiesa con Gesù eleva al Padre,perché rinnovi l’effusione dello Spirito Santo. Ciascuno di noi, ogni gruppo, ogni movimento, nell’armonia della Chiesa, si rivolga al Padre per chiedere questo dono.Anche oggi, come al suo nascere, insieme con Maria la Chiesa invoca: «Veni Sancte Spiritus! - Vieni, Spirito Santo, riempi i cuori dei tuoi fedeli e accendi in essi il fuoco del tuo amore!». Amen. 

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