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I mafiosi si convertano a Dio, non possono rendere schiavi donne e bambini. Il Papa all'Angelus
“I mafiosi e le mafiose si convertano a Dio”. Questa preghiera di Papa Francesco, salutata da salve di applausi, ha caratterizzato l’Angelus di questa mattina in Piazza San Pietro. Ricordando la Beatificazione, avvenuta ieri, di don Pino Puglisi, il Papa ha stigmatizzato lo sfruttamento delle mafie ai danni di milioni di vittime, esclamando: “Non possono fare di noi fratelli schiavi”.
Sullo sfondo non si staglia la Valle dei Templi di Agrigento ma le architetture vaticane, eppure 20 anni sembrano cancellati d’un colpo quando, con voce forse meno tonante ma non meno addolorata, Papa Francesco riecheggia le storiche parole di Giovanni Paolo II nel 1993. Ma prima di approdare all’analogo auspicio di conversione, la denuncia di Papa Francesco si allarga a tutti quei contesti dove il crimine la fa da padrone con soprusi e violenze:
“Io penso a tanti dolori di uomini e donne, anche di bambini, che sono sfruttati da tante mafie, che li sfruttano facendo fare loro un lavoro che li rende schiavi, con la prostituzione, con tante pressioni sociali. Dietro a questi sfruttamenti, dietro a queste schiavitù, ci sono mafie. Preghiamo il Signore perché converta il cuore di queste persone. Non possono fare questo. Non possono fare di noi, fratelli, schiavi! Dobbiamo pregare il Signore! Preghiamo perché questi mafiosi e queste mafiose si convertano a Dio”.
A innescare questo crescendo spontaneo è stato pochi istanti prima, appena dopo la preghiera dell’Angelus, il ricordo di don Pino Puglisi, beatificato ieri in quella Palermo nella quale il 15 settembre di 20 anni fa la mafia lo assassinò. Un uomo, afferma il Papa, la cui vita e la cui morte sono ancora oggi un monito per chi pensava di strappare con lui anche ciò che aveva seminato:
“Don Puglisi è stato un sacerdote esemplare, dedito specialmente alla pastorale giovanile. Educando i ragazzi secondo il Vangelo li sottraeva alla malavita, e così questa ha cercato di sconfiggerlo uccidendolo. In realtà, però, è lui che ha vinto, con Cristo Risorto”.
Gli applausi della folla, enorme anche questa domenica, sono una scia sonora che prolunga l’eco delle parole del Pontefice nel Colonnato della Piazza. Ma lo stile comunicativo del Papa ha nel frattempo regalato altri efficaci spunti di riflessione, più eminentemente spirituali. Parlando della Trinità, come due ore prima con i bambini di una parrocchia romana – e affermando come questo mistero significhi qualcosa di concreto e non che Dio sia “qualcosa di vago” – Papa Francesco ritrova una espressione che da qualche settimana ha fatto il giro del mondo:
“Il nostro Dio non è un Dio 'spray', è concreto, non è un astratto, ma ha un nome: ‘Dio è amore’. Non è un amore sentimentale, emotivo, ma l’amore del Padre che è all’origine di ogni vita, l’amore del Figlio che muore sulla croce e risorge, l’amore dello Spirito che rinnova l’uomo e il mondo. Pensare che Dio è amore ci fa tanto bene, perché ci insegna ad amare, a donarci agli altri come Gesù si è donato a noi, e cammina con noi”.
E per rafforzare il concetto di un amore che non è mai volato alto sul destino dell’umanità, ma al contrario si è strettamente intrecciato con le vicende della storia di ogni epoca, Papa Francesco prosegue:
“La Santissima Trinità non è il prodotto di ragionamenti umani; è il volto con cui Dio stesso si è rivelato, non dall’alto di una cattedra, ma camminando con l’umanità (...) Dio ha camminato con il suo popolo nella storia del popolo d’Israele e Gesù ha camminato sempre con noi e ci ha promesso lo Spirito Santo che è fuoco, che ci insegna tutto quello che noi non sappiamo, che dentro di noi ci guida, ci dà delle buone idee e delle buone ispirazioni.
La considerazione finale è per Maria, colei – afferma Papa Francesco – che grazie a Cristo “è già nella gloria della Trinità” e, allo stesso tempo, una Madre vicinissima ai suoi figli:
“E’ la Madre della speranza, nel nostro cammino, nella nostra strada, Lei è la Madre della speranza. E’ la Madre anche che ci consola, la Madre della consolazione e la Madre che ci accompagna nel cammino. Adesso preghiamo la Madonna tutti insieme, a nostra Madre che ci accompagna nel cammino”.
Al termine della recita dell’Angelus, dopo aver affidato all’intercessione del Beato Puglisi – e di San Filippo Neri, altro grande formatore dei giovani che la Chiesa celebra il 26 maggio – il lavoro dell’“Associazione Nazionale San Paolo degli Oratori e dei Circoli Giovanili”, e ancora aver salutato l’Associazione italiana sclerosi multipla, Papa Francesco ha riservato attenzione particolare a uno tra i molti gruppi presenti in Piazza San Pietro:
“Saluto il gruppo di cattolici cinesi qui presenti, che si sono riuniti a Roma per pregare per la Chiesa in Cina, invocando l’intercessione di Maria Ausiliatrice”.
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