L a grande crisi economica dalla quale fatichiamo a uscire non ha neppure lambito il mercato, enorme e profittevole, della fecondazione assistita, nel quale tutto si compra, tutto si vende e ogni cosa ha il suo prezzo, dai corpi delle donne ai figli. È un fenomeno globale, una realtà purtroppo consolidata della quale non si ha ancora – o non si vuole avere – la consapevolezza che meriterebbe. Cresce tuttavia il numero di chi denuncia questa riduzione di esseri umani a 'mercanzia', ammantata da giustificazioni scientiste o dal verbo individualista dei «diritti insaziabili», che per saziare alcuni, finiscono per togliere tanto a tantialtri. Finora anche i più convinti sostenitori di procedure come la fecondazione eterologa e la relativa compravendita di gameti, o la maternità surrogata, hanno mostrato un certo imbarazzo a parlare apertamente di 'commercializzazione' a riguardo, preferendo piuttosto espressioni come «donazione altruistica» o «atti solidali», magari con relativi «rimborsi spese ». Ma le bugie, si sa, hanno le gambe corte. Non durano: è sempre più difficile continuare a negare che quello dei figli in provetta sia innanzitutto un mercato lucroso. E quindi si comincia ad ammetterlo, con tutte le giustificazioni del caso. È il caso, per esempio, di una rivista prestigiosa come il New England Journal of Medicine, in cui recentemente in un articolo si sono discussi i pro e i contro della vendita di embrioni «fabbricati su ordinazione».
«La proliferazione di fonti commerciali di gameti (cioè banche di ovociti e spermatozoi) ha aperto la porta a un’ industria di embrioni fabbricati su ordinazione nei quali gli embrioni sono generati avendo in mente una transazione commerciale. Questa prospettiva di una banca profit di embrioni non è più teorica», scrivono gli autori, che, citando notizie raccolte dal Los Angeles Times , spiegano l’attività in questo senso di alcune cliniche, con un linguaggio squisitamente commerciale. Sono proprio le cliniche, non i «clienti» a controllare gli embrioni, tagliando sui costi: «Da un donatore di ovociti e da uno di sperma si crea un singolo lotto di embrioni, che poi si divide fra diversi pazienti». In questo modo «si fanno bambini per tre o quattro pazienti mentre si pagano i donatori e il laboratorio solo una volta». Segue un dotto discettare sui vantaggi e i pericoli della donazione piuttosto che della vendita degli embrioni, e si riflette, per esempio, sul fatto che «scegliere se particolari bambini saranno o meno prodotti, è più simile alla vendita di gameti che a quella di bambini» (considerata dagli autori, bontà loro, chiaramente illecita). In conclusione si osserva la mancanza di una legislazione dedicata, e si invita a provvedere qualora la vendita di embrioni fatti su ordinazione diventi una realtà praticabile.
Molto si potrebbe dire sui toni apparentemente asettici con cui gli autori trattano l’argomento: è il metodo infingardo con cui certa accademia nasconde pesanti giudizi di valore dietro presentazioni falsamente neutrali ed equilibrate, ponendo sullo stesso piano e dando quindi la stessa legittimazione a orientamenti assai diversi. Quando si paragonano la possibilità di adozione, donazione e vendita di embrioni, come se tutte le opzioni fossero uguali, si dà un giudizio di valore ben preciso: gli embrioni possono essere ugualmente considerati persone o merce, ed entrambe le posizioni, a giudizio di lorsignori, sono ragionevoli ed accettabili. Ma l’articolo in questione rivela anche altro, e cioè quanto oramai sia diffuso e tollerato il mercato della fabbricazione dell’umano , quanto sia entrato a far parte del nostro orizzonte quotidiano. Un monito, specie per chi vorrebbe ostinatamente abbattere gli argini posti a tutto questo dalla nostra legge 40 sulla procreazione assistita: chi si ostina a voler togliere alcune garanzie, spacciandole per «limiti crudeli e antiscientifici», ammetta con onestà e chiarezza che la fiera della fecondazione assistita non lo disturba.
L’iniziativa 'Uno di noi', con la quale in tante parrocchie e piazze italiane domenica prossima saremo invitati a chiedere all’Europa con la nostra firma la protezione giuridica dal concepimento di ogni essere umano, vuole essere un contributo anche in questo senso, contro la riduzione a merce della donna e dell’uomo, sempre e comunque.
ASSUNTINA MORRESI
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