martedì 4 febbraio 2014

Volti vari, silenziosi, ignorati che ci camminano accanto

«Ahhhh». Perché nessuno è solo e senza macchia
 in un giorno come gli altri


  di Marina Corradi
 
M
ilano, febbraio – L’altra sera a tavola uno schizzo di sugo, maldestramente partito dalla mia forchetta, è decollato e ha raggiunto con scientifica precisione il golf, nuovo, che avevo addosso. Nel silenzio dei familiari attorno – sanno che in simili occasioni è meglio non fare inutili commenti – mi è sembrato di sentire fra me come l’eco di un 'ahhhh!' di costernazione, e di altri coloriti accidenti, pronunciati con un
netto accento emiliano.
  E mentre mi alzavo di scatto per
 procurarmi un antidoto alla macchia, improvvisamente mi è venuto da ridere.
  Perché quell’'ahhhh!' di raccapriccio, mille volte l’ho sentito, quando mio padre era vivo; direi quasi ogni volta che ci si sedeva a tavola, e nonostante il suo tovagliolo, generosamente schierato a fare scudo alla camicia. Non c’era niente da fare: mio padre, inviato di guerra ma figlio di gente semplice, a tavola tradiva, dopo tanti giri del mondo, le sue radici popolari. A volte mi portava a cena con i suoi colleghi, e io, bambina, notavo che alla fine solo il suo risvolto della sua giacca portava una 'padella' di sugo d’arrosto – come una medaglia, mi dicevo. Tutti gli altri commensali, perfetti; solo mio padre combinava regolarmente disastri. E ogni volta,
 vedendosi trafitta la cravatta o la camicia, quell’'ahhhh!' di dolore; cui seguivano certi suoi nervosi riti, mollica di pane a assorbire, e talco, da domandare d’urgenza al cameriere.
  (Mentre la macchia, almeno a me pareva, si sdraiava più comoda sul tessuto).
  Un giorno poi in casa scoprii, nascosto in un cassetto come una reliquia, un libretto dal titolo eloquente: «Smacchiare è facile». Dove si spiegava come con benzina, trielina o candeggina opportunamente dosate, nessuna macchia resista. (Non si spiegava, però, come reagissero la seta o la lana a simili procedure. Io sospettavo che la macchia sparisse, per lasciar posto a un buco).
  Comunque, nonostante i manuali
 nascosti, le macchie perseguitarono mio padre per tutta la vita. E quando io, cresciuta, cominciai a mostrare, a tavola, una strana tendenza alla sua stessa goffaggine, lui se ne usciva nel suo 'ahhhh!', guardandomi con rimprovero. (E però, mi pareva, anche con una punta di complice tenerezza).
  Così oggi, tanti anni dopo la sua morte, è assurdo, ma con quella macchia sul golf mi è sembrato proprio di sentire il suo costernato 'ahhhh!'. Tanto che mi sono commossa, e ho sorriso, e quasi avrei voluto guardarmi alle spalle. Ma lo so, certo, che non avrei visto niente.
  Sono invisibili, quei volti cari che silenziosi, ignorati, ci camminano accanto.
 

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