domenica 2 febbraio 2014

Questo dono è per sempre

OLYMPUS DIGITAL CAMERAIl mistero della nascita riempie la nostra esistenza di gioia, speranza e stupore. Ma ancor più, ci fa riflettere sul mistero della positività dell’essere e sulla sua natura di dono.

Quattro livelli di un mistero
La nascita è un mistero molto profondo, che riflette in certo qual modo il mistero di Dio.
C’è innanzitutto un livello biologico, forse il più ovvio, ma per niente banale. La vita, frutto dell’unione amorosa tra un padre e una madre, ci è data con e attraverso un’esistenza corporea. Il nostro stesso corpo ci ricollega continuamente alla nostra nascita, al fatto che siamo stati dati, “consegnati a noi stessi”. Il nostro corpo ci ricorda che la nostra vita è una vita ricevuta al momento del concepimento e lungo tutto l’arco della nostra esistenza storica.
Il corpo ci porta al livello ontologico del mistero della nascita, ci pone la domanda sul mistero del nostro essere. Veniamo all’esistenza da un’unione di due persone, un uomo e una donna, ma siamo distinti da esse. In un ulteriore riflesso della sua origine, il nostro nascere ci svela che il nostro essere è unicamente nostro e nello stesso momento non lo è: è infatti comune anche a tutto ciò che esiste. L’essere con l’altro ha dentro un compito: scoprire chi siamo rimanendo nello stupore che nasce dal fatto che ci siamo.
Il corpo e l’essere nostro racchiudono poi un significato spirituale. La nostra è la nascita di uno spirito, cioè di qualcuno che diventa cosciente di se stesso dentro un dialogo libero e amoroso con un altro. Lo spirito umano cresce nel momento in cui ascolta, dialoga e abita la sorgente che lo genera. Questa crescita prende forma nelle cose belle della vita, così come nei suoi drammi e nei suoi fallimenti. Tutte le cosiddette rinascite che sperimentiamo una volta nati, come l’innamoramento, il diventare padri e madri, l’essere perdonati e così via, sono l’espressione di quella prima e originale nascita, nonché una sua nuova fioritura.
Il significato spirituale ci apre ad un ultimo livello della nascita, quello teologico. Guardiamo alla sorpresa generata in noi dall’annuncio di un nuovo bimbo nato: questa sorpresa è essenzialmente un segno della relazione con la sorgente ultima dell’essere, che ha dato al bambino la vita. Irriducibile ai suoi parenti o a leggi biologiche, il bambino nasce dentro una solitudine che nessuna compagnia umana può eliminare. La solitudine di questa doppia irriducibilità non è comunque un’emarginazione, piuttosto è il segno di una profonda comunione. Il bambino è posto in dialogo all’inizio della vita e in ogni istante successivo con l’origine ultima dell’esistenza, che la teologia chiama “Dio”. La nostra esistenza è un movimento da e verso l’essere eterno, il quale ci accompagna quotidianamente, anche se spesso non ne sentiamo la presenza.

Eterno principio
Il mistero della nascita ci offre la possibilità di comprendere l’unità del nostro essere in termini di dono. La diffusa e positivistica idea della nostra cultura che la nascita, e così l’esistenza stessa, sia meramente il frutto di un caso o di una necessità, non rende conto della sorpresa che è propria dell’esistenza della vita, dell’esistenza dello spirito e della sua interezza irriducibile. Tuttavia il significato di dono non è ovvio.
La nostra cultura, convinta che la frammentazione è più primordiale dell’unità, non vede come la relazione tra essere ed esistere, tra Dio e il mondo, e degli uomini tra loro, sia l’attuarsi di un dono. Riduce la nascita e il dono a cose ovvie che l’uomo può fare. Il fatto che la biotecnologia, per ridurre il nostro dolore, ci permetta di manipolare sempre di più la vita sin dal suo inizio sembra essere una prova, la perfetta giustificazione, che, per ciò che conta, noi ci facciamo da noi stessi. In quest’ottica riduciamo il dono ad un semplice regalo da offrire per premiare qualcuno o per comperare qualcosa (una stima, un potere, un perdono).
Invece di consistere in una serie di frammenti sconnessi, la nostra vita nasce ed è chiamata all’unità. Il mistero della nascita ci pone di fronte a questa bellezza sconfinata: l’unità dell’essere – e quindi di Dio e dell’uomo nella sua esistenza concreta – ha la forma del dono e il dono rivela la permanenza dell’unità.
L’universale concreto
Diventando carne nella vergine Maria, il Logos eterno del Padre ci viene incontro nella forma di una persona concreta. La sua Incarnazione, che si compie solo quando Cristo torna al Padre e ci manda il suo Spirito, è l’archetipo del dono. In questo modo Egli, l’universale concreto, rivela anche il significato vero del dono e ci rivela la natura di Dio come dono.
La sua eternità è dono, sempre identico e sempre nuovo. Dio è vita che si dona senza limite: il Figlio nasce eternamente dal Padre, il quale conferma la sua risposta di amore donando con lui, ancora, il frutto esuberante dello Spirito. Ma Dio non si ferma lì. Ci chiama all’essere, a partecipare di questa nascita misteriosa nella quale non vuole altro che riceviamo lui, il suo amore, con la gratuità che solo a Lui è propria.
Il dono di Cristo agli uomini non elimina tutta la sofferenza umana e non risolve ogni problema. Egli, però, permette l’incontro del divino con la libertà umana: tale incontro è ciò che chiamiamo dramma, che prende corpo sempre nuovamente nella storia. Colui che vive senza calcoli questo dramma, rimanendo radicato nella gioia della propria continua nascita, cresce e diviene sempre più come un figlio amato che cammina sorretto dalle mani del Padre. Attraverso il dolore, in una libertà senza fondo, egli scopre così un’umiltà certa e coraggiosa che, dal cuore del mondo, custodisce, afferma, e invoca la verità dell’essere.  Antonio López 

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