domenica 9 novembre 2014

Omelia di don Carlo Venturin Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’universo – 9/11/2014

Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’universo – 9/11/2014
2Sam 7, 1-ss       La casa di Dio è l’universo
Salmo 45             “Dio ti ha consacrato con olio di esultanza”
Col 1, 9-14           comportarsi in maniera degna del Signore, per piacergli in tutto
Gv 18, 33-37         Gesù di fronte a Pilato, o Pilato di fronte a Gesù?

L’odore delle pecore ( Papa Francesco )

Quando fu istituita, questa solennità risentiva del “clima politico” all’inizio del secolo scorso. Dal Vat. II il messaggio riguarda sia la fine dell’anno liturgico, sia la Guida Gesù Cristo. Non in contrapposizione alle autorità terrene, ma il senso ultimo della vita, cioè la signoria di Cristo su tutto il creato. Egli è colui che ha rinnovato tutte le cose (“Instaurare omnia in Christo”) e “consegnerà il Regno a Dio Padre”.

Gesù nei Vangeli è chiamato re in più occasioni. A Natale dai Magi è definito “Re dei Giudei”. Nella passione Pilato, rivolgendosi a Gesù, lo interroga: “Sei tu il re dei Giudei? Tu lo dici: io sono re. Per questo sono nato e per questo sono venuto nel mondo”, ma “il mio Regno non è di questo mondo”, è oltre la figura di Davide, archetipo di tutti i re di Israele, oltre quella di Salomone, il re saggio e sapiente per antonomasia. La scritta posta sulla croce, con la causale della condanna, dichiara: “Gesù Nazareno, re dei Giudei”. Così nel giudizio finale: “Allora il Re dirà…” (Matteo 25, 34). Per questo si chiede con Gesù: “Venga il tuo Regno”.

All’immagine del re va associata quella del Pastore. Nell’oriente antico i re designavano se stessi come pastori del popolo, che significava anche potere di vita e di morte. Il popolo era considerato “pecorume”, o “carne da macello” (si veda la retorica sulla prima guerra mondiale). Dio si dichiara con Ezechiele un re e un pastore diverso: “Cercherò le mie pecore… io stesso le condurrò al pascolo. Andrò a cercare la pecora perduta… fascerò quella ferita e curerò quella malata… le pascerò con giustizia”. Gesù completa queste immagini nella sua persona. Egli è il pastore che offre la vita per le pecore (Gv 10), che va alla ricerca di quella perduta. Non ritiene le pecore come riserva di caccia, da cui attingere a piacimento: si è reso agnello, si è messo dalla parte di chi veniva calpestato, deriso, ucciso. Per questo risponde a Pilato che il suo regno non è di questo mondo. Nel “prefazio” di oggi così si esprime la liturgia: regno di verità e di vita, regno di santità e di grazia, regno di giustizia, di amore, di pace.

Al termine dell’anno liturgico ci si deve interrogare su quale frutto di bene abbia portato, la capacità di riconoscere il Volto di Cristo Pastore nel nostro prossimo, se siamo cresciuti nell’amore, nella consapevolezza di essere Chiesa per il bene di tutti, se ci siamo      “comportati in maniera degna del Signore, per piacergli in tutto” (Paolo), se siamo stati magnanimi e perseveranti, per “essere trasferiti nel regno del Figlio”.

Papa Francesco nell’ «Evangelii Gaudium» insiste su Gesù Pastore e Re. Un Re che lava i piedi degli Apostoli, come un servo. Egli si coinvolge e coinvolge i suoi, mettendosi  in ginocchio davanti agli altri per lavarli. La comunità cristiana si mette, mediante opere e gesti, nella vita quotidiana degli altri, accorcia le distanze, toccando la carne sofferente di Cristo nel popolo. Con una espressione ardita afferma che la Chiesa debba avere  “L’ODORE DELLE PECORE”, cioè la Chiesa stessa che vive in contatto, quasi in simbiosi, con il prossimo. Il Papa invita la comunità a vivere “in mezzo alle case dei suoi figli e delle sue figlie” (cfr Giovanni Paolo II), come fece il Re-Pastore Gesù. Gesù lasciò le pecore nell’ovile per cercare la smarrita, si coinvolse fino alla morte con i suoi e le altre pecore che non sono nell’ovile.

Sull’esempio e sulle parole di Gesù Re occorre uscire (“Chiesa in Uscita”): “andate, annunciate, fate discepoli, create un ovile che abbraccia il mondo intero fino agli estremi confini della terra”.

Tutto questo comporta “incidenti di percorso”. Gesù Re nel suo grande viaggio da cielo a terra l’ha sperimentato, da quando è arrivato sulla terra fino al Calvario. Aveva in sé “l’odore delle pecore” da portare al Padre. Papa Francesco  invita la Chiesa  sulla stessa falsariga del Maestro. “Preferisco una Chiesa accidentata, ferita, sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze”. Come Gesù non ebbe paura di mescolarsi e subire improperi e scomuniche dalla sinagoga, il Papa invita: “Più della paura di sbagliare spero che ci muova la paura di rinchiuderci nelle strutture che ci danno una falsa protezione, nelle norme che ci trasformano in giudici implacabili, nelle abitudini in cui ci sentiamo tranquilli, mentre fuori c’è una moltitudine affamata e Gesù ripete senza sosta: «Voi stessi date da mangiare»”. Egli è Re, punto di riferimento per le Chiesa.



Don Carlo

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