sabato 11 ottobre 2014

Omelia di don Carlo Venturin : 7^ dopo il martirio di S. Giovanni - 12/10/2014


Is 65, 8-12           il succo in un grappolo buono  (seme e terreno buoni )
Salmo 81             “Il popolo di Dio ascolta la sua voce”
1Cor 9, 7-12        “abbiamo seminato in voi beni spirituali”
Mt 13, 3-23         la semina buona c’è, non sempre il terreno buono

                                   Ascoltare, accogliere, comprendere, produrre frutto

La parabola (similitudine prolungata, esempio da applicare nella realtà) può anche definirsi “parabola dei diversi terreni”; vi è un’unica azione, quella del seminatore, con esiti ben diversi a seconda del terreno in cui il seme cade, ma anche da circostanze esterne: vi è il contrasto tra il fallimento e il successo. L’elemento finale (terreno buono)  è determinante: il racconto serve a Gesù per chiarire lo sviluppo della sua missione, segnata da rifiuto e da adesione, soprattutto per confermare i discepoli nella sicurezza del successo. La comunità in ascolto può verificare il proprio modo dell’accoglienza della Parola e rimuovere gli ostacoli che la bloccano. Con la parabola Gesù indica anche il metodo dell’annunciare il Vangelo: la proposta, l’ascolto, il dialogo, il coinvolgimento dei presenti. A loro non viene detto né che cosa viene seminato, né chi sia il seminatore.

La parabola non racconta una storia, ma quattro, collegate tra loro dal “seminatore”:    “Ecco il seminatore uscì a seminare”, scena ben conosciuta da un popolo agricoltore, come oggi può vedersi il lavoro con vari risultati, che oggi sembrano negativi, altro che “il cento, il sessanta, il trenta” (il PIL è sotto lo zero). I quattro “terreni: la strada, terreno sassoso, i rovi, l’humus. Sono descritti anche gli “avversari”: gli uccelli, il sole fa terra bruciata, perché le radici sono in superficie, il soffocamento. Nella spiegazione-Omilia ai suoi (non alla folla indistinta: “A voi è dato conoscere i misteri”), il Maestro concretizza i nemici: il Maligno, l’incostanza, la tribolazione, una persecuzione, la preoccupazione per il mondo (mondanità), la seduzione della ricchezza; ma chi ascolta e comprende è il credente realizzato in pienezza. Il terreno coltivato viene intenzionalmente utilizzato per l’alimentazione umana.

La Liturgia propone le altre letture come chiave di lettura nel capire e vivere il Vangelo. Isaia parla di “Un succo in un grappolo”, ma pochi approfittano di tale fragranza: “ho chiamato e non avete risposto, ha parlato e non avete udito”. Il Salmo richiama “l’ascolta, Israele” di domenica scorsa, sull’amore totale a Dio e al prossimo: “se il mio popolo mi ascoltasse!”. Paolo richiama i Corinti a dare frutti buoni, anche materiali, a noi che “abbiamo seminato beni spirituali”; anche se non vi comportate così, a noi interessa “non mettere ostacoli al Vangelo”.

Da sottolineare nel racconto è la mancanza del richiamo al Regno di Dio, come di solito avviene in altre parabole (“Il Regno di Dio è simile a…”), ma anche del nome del seminatore  (come nella parabola del seme e della zizzania ); Matteo vuole sottolineare la quotidianità, le azioni, il compito delle creature nel mondo (parabola dei talenti?): ascoltare, accogliere con gioia, comprendere la complessità, produrre frutto buono (le opere buone, la casa fondata sulla roccia). Non esiste un solo frutto buono, entrano in gioco le caratteristiche, il temperamento, le qualità naturali, ma anche i limiti e gli errori.

Il racconto parabolico illustra anche il buon ordinamento della creazione. Il seminatore è Dio nell’Eden, che a larghe mani spande il seme per terreni fecondi, per ogni genere di flora e fauna, per il firmamento, per le creature umane. La PAROLA è il germe iniziale: “Dio disse…” e “tutto era bello”; altri vennero a deturpare l’habitat, creando disuguaglianze, invidie, omicidi, alluvioni, guerre, invasioni. Non tutto “porta frutto buono”, perché vi è la variabile indipendente che si chiama UOMO-DONNA-MALIGNO. La libera scelta, le decisioni autonome, le ragioni della forza hanno il sopravvento sulle intenzioni del seminatore. Mediante la parabola della semina-creazione, viene affermato che tanto la Parola, quanto gli esseri umani hanno, in base al fatto di essere seminati da Dio, la qualità di portare frutto e la responsabilità del dare seguito al seme-parola.

Gesù sta parlando ai discepoli, che devono dal piccolo seme allargare i confini della Chiesa, “Fino agli estremi confini della terra” in ogni epoca. E’ la vitalità della Chiesa, come richiama Papa Francesco, è il seme che viene sparso a larghe mani nel Sinodo dei Vescovi riguardo al “Seme” famiglia”.

NB: le esperienze pastorali del seme nella diocesi di Boston per bocca dell’Arcivescovo Card. O’ Malley.


Don Carlo


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