giovedì 23 ottobre 2014

La mia terapia anti-depressione? Occhi aperti alla realtà e quadernino in tasca. Lavorare e scrivere

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Grafoterapia. Non so se questa parola esiste nel dizionario italiano. In quello spagnolo non c’è. Mi è venuta in mente leggendo le tante lettere delle persone che soffrono di depressione, una malattia che provoca tanta afflizione. La grafoterapia è uno dei mezzi che mi hanno aiutato a uscire dalla depressione, e la sento ancora molto utile. Venticinque anni fa ho imparato questo metodo per lottare contro il tormento del «male del vivere», come lo definiva Cesare Pavese. Molti mi chiedono come sono riuscito a tenere duro e a convivere con questa bestia.
Prima di tutto, l’importante è riconoscere questa malattia e vederla come possibilità per passare dall’infantilismo alla maturità. Questo significa passare da lamento e autocommiserazione al riconoscere che quello che succede nella vita non è frutto del caso ma è il progetto di Dio, che si serve delle circostanze per mostrarci il suo amore infinito o per prepararci ad assumere un compito particolare. Non dimentichiamoci che nella ascesi cristiana questo terribile dolore si chiamava “notte dell’anima”. Pensiamo a santa Teresa D’Avila, beata Teresa di Calcutta, la fondatrice delle Ancelle della Carità di Brescia o santa Maria Crocifissa Di Rosa. Purtroppo in una società senz’anima tutto si pretende misurare o ridurre a un problema psichico. Quando don Giussani parla di “ascesi per una liberazione” (III capitolo del Senso religioso) credo che faccia riferimento a questa fatica, a questa oscurità. Ricordo l’importanza che ha avuto nella mia vita l’educazione a scrivere. Di fatto i vari libri sulle Riduzioni Gesuitiche sono nati nell’epoca più drammatica della mia malattia.
Tutti sappiamo che normalmente la depressione si manifesta nel dominio della fantasia, dell’ossessione, e quando uno soffre di questa malattia vuole ritirarsi, fuggendo dalla realtà, non vuole uscire, vuole restare nella propria stanza fino al punto in cui la realtà si confonde con la fantasia. È stato nel pieno della crisi che Dio e la santa Vergine mi hanno fornito un metodo molto duro ma molto bello per uscire lentamente dalla depressione. Un metodo che più avanti si è trasformato nella regola fondamentale del Collegio: calli nelle mani, cioè lavorare e scrivere.
Ho vissuto un’esperienza dura però bella. Osservare la realtà lasciandomi provocare da essa. Questa provocazione mi ha fatto imparare una cosa molto semplice. Afferrare una penna e un foglio e scrivere quello che mi affascinava della realtà in ogni momento. Quando uno scrive, infatti, è obbligato a prendere sul serio quello che lo colpisce della realtà. Per questo ho imparato a raccontare quello che quotidianamente mi succede. Andavo sempre in giro con un quadernino in tasca in modo tale che davanti a un fatto che mi colpiva potevo mettere per iscritto quello che vedevo, descrivendo tutti i dettagli della realtà che si palesavano davanti ai miei occhi.
padre-aldo-trento-compagnia-fraternitaL’importanza di osservare
Con questo metodo, lentamente, ho incatenato la fantasia poiché tutto di me era preso a guardare la realtà per poi mettere tutto per iscritto. Oggi stesso continuo a usare questo metodo. Per me narrare un fatto o descrivere qualcosa che mi colpisce rappresenta uno dei punti fondamentali della terapia: uscire da se stessi e osservare la realtà. Quando scrivo per Tempi o per il bollettino della Clinica, mi coinvolgo totalmente, al punto che neanche mi rendo conto del tempo che passa.
È stato solo per non lasciare nella solitudine tutti coloro che mi chiedevano aiuto che ho ripreso a scrivere. In questi ultimi mesi non volevo cadere vittima della depressione che è una bestia sempre pronta ad entrare nella vita di qualcuno. Raccontare è immedesimarsi con la realtà e mostrarla in tutta la sua bellezza. È un lungo cammino che necessita tanta pazienza perché uno normalmente si lascia trasportare dalla fantasia o dalle ossessioni contro le quali non è facile combattere. Guardando alla mia esperienza, ho sentito il bisogno di non lasciarmi intrappolare dalla fantasia. L’unico cammino è quello di stare davanti alla realtà accettando le sfide che ti pone. La grafoterapia è un metodo molto semplice come quello della labor-terapia. Esige solo che la persona che vive questa circostanza permetta alla realtà di entrare non solo negli occhi ma anche nel cuore.
paldo.trento@gmail.com

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