1) Nel Natale di Gesù si ricorda un Bambino, lo si venera, ha la massima riverenza, "si diventa più buoni"! L'augurio per i "navigatori" vuole significare l'attenzione sui bambini-giovani, sui quali grava l'ipoteca del futuro. Andando a ritroso, mi sovviene lo scrittore latino Decimo Giunio Giovenale (55-130 d.C.). Così descrive (14^ satira "pedagogica") la famiglia, con fanciulli: un tempio . "Nulla che sia turpe a dirsi e a farsi e a vedersi tocchi queste soglie, dentro le quali c'è un padre: lontano da qui, ah lontano le giovani disoneste, e il canto del parassita che fa della notte il giorno!" "Maxima debetur puero reverentia". Sono versi celebri, che da soli valgono un trattato di pedagogia.
2) Il Bambino / i giovani: è il centro del dibattito della società odierna, in piena crisi di identità, carente di futuro. Molte sono le ricette in soccorso del "Malato-giovane", una viene reiterata con regolarità quasi asfissiante: il futuro dipende da voi.
3) A un insegnante fu chiesto: "Come hai fatto a capire che quella è la strada per te?" Perché ti sei giocato l'intera vita". Si può morire restando vivi! Si muore in molti modi; il più diffuso è la solitudine, causata dall'assenza di possibilità. Manca l'interlocutore a cui poter raccontare. Forse alcuni giovani muoiono da vivi, per assenza di interlocutore. Il mondo adulto, che dovrebbe ascoltare, giudica la loro vita assurda, prima ancora di potere esprimersi. Si muore giovani non perché "cari agli dei", ma perché da loro disprezzati, per mancanza di sguardo.
La gioia di vivere non dipende dal successo, ma dal fatto di occupare il proprio posto nel mondo con fedeltà, sulla base dei "talenti" ricevuti, dei propri limiti. A ciascuno il proprio compito. A Delfi, sul tempio di Apollo, è scritto: "Conosci te stesso". L'attuale crisi, più che economica, è "crisi di identità". Ciascuno dentro di sé sa che qualcosa prefigura il ruolo personale; non in modo esplicito, ma con piccoli segni che tutti possono decodificare: un film, un libro, un incontro, un fatto . A ciascuno è affidato il proprio futuro. Essere coscienti di questo genera gioia di vivere,
4) Quando un adolescente cerca di spiegare la sua vita, sente il bisogno di essere ascoltato. Se trova riscontro è felice, perché percepisce di esser amato, capito, accolto. Questo ai giovani non può essere tolto, diversamente si sentono privi di spazio.
I giovani chiedono riconoscimento, sguardo, che non giudichi la loro vita prima di essere vissuta. Chiedono: "Aiutateci ad essere noi stessi". Essi sono bramosi di questo ascolto. Non desiderano che gli adulti interpretino le loro problematiche. Questa fame di futuro è stordita dalla sazietà di benessere, da cui si sentono accerchiati. "Se non ho fame di futuro, il mio presente sparisce". Ha un sogno solo chi si ferma a considerare i mezzi per attuarlo. Se sonnecchio, sarà brusco il risveglio e digerire l'eccesso di "portate", di cui vengo ingozzato. Riferisce Alessandro D'Avenia: "A 16 anni ho trovato chi mi aiutasse a unire i pezzi ancora sconnessi del puzzle della mia vita e a percepirmi come compito da realizzare. A 16 anni ho deciso di diventare insegnante, perché avevo un insegnante che amava non solo ciò che insegnava, ma amava la mia vita con la sua irreprensibilità. A 16 anni ho deciso che volevo dedicare la mia vita ai ragazzi, perché il mio professore di religion
e, Padre Puglisi, si lasciò ammazzare per provare a cambiare le cose. A 16 anni i miei genitori mi hanno messo alla prova, e io, che li mandavo a quel paese, come ogni adolescente, in realtà toccavo la reale consistenza dei miei sogni. Questi mentori mi hanno insegnato che non è il successo il criterio per essere se stessi, ma che essere se stessi è il successo". Una lunga citazione per dimostrare il veleno della società, che lavora per produrre, comprare, consumare, anziché lavorare per costruire un tempo buono per appartenersi e appartenere attraverso relazioni e amicizie vere. Se fosse il successo il criterio nell'agire, si rimarrebbe prigionieri di un destino crudele. Ciò che rende felici è realizzare se stessi indipendentemente dal riconoscimento altrui. Si può avere successo come madre, come insegnante, come panettiere. Basta essere pienamente ciò a cui si è chiamati.
5) La crisi non ha rubato il futuro. Essa deve rendere più famelici, occorre non accontentarsi del benessere. Il futuro è rubato ai giovani dagli adulti, che non si degnano di uno sguardo, che occupano posti di potere e si disinteressano del bene comune, che frappongono una diga per l'ingresso di nuove leve nel lavoro, che non sono disposti a mettersi al servizio della generazione successiva, passando il testimone. Come tanti Crono se ne stanno seduti a digerire i figli che loro stessi hanno messo al mondo. La cena con i figli è più importante di una pratica di lavoro sbrigata alla sera tardi, una moglie stanca, dopo una giornata infernale, è più importante di una partita di calcio, un alunno è più del suo 4 o del suo 8.
6) Dalla famiglia e dalla scuola si può ripartire. Afferma lo scrittore sopracitato: "In famiglia e a scuola ho imparato a occuparmi degli altri e a non pensare di essere al centro del mondo. In famiglia e a scuola ho scoperto la mia vocazione".
Lo aveva scritto in pochi versi Dante, quando il suo maestro, Brunetto Latini, gli disse. "Se tu segui tua stella / non puoi fallire e a glorioso porto / se ben m'accorsi ne la vita bella / e s'io non fossi sì per tempo morto / veggendo il cielo a te così benigno / dato l'avrei a l'opera conforto" (Inferno, Canto 15; vv. 55-60).
Post scriptum: le suggestioni riportate sono dovute all'autore su menzionato. La sintesi sia beneaugurate per le prossime festività.
Don Carlo Venturin nel Santo Natale di Gesù 2011
da :http://www.eremos.it
mercoledì 21 dicembre 2011
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