venerdì 2 dicembre 2011

LA RAGIONE DEI PASTORI



Prendetelo come un test. Scherzoso, ma non troppo. In quanti, leggendo lo “strillo” di questa copertina, avranno pensato tra sé, anche per un istante: «Qualcosa di nuovo? Ma che cosa c’è di nuovo nel Natale? E cosa c’è, invece, di più stabile, ripetitivo, quasi rituale, nella liturgia di avvenimenti che ci attendono nei prossimi giorni?». Prendetelo come un test, appunto.
Niente di più. Però è un indizio. Qualcosa che fa venire a galla, anche per un istante, la tentazione che ci si presenta sempre davanti all’Avvenimento cristiano: è un ricordo, devoto e bellissimo, o un Fatto presente? È accaduto e basta, o accade, ora? «Qualcosa di giustapposto», come dice il Volantone di Natale, qualcosa di cui conosco già i termini essenziali, i fattori, i connotati, o «qualcosa dentro» il mio io e la mia vita, e quindi drammaticamente irriducibile a ciò che so già?
È a quel bivio che cambia tutto. È lì che si può imboccare la strada senza uscita del «già visto» - e lo si può fare di buon passo, addirittura sostenuti da tutto il patrimonio di una storia e di una vita dove “Cristo” e le parole cristiane risuonano così spesso che ormai pensiamo di sapere tutto -, o accettare il dramma di un rapporto vivo, ora. Qualcosa che accade ora. E allora «la coscienza del Mistero presente rende la nostra vita un flusso di novità».

Sono mesi che siamo immersi in una tenace battaglia per spalancare la ragione. Per combattere quello che Benedetto XVI insiste nel definire il “positivismo”, l’idea sterile e soffocante per cui la realtà è solo ciò che si vede e si tocca, null’altro. È una lotta decisiva per la vita, lo abbiamo detto e ripetuto praticamente in tutti gli ultimi editoriali e in molte pagine dei Tracce più recenti. Soprattutto, però, lo viviamo.
Vediamo quando ci manca il fiato a guardare la realtà così e quanto ci torni il respiro a prenderla per quello che è: segno del Mistero.
Ora, in questa battaglia, irrompe di colpo un fatto. È Dio stesso ad accettare la sfida. Per aprire il recinto, per aiutarci a spalancare le finestre - anzi, addirittura a buttar giù le pareti del bunker in cui ci siamo rinchiusi, secondo l’immagine usata dal Papa -, ha deciso di entrarci. Di farsi carne e sangue. Qualcosa che si vede e si tocca ed è così piccolo che a prima vista si può misurare con un’occhiata: un bambino. Ma qualcosa che in quella stessa occhiata porta con sé una possibilità di spalancamento, un’apertura così vertiginosa da spingere chi è più semplice di cuore a inginocchiarsi, come i pastori: un Mistero.

È la sfida suprema alla nostra ragione. Dio in qualche modo diventa “a misura nostra”, prende la forma di qualcosa che possiamo vedere e toccare, per farci riconoscere nel modo più potente possibile che la realtà stessa è più di quello che vediamo. Infinitamente di più. Non possiamo misurarla.
In quel bambino, in quel punto così labile e apparentemente insignificante del mondo e della storia, c’è Tutto. C’è Lui. Ma in quei pastori inginocchiati, spalancati a scorgere la potenza del Mistero in un segno così “piccolo”, ci siamo noi. La nostra ragione, chiamata ad aprirsi a una sproporzione impensabile, ma più reale del reale. E c’è la possibilità che la vita, ogni istante della vita, «oggi, alle undici, all’una, alle sei...», diventi davvero un flusso di novità. Cioè quello che attendiamo. Buon Natale.
Fonte : editoriale http://www.tracce.it/default.asp?id=266&id2=316&id_n=25799

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